COME UN CAMALEONTE, LA CITTÀ-STATO ASIATICA HA LA CAPACITÀ DI MUTARE PELLE, CRESCENDO, PROTEGGENDOSI A SECONDA DELLE BIZZE DEI MERCATI INTERNAZIONALI E DEI FLUSSI MIGRATORI SELVAGGI. CIRCA CINQUE MILIONI DI ABITANTI IN UN TERRITORIO RISTRETTO, LA CUI RICETTA È RINNOVARSI, SEMPRE.
“Se fermi e lasci riposare il cervello anche per un solo giorno si spegne”. Questa una delle molte frasi-simbolo, motto diventato legge scolpita su pietra virtuale, di Lee Kuan Yew, ‘padre della patria’ moderna, ideatore di quella che è Singapore oggi. Uomo dalle idee chiare e forti, Mr. Lee era ancora al potere nel 1988, quando passai a Singapore la prima volta. Di allora ricordo un grande mall in cui la gente veniva solo a respirare, grazie all’aria condizionata, senza comprare alcunché. Condomini indiani brulicanti, qualche mendicante lebbroso, i bulldozer che radevano al suolo alcune casette decrepite per far spazio alla nuova edilizia. Un posto-letto in un dormitorio claustrofobico e la multa di 250 dollari locali se buttavi una cartaccia per terra, in pratica fantascienza nella confinante Malesia da cui ero reduce. Una corpulenta indiana di una certa età mi invitò a fare cose brutte in un vicolo di Little India, io scappai a gambe levate. Rimasi nella costosa Singapore il minimo indispensabile per acquistare uno zoom per la mia Nikon lungo la già allora osannata Orchard Road, l’arteria con le Grandi Firme. All’epoca la città-Stato era nota per il materiale fotografico a prezzi ridicoli rispetto all’ipertassata Italia, e i commercianti locali facevano affari d’oro con la vendita della garanzia internazionale sugli acquisti.
Ventitré anni dopo la città è irriconoscibile. Lebbrosi e nonne indiane sozzone sono scomparse, le guest-house claustrofobiche sono rimaste, e così le multe per gli sporcaccioni (raddoppiate). Le garanzie internazionali non sono più così pregiate e nei mille mall scintillanti la gente ci va a spendere cifre importanti (il solo respirare è diventato un’attività da poveri). I bulldozer sono sempre all’opera, ora più che mai per estendere il territorio nazionale aggiungendo terra al mare, come già collaudato a Macao e in Giappone. L’antico adesso è preservato e valorizzato, lucidato, riproposto nelle cartoline dell’ente del turismo locale. Ente per il quale lavora Eros de Roma, efficientissima guida affibbiatami per quattro giorni dal medesimo ente. Sua missione quella di scarrozzarmi qua e là, così da meglio capire Singapore. Eros, un nome una garanzia, è a Singapore quasi da sempre, ci ha messo su famiglia, vi abita con sommo piacere. “L’unica pecca è che i prezzi delle case sono allucinanti, più che in Italia. Le case ‘popolari’, quelle dello Stato, sono state affittate qualche decennio fa a prezzi ridicoli per 99 anni. Ora valgono miliardi, anche se a guardarle non sono una gran bellezza. Quando i contratti scadranno lo Stato se ne impossesserà di nuovo”. Capisco il pragmatismo e la lungimiranza di Mr. Lee, qui più che altrove lo spazio è oro, ma… “E alla scadenza che cosa succederà, mezza Singapore si ritroverà in strada in rivolta contro il governo?” domando polemico. “Probabilmente concederanno una proroga, non potranno fare altrimenti”.
Tutto è di passaggio
Nulla, a Singapore, può sembrare eterno, a parte il culto degli antenati per la maggioranza di origine cinese. Nemmeno le tombe nei cimiteri, lo sono. “Quindici anni, poi bisogna fare spazio al prossimo inquilino”, mi racconta Eros. E lo stesso vale per le migliaia di manovali indiani, qui giunti con un contratto di due anni e molte garanzie e tutele. Finiti i due anni, accumulato il gruzzoletto sognato per lungo tempo, lasciano il Paese - davvero - e se ne tornano a casa loro a investire quanto guadagnato. Le spese le fanno a Little India, dove tutto costa meno, ma rispetto ai conterranei rimasti in patria a spaccarsi la schiena per poche rupie sono degli eletti. In questo modo Singapore cresce, senza ingolfarsi di immigranti che non se ne andranno mai più. La logica matematica di Mr. Lee è ancor oggi validissima, almeno qui. Logica applicata anche all’architettura. Lo spazio ha valore, dunque nulla viene sprecato, tutto è sfruttato al meglio e riportato in vita. Come esempi d’eccellenza due tra i migliori alberghi della città, l’InterContinental e il Fullerton. La parte inferiore del primo in origine era un loggiato di negozi, perlopiù cinesi e di alimenti, ristrutturati e trasformati in bellissime camere, mantenendo in gran parte la struttura dei negozi. Ogni camera, di conseguenza, può dirsi unica, avendo una pianta diversa da quella di fianco. Lo stesso vale per il Fullerton, ex ufficio postale, di cui conserva in toto l’imponente struttura con grandi colonne. Visto da fuori, potrebbe essere il General Post Office di qualsiasi grande città americana. Visto da dentro è una meraviglia di rinascita architettonica, anch’esso con camere ‘uniche’ e mille comfort di lusso. Sulla sommità, oltre a godere di una vista panoramica spettacolare sulla baia dove incalzano i lavori in corso per erigere nuove opere faraoniche - come il casinò di Marina Bay Sands, in pratica una nave arenata su tre grattacieli inclinati e paralleli -, si può godere del tocco culinario di Diego Martinelli, giovane chef modenese che sa quello che fa. Diego lavora al The Lighthouse, il faro, a mio parere così chiamato non solo per la vista che offre sulla baia, ma anche per la luce che irradia fra la troppa confusione culinaria che circola selvaggia di questi tempi. A Diego spunta la lacrimuccia, quando gli chiedo se nel suo menù a cinque stelle abbia inserito gnocco e tigelle. “Magari! Sono cibi troppo grassi, per la gente di qua…”
Architettura in mutazione, dicevo. Ex scuola, il Museo Peranakan è una chicca da non perdere. Della vecchia scuola di legno ha mantenuto la struttura generale e i pavimenti scricchiolanti, ma all’interno è una vera opera d’arte in termini di scienza museale. Ogni oggetto è conservato e valorizzato grazie alle migliori tecniche di illuminazione, composizione, accompagnamento sonoro, scenografia. I musei VIP del mondo gli fanno un baffo, anche se questo è piccolo e dedicato alla cultura più antica di Singapore e della vicina Malacca, quella degli immigrati cinesi (a volte indiani) sposatisi a donne malesi. Il museo ricostruisce il loro interessante percorso storico, attraverso la cucina, l’abbigliamento, il mobilio, il culto e molto altro. Per visitarlo sarebbe indispensabile una guida come Mr. Lawrence, specializzato in cultura Peranakan, in architettura e nel periodo storico della Seconda guerra mondiale. Ha trovato risposta ad almeno cento perché sulla cultura cinese che da sempre affollavano la mia mente, ma poi mi ha affondato con una domanda delle sue. “Quali sono i valori più importanti per l’uomo?”, mi chiede con tono da Slumdog Millionaire mentre siamo di fronte a tre statuette antropomorfe di ceramica cinese. “Mmmm… Salute, denaro, amore?”, rispondo da bravo italiano allevato a suon di Sanremi, con la sensazione di aver toppato almeno una risposta. “Salute, denaro e potere”, mi corregge indicando la statua al centro, quella con l’aria più autoritaria. Cliché confermato al volo (cinesi pochi sorrisi e molta sostanza, italiani strappacore) dalla triade che mi osserva silenziosa ma con sguardi da valori assoluti.
Altri musei, molto verde, altre follie
Una mano esperta si è occupata anche del bel Museo Nazionale, dove la tecnologia più moderna fa da supporto a una visita meticolosa ed estremamente interessante del passato di Singapore. Dai primi insediamenti coloniali, ai commerci, alle guerre. Tutto è ricostruito in maniera avvincente, con giochi di luci e narrazioni di sottofondo che difficilmente fanno sbadigliare anche il visitatore più nemico dei musei. Estro a go-go, poi, al SAM, il Singapore Art Museum, con collezioni di arte moderna permanenti e temporanee. Chi vuole fare un giro attraverso la follia creativa degli artisti asiatici qui troverà materiale in abbondanza, spaziando un po’ nella produzione di tutto il Sudest Asiatico e dell’Indonesia. Singapore, però, non vive racchiusa nei centri commerciali e nei musei. Un suo punto di forza è quello di essere una città verde. Laddove possibile la natura viene mantenuta e valorizzata al meglio. In primis ai fantastici Giardini Botanici, vasta area verde aperta a tutti. La loro punta di diamante è l’orchidiario nazionale, attraversato da un sentiero circolare lungo il quale Sora Natura sembra aver dato il meglio di sé. Non solo orchidee (la cui regina è la violetta Vanda Miss Joaquim, fiore nazionale intitolato alla dama che la scoprì nel proprio giardino nel 1893), ma anche piante grasse, carnivore e bromeliacee. Verde in abbondanza anche a Fort Canning Park, dove si trova uno spice garden con gran parte delle spezie asiatiche, utilizzate dagli allievi della scuola di cucina che ha sede proprio nelle antiche stanze del forte. Meno verde, ma molta architettura matta, ancora in corso d’opera, nell’isola-divertimento di Sentosa, specie di propaggine della città-Stato dedicata al sollazzo e, per chi può permetterselo, a viverci. Di questi tempi il suo maggior richiamo sono i nuovi studios della Universal, in pratica un clone degli omonimi hollywoodiani, con tanto di globo-logo all’entrata. La gente li visita a frotte, nonostante l’evidente artificialità del luogo, così come l’attiguo casinò. Sentosa è punteggiata da marine, ha un grande campo da golf e diverse spiagge. Sì, spiagge. Nessuno, in Italia, identifica Singapore con la spiaggia, eppure i discepoli di Mr. Lee sono riusciti a ritagliarsi pure diversi bagnasciuga tropicali, con tanto di palme da cartolina qua e là. Sabbie incredibilmente pulite, acqua ok, palme che sembrano tirate su con il righello. Tutto così perfetto da farci sentire in colpa quando camminiamo sulla sabbia. Di sera un altro luogo un po’ surreale è l’affollato Clarke Quay, dove tra ristoranti messicani, ponticelli pseudo-veneziani e bar alla moda si può prendere una barchetta che scivolerà lentamente lungo le calme acque del fiume che dà nome alla città. Si potranno così ammirare dal basso i grattacieli illuminati e i piccoli ristoranti a bordo d’acqua con luci sfavillanti, fino a raggiungere il fotografatissimo leone simbolo della città, fontana che vanta diverse copie sparse dappertutto. Siete arrivati all’Esplanade Park, dove di giorno frotte di turisti asiatici si fotografano a vicenda mentre fanno V di vittoria (di che cosa?) a indici e medi levati, mentre di sera il Fullerton illuminato domina il tutto. Per la vista più-bella-che-c’è, però, non si può mancare un giro completo sul Flyer, la grande ruota panoramica che, a passo quasi d’uomo, vi farà capire ogni cosa, o quasi, di Singapore. Giunti nel punto più alto, a 165 metri, all’altezza di un palazzo di 42 piani, si potrà scorgere la vicina Malesia e intendere perché il metro quadro di Singapore costi così tanto. I turisti eccentrici e danarosi possono addirittura affittare un’intera ‘capsula’ del Flyer per una cenetta per due al lume di candela (250$ di Singapore) o per una festa (Moët & Chandon Champagne Flight, 69$ a persona) nell’alto dei cieli…
Molte etnie, una convivenza pacifica
Molte etnie, una convivenza pacifica
Un po’ come la vicina Malesia, storicamente Singapore ha dovuto adattarsi a essere cosmopolita, evitando l’errore di chiudersi a riccio nei bastioni delle etnie che l’hanno costruita. Seppure con religioni diversissime, cinesi, malesi e indiani convivono gomito a gomito senza grossi problemi. Ad essi, negli ultimi anni, si sono uniti i molti expat occidentali, che a Singapore hanno trovato un buon mix di possibilità di lavoro e di qualità della vita per mettere su famiglia. Spesso, nei quartieri residenziali si vedono vere bionde signore fare jogging o spingere carrozzine, segnale di una popolazione, anch’essa, in movimento. Chinatown è divenuta, come in molti altri luoghi del Sudest Asiatico, una specie di quartiere interamente dedicato allo shopping su bancarella, con casette tirate a lucido per la delizia dei turisti. Il suo Heritage Center, però, ricorda i tempi meno felici che furono, in una galleria di volti del passato e di ricostruzioni di ambienti ormai andati scomparsi. Forse più autentica e interessante è la zona araba di Kampong Glam, nota ai più come ‘Arab Street’. Qui i musulmani di origine malese frequentano la bella Moschea del Sultano, fin dal 1824. Tutto attorno negozietti, caffè e ristorantini con delizie arabe, tra cui ottimi piatti libanesi. Le donne velate, una minoranza a Singapore, portano con sé i propri bambini mentre fanno acquisti o si accomodano nel settore femminile della moschea per ascoltare la lettura del corano. Non lontano, Little India pulsa come ogni simile che si rispetti in qualsiasi angolo del globo, affollata perlopiù da indiani di origine Tamil. Qualche guest-house per backpacker, molte spezie, magari un pasto veloce ed economico al mercato Tekka, di fianco a Buffalo Road (!). In strada i fruttivendoli sembrano non chiudere mai, e anche di notte c’è chi viene fare la spesa di ortaggi. I manovali impiegati nelle costruzioni di grattacieli, posato l’elmetto giallo di plastica, possono finalmente venirsi a bere un bicchiere fumante di chai e a parlare la loro lingua. Il sogno di Mr. Lee sembra avverato.
UFFICIO STAMPA DELL’ENTE NAZIONALE DEL TURISMO A SINGAPORE
Interview Pr & Press Relations
Piazza del Carmine, 4 20121 Milano
Tel 02 875987, Fax 02 876783
IN RETE
http://it.wikipedia.org/wiki/Singapore
sito istituzionale di Wikipedia, in italiano, con parecchie informazioni generali (geografiche, storiche) sulla città-Stato
sito dedicato a chi viaggia, in inglese, ricco di informazioni utili e indirizzi
sito completissimo, in inglese, dell’ente del turismo locale; ha anche una pagina dedicata alle possibilità di lavoro
http://app.www.sg/
sito in inglese, con numerose informazioni, in particolare sugli eventi
altro sito analogo, simile al precedente, di tutto un po’
http://www.rwsentosa.com/Attractions/UniversalStudiosSingapore
sito dei nuovi Universal Studios di Sentosa, per chi vorrebbe essere a Las Vegas
DOVE DORMIRE
InterContinental Singapore
80 Middle Road (Bugis Junction)
Tel: 65 68251000, Fax: 65 63387366
Grande albergo di superlusso, con bellissime camere nella pianta bassa - le cosiddette shophouse rooms, ex negozi cinesi ristrutturati - o nella torre centrale di sedici piani. Eleganti decorazioni Peranakan un po’ dappertutto e tre eccellenti ristoranti: l’Olive tree (cucina mediterranea e, a colazione, fantastico buffet), il KŌ (cucina giapponese) e il Man Fu Yuan (cucina cantonese). Situato in zona centralissima, a due passi dalla stazione Bugis della metropolitana, offre l’accesso wifi nel bel lounge centrale e nel New Club Lounge, ampia e confortevole zona di relax. Con oltre 400 stanze a partire da 288 SGD (circa 150 euro) per una camera deluxe (1.620 SGD per la king premier ambassador suite), l’hotel si affaccia sul complesso commerciale Bugis Junction, con diversi negozi e ristoranti. Servizio impeccabile, pulizia svizzera. L’albergo offre un tour di mezza giornata chiamato Insider Culture Package, durante il quale vengono illustrate le caratteristiche più interessanti della cultura Peranakan.
DOVE MANGIARE
Blue Ginger
theblueginger.com
97 Tanjong Pagar Road
Tel. 65 62223928
Cucina Peranakan tra le migliori, in un locale accogliente e non pretenzioso. Ottimo pollo Ayam Buah Keluak, con tamarindo, galangal (il cosiddetto ‘zenzero blu’, originario di Giava), lemongrass e noci nere indonesiane.
Peony-Jade Restaurant
peonyjade.com
3A River Valley Road, Clarke Quay
Tel. 65 63380305
Eccellente ristorante cinese nella selva di locali di Clarke Quay, aperto tutti i giorni. Delizioso pollo al limone, così come le melanzane fritte. Circa 25 euro a persona.
Wild Rocket
Wildrocket.com.sg
Hangout Hotel
10A Upper Wilkie Road
Tel. 65 63399448
Cucina raffinata, tra la Peranakan, la cosiddetta ‘fusion’ e, in parole più semplici, la ricerca personale dello chef Willin Low, ex avvocato dedicatosi con successo ai fornelli. Locale minimalista nel quartiere residenziale di Mount Emily. Sapori forti e strani, per un’avventura culinaria fuori dal ‘già assaggiato’. Chi non è avventuroso può provare gli hamburger, eccezionali.
Barracks
98 Dempsey Road
Tel. 65 64757787
Locale accogliente con strani piatti (pizza croccante e così fina da essere trasparente, con il pesto…) e ottimi hamburger. Non mancate le patatine fritte aromatizzate al tartufo. I fili elettrici che pendono dal soffitto sono voluti (è arte), così come le indicazioni per i bagni (da scoprire). Le ‘baracche’ in questione erano vere baracche militari, riadattate a ristoranti eleganti sulla collina di Dempsey Road.
StraìtsKitchen
Hotel Hyatt
10 Scotts Road
Tel. 65 67321234
Infinito buffet che spazia in tutte le cucine regionali, da quella cinese a quella indiana, malese, indonesiana. Ogni settore ha il proprio chef che vi scodella ciò che volete. Ottimi piatti indiani, quantità industriali di frutta, e c’è pure il gelato. Alla base del grande hotel, prezzo fisso (circa 30 euro) per un’abbuffata pantagruelica.
Glassy Junction
72A Dunlop Street
Tel. 65 84393376
Buona cucina indiana a prezzi economici, in un locale aperto da poco nel cuore di Little India. Pulito, è aperto tutti i giorni a pranzo e a cena.
Pizzeria da Mario
60 Robertson Quay
Tel. 65 62357623
Buona cucina italiana vera, in particolare piatti abruzzesi. Parmigiana di melanzane indimenticabile.
SHOPPING
Portafogli pieno e spazio in valigia, ingredienti indispensabili per un soggiorno a Singapore: è impossibile tornare a casa senza avere acquistato qualcosa. La lista è lunga, dove cominciare? A Chinatown, tra la miriade di negozi e negozietti alcuni meritano una sosta. East Inspirations (shop 33/33A, Pagoda Street, tel. 65 62242993, aperto tutti i giorni dalle 10,30 alle 18,30), un nome un programma: una specie di museo con bellissimi oggetti d’arredamento in legno. Se non si può portare in valigia un armadio laccato si può provare almeno con uno dei secchielli di legno multiuso (giardino, materiali da cucito, portariviste), con prezzi dai 75 ai 100 euro circa. Al numero 74 della stessa strada, verso la stazione della metropolitana, si trova Primosky Trading (tel. 63231183), nome poco cinese per un negozio specializzato in bei piatti e vasi di bambù laccato dai colori vivi. Un piatto di grandezza ‘regolare’ costa circa 70 euro, uno extra-large attorno ai 125 euro. Non che sulle tavole italiane abbondino le bacchette cinesi per mangiare, ma ne troverete di estremamente raffinate presso lo Hwa Yi Investments (tre punti vendita: 42 Pagoda Street, 36 Temple Street e 25 Trengganu Street, tutti a Chinatown, tel. 62270662), con prezzi variabilissimi. Si parte dai 18$ di Singapore (circa 10 euro) per quelle più semplici e si arriva ai circa 290 euro per il kit da imperatore: bacchette in mogano, bambù e giada. Negozio-bancarella, Stone Carving (stonesg.com, 20 Trengganu Street, tel. 65366589), propone di tutto un po’ nel campo dei souvenir, ma il suo pezzo forte sono le fotografie ‘intagliate’ su pietra. Tecnica usata sulle lapidi funerarie dell’Asia Centrale (Uzbekistan, Armenia), qui sono realizzate per scopi più allegri, di dimensioni ‘tascabili’ e a prezzi modici, esposti sul tavolo all’ingresso. Basta fornire loro una foto, verrete trasformati in icona eterna su pietra. Prima di lasciare Chinatown non mancate Chop Tai Chong Kok (34 Sago Street/Lane, tel. 62275701, aperto tutti i giorni dalle 9,30 alle 18), pasticceria in stile cantonese specializzata dal 1938 in biscotti e torte a base di riso, dolci popolari in occasione del capodanno cinese.
La zona di Arab Street può essere una seconda scelta per fare acquisti, anche se con meno possibilità di Chinatown. Le signore si perderanno nei due punti vendita di Utopia (utopiaapparels.com, 50 Bussorah Street, tel. 62976681, e 32 Bussorah Street, tel. 62942180, aperti tutti i giorni dalle 10 alle 18) con una buona scelta di abbigliamento femminile, tra il batik e l’arabeggiante, a prezzi contenuti (abiti estivi a 35 euro). Tutto - abiti, bigiotteria, accessori - è disegnato a Singapore ma fabbricato all’estero, dove la manodopera costa meno. Gli adulti bambini, invece, si perderanno nel negozio-museo Patrick Neo (42 Bussorah Street, aperto tutti i giorni dalle 11 alle 21). Il luogo sembra uscito da una fiaba o, quanto meno, dal migliore sogno di un bambino (di almeno cinquant’anni fa). Giocattoli d’antan di ogni tipo, un intero campionario dei vecchi sogni di tutti noi, prima che sulla Terra sbarcassero i computer: automobiline di latta, vecchi juke-box (circa 1250 euro), robot, bambole d’altri tempi, cavalli a dondolo di legno ecc. Al piano superiore un vero e proprio museo (gli oggetti in vendita sono solo al pianterreno), dove il proprietario ha ricostruito la propria galleria dei sogni infantili, con tanto di poltrona da barbiere e fotografie dei tempi che furono.
Il negozio forse più rappresentativo di Singapore, però, è Kim Chou (109/111 East Coast Road, tel. 67412125, aperto tutti i giorni dalle 8 alle 20, eccetto durante i tre giorni del capodanno cinese), negozio-galleria interamente dedicato alla cultura - cibo, abbigliamento, arredamento - Peranakan. Vengono fatte dimostrazioni su come preparare un dumpling (tortellone cinese) Nonya (termine che indica la figura femminile dei Peranakan, e con essa tutti i prodotti ‘casalinghi’ tradizionali della loro cultura), a base di carne speziata e riso, avvolti in foglie di pandan, un’erba dolce e profumata locale. I ‘tortelloni’ possono essere acquistati al banco al pianterreno, mentre al piano superiore sono in vendita begli abiti e ciabattine Nonya, queste ultime con un raffinato lavoro di perline cucite a ricamo. E poi, sarong, libri in inglese sulla cultura Peranakan, pout pourri intrisi di aromi locali, biscotti.
Chi ha poca fantasia verrà accalappiato dalle vetrine scintillanti di Orchard Road, dove si ritrovano in triplice copia tutti gli stilisti nostrani, ovviamente a prezzi da capogiro. Più tradizionale di Singapore, semmai, è l’acquisto di materiale elettronico, in particolare fotografico (per i computer ricordate che le tastiere non saranno quelle italiane). Prezzi adeguati e fissi, dunque in generale esenti da fregature, sono quelli applicati nei tanti negozi del Fulton Center, grande magazzino dedicato all’elettronica (ufficialmente Funan DigitaLife Mall, 109 North Bridge Road) dove è facile perdere la bussola, tante e tali sono le tentazioni. Per tutte le migliori marche di materiale fotografico un negozio serio è Mini Challenger (challenger.sg, tel. 63346101, aperto tutti i giorni dalle 11 alle 20,30), parte di una catena con una quindicina di punti vendita sparsi per la città. I commessi parlano un inglese discreto e offrono sei mesi di garanzia internazionale sugli acquisti (un anno di garanzia locale). Per chiudere in bellezza, dopo tanto shopping ‘materiale’, ci si può dedicare a un piccolo acquisto per l’anima. Il Fortune Centre (ntlglobal.com, 190 Middle Road 01-36, tel. 63335013, aperto tutti i giorni dalle 10 alle 19), molto probabilmente ispirato dai vicinissimi e trafficati templi cinese e indù, oltre a vendere statuette e oggetti vari di giada (portafortuna per i cinesi), collane e soprammobili, offre un servizio di ‘lettura dell’aura’ (10$ di Singapore). Costa poco, non fa male e in valigia ci sta senza problemi.
Eros Ceino, tel. (65) 94871867, eros@lotusasiatours.com
Lawrence Hoe Seng Teck (in inglese), (65) 97589387, lawrence.hoe@gmail.com
IL VIAGGIO
IL VOLO
Singapore Airlines (www.singaporeair.com), l’ottima compagnia di bandiera, vola a Singapore da Milano Malpensa e Roma Fiumicino.
COME MUOVERSI
Per muoversi da un punto all’altro in città i taxi sono numerosi, efficienti, puliti e poco costosi (usano il tassametro). In alternativa si può usare l’ottima metropolitana (Mass Rapid Transit, o MRT), con 4 linee e parecchi punti di accesso un po’ dappertutto, incluso l’aeroporto Changi. Il biglietto (scheda) è calcolato a tragitto percorso e si ottiene dai distributori automatici, indicando la fascia di percorrenza (prima di lasciare la città la stessa macchinetta vi restituirà il deposito pagato per la scheda). Un taxi dal centro per l’aeroporto costa, in media, 20$ di Singapore (circa 10 euro).
Fuso orario
Sette ore in più rispetto all’Italia, sei quando da noi è in vigore l’ora legale.
Documenti
Passaporto con almeno sei mesi di validità. Per soggiorni inferiori ai 30 giorni non è necessario il visto.
Periodo migliore
Tra maggio e settembre, quando le piogge sono meno frequenti.
Lingua
Le lingue ufficiali sono quattro: il cinese, il tamil, il malese e l’inglese. Quasi tutti parlano soprattutto l’ultima.
Moneta
La moneta ufficiale è il dollaro di Singapore (SGD): un euro ne vale 1,8 circa.
Prefissi
Il prefisso internazionale per Singapore è 0065. Per chiamare l’Italia: 0039.Pubblicato su Panorama Travel
ALTRE FOTO SU:
http://www.argusphoto.com/argusfeature/feature.asp?supplier=travelfeature&tab=travelfeature&country=Singapore
http://www.agefotostock.com/age/ingles/isphga01.asp?querystr=singapore&ph=scozzari&Page=1
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