mercoledì 4 aprile 2012

GIAPPONE - YAEYAMA, LE ISOLE AI CONFINI DEL MONDO


A 2140 km da Fukushima.
Il Giappone più sicuro che c’è.


Okinawa, l’arcipelago più meridionale del Giappone, a distanza di sicurezza da Fukushima, noto ai più per l’apocalittica battaglia del 1945 (ottantadue giorni in cui morirono oltre 200.000 persone) e ai meno quale terra natale del karate, è un angolo felice del mondo, a breve distanza da Taiwan. Angolo nell’angolo, il sotto-arcipelago di Yaeyama, a meno di un’ora di volo da Naha, la bella capitale di Okinawa, nell’isola maggiore. Amate soprattutto da chi fa immersioni, da maggio a novembre, queste isole offrono anche un ambiente ideale per conoscere la provincia giapponese. Perfette per qualche giorno di vacanze, se non per qualche anno…

















Ishigaki
Qui si arriva in aereo, da qui inizia l’avventura. L’aeroporto è a due passi dal centro della città, una Naha in miniatura, dove fare base. Si può visitare il mercato pubblico, nella galleria coperta Yu-gurena, a pochi passi dal porto. Sale di ogni tipo, come non ne avete mai visto prima - aromatizzato, da bagno, terapeutico, importato dalle isole vicine - nel piccolo negozio Suya (ma-suya.net, dalle 9 alle 17), poco fuori dalla galleria. In città si può noleggiare un’auto e imboccare le belle strade che attraversano l’isola. Spingendosi verso ovest, fate una prima sosta alla Tomba Cinese (6 km), a memoria di 128 cinesi morti sull’isola, vicino al villaggio di Fusaki. E all’ingresso del monumento non mancate una dolce visita alla fabbrica di zucchero di canna Bussan Center (tutti i giorni dalle 8 alle 18), dove assistere al passaggio dalla canna al prodotto finito: biscotti (gli eccellenti chinsuko, una specialità di Okinawa fatti con il lardo), zucchero in blocchi e a zollette, torte, estratto liquido da consumare con lo yogurt. Proseguendo lungo la costa verso nord, si passa il rifugio naturale di Nagura anparu, dove sfocia il fiume Nagura. Nell’abitato omonimo c’è l’Ishigaki-yaki Pottery Studio (ishigaki-yaki.com, 1356-71 Nagura, aperto dalle 9 alle 16), con bei piatti e tazze di terracotta colorata con vetro fuso. Vi si possono seguire lezioni per forgiare oggetti con le proprie mani. Proseguendo lungo la costiera, a nord-ovest si raggiunge il faro di Uganzaki, da cui si gode un bel panorama, quindi a nord-est si arriva a Kabira Bay, la spiaggia-cartolina dell’isola, dove non si può fare il bagno - nonostante l’invitante acqua turchese - ma ammirare i ricchi fondali da una barchetta con la chiglia di vetro. Ancora a est, nella parte settentrionale dell’isola, potrete vedere le palme gigantesche del bosco di Yonehara. Lì vicino, nell’abitato di Fukai, non mancate il laboratorio artigianale Yoneko-yaki Pottery (447 Fukai, tutti i giorni dalle 9 alle 17,45). All’ingresso sculture folli, e all’interno artigiani impegnati a forgiare colorati e buffi Shisa. Lo Shisa è un cane-leone guardiano, presente in coppia (uno con la bocca aperta, l’altro chiusa) all’ingresso di ogni casa di Okinawa che si rispetti. Servono a proteggere dagli spiriti malvagi, secondo un’antica leggenda cinese. Il laboratorio è famoso e produce statuette di ogni dimensione, vendute nell’intero arcipelago (il fabbisogno di Shisa a Okinawa è tale che ne vengono prodotti anche in Vietnam e qui importati). Tra le particolarità del laboratorio, le tazze da tè anti-ingordi, con uno Shisa forato all’interno: chi vi versa troppo tè provoca la fuoriuscita del liquido alla base della tazza (bere il tè, in Giappone, è anche scuola di modestia). Si può quindi terminare la ‘circumnavigazione’ dell’isola in auto, continuando lungo la strada che arriva al punto panoramico di Tamatorizaki, sulla costa orientale, e poi rientrare in città.

















Taketomi
Tra Ishigaki - a dieci minuti di barca - e Iriomote c’è una piccola perla. Vi abitano appena 320 persone, dedite ogni mattina a spazzare le stradine fatte di corallo sbriciolato, una corvé obbligatoria di mezz’ora che rende ancor più incantevole il luogo. Non che ci sia granché da spazzare, il traffico a motore è ridicolo e le immondizie più comuni sono le foglie delle palme, ma il Giappone è il Paese delle regole, anche qui. Solo i residenti possono comprarvi un terreno, e ciò aiuta a mantenere l’integrità di Taketomi. Per viverci, dunque, non si può fare altro che trovare moglie/marito in loco, cosa non facilissima, visto il carattere riservato degli isolani. Passeggiare lungo le viuzze dell’abitato, fra case in stile tradizionale, Shisa buffi o feroci, qualche caffè e negozietto di artigianato, è un vero piacere. E se non bastano i piedi - l’isola è piccolina, i camminatori allenati la gireranno in lungo e in largo in una sola giornata - si possono noleggiare biciclette. Una popolare canzone ha immortalato Taketomi come ‘vassoio’, tanto è piatta. La barriera corallina la circonda e solo una spiaggia è aperta ai bagnanti. I visitatori - al 99% giapponesi, in buona parte durante un tour mordi-e-fuggi attraverso tre o quattro isole in una sola giornata - non rinunciano a un giro sul carro trainato dai corpulenti bufali d’acqua. I grandi animali, docili come agnellini, portano una coroncina di fiori su un corno. Anche se di plastica, è un tocco di grazia in più, nella già bellissima Taketomi.

















Iriomote
La verde isola, la maggiore delle Yaeyama, a 45 minuti di barca da Ishigaki, è nota per il gatto selvatico Prionailurus bengalensis iriomotensis, specie a rischio di estinzione. È pressoché impossibile avvistarlo - esce a caccia solo di notte -, ma è il simbolo dell’isola. Tanto che le strade sono disseminate di cartelli per avvertire gli automobilisti di non investirli e di tunnel sotterranei per permettergli l’attraversamento senza essere piallato dai copertoni. Se mentre girate lungo le buone strade asfaltate dell’isola vedete dei lavori in corso non vi preoccupate: non si tratta di una frana in contenimento, ma dell’ennesimo tunnel per il gatto invisibile. Dal porticciolo di Ohara, dove di solito si approda, l’escursione classica è alla piccola isola di Yubu-jima, partendo dalla vicina Mihara, lungo la costa orientale. Anche qui si attraversa l’oceano (in realtà basterebbe camminare, tali sono la distanza e la profondità dell’acqua), questo lo slogan turistico locale, su carretti trainati dai bufali d’acqua. I conduttori di solito sono grandi chiacchieroni (in giapponese stretto), e i più melodici vi suoneranno qualche nota con lo Sanshin, il banjo di Okinawa a tre corde. Sull’isolotto, a un metro e mezzo sul livello del mare, una mini-Disneyland naturalistica punteggiata da buffe statue kitsch che raffigurano gli animali della regione. Il luogo più interessante è il giardino per le farfalle, con gli spettacolari bozzoli dorati della farfalla locale ‘Ninfa degli alberi’ (o ‘Carta di riso’).







Tornati a Mihara, si può proseguire lungo la parte settentrionale dell’isola, percorrendo la strada 215. In prossimità di Takana, si possono sciogliere i muscoli nell’onsen (bagni termali, 1500 yen) del Painu Maya Resort. Passato il porticciolo di Uehara, si arriva alla spiaggia di Hoshizunaohama, internazionalmente nota come ‘Star Sand Beach’, nota per i resti di microorganismi corallini a forma di stella, venduti in bottigliette ricordo all’ingresso della piccola spiaggia. Difficile trovarne, in realtà, con i propri polpastrelli e i propri occhi sull’arenile. Il contenuto delle bottigliette è il frutto della meticolosa ricerca dei pescatori locali, che così arrotondano lo stipendio. Proseguendo lungo la 215, passata la bella spiaggia di Tudumari, si arriva alla foce del fiume Urauchi, costeggiato da mangrovie. Vi si può prendere una barchetta e risalire il quieto corso d’acqua. Gli amanti del trekking possono raggiungere una bella cascata, dopo essere stati sbarcati su un piccolo pontile, il barcaiolo vi verrà a riprendere dopo un paio d’ore.
















Giunti al capolinea della 215, vi attende la tranquillità estrema, nel villaggio di Funauki. Vi si arriva in una decina di minuti di barca, dal porticciolo in cui termina la strada. Il villaggio ha una bella spiaggia (basta seguire il sentiero tra la foresta, facendo attenzione alle scolopendre velenose), una trentina di abitanti in parte dediti alla pesca dei molluschi e alcuni bui tunnel usati dalla marina militare giapponese durante la guerra. Anche qui si possono vedere i bei fondali da una barchetta con la chiglia di vetro, a volte pilotata dal giovane Suguru Ikeda, cantante armato diSanshin e star locale, oppure raggiungere una spettacolare cascata. E poi, altre ancora, le isole minori dell’arcipelago: KohamaYonaguniKuroHateruma. Ognuna con un perché. A voi la dolce sorpresa di scoprire quale…


Parzialmente pubblicato su Viaggiando



ALLOGGI
A due minuti dal porto di Ishigaki, l’Hotel Cucule (cucule.jp) ha camere confortevoli a partire da 6300 yen, internet via cavo, colazione giapponese nel ristorantino al pianterreno o caffè fai-da-te nella hall. Nel nord-ovest di Iriomote l’eccellente resort Nirakanai (nanseirauken.com) ha camere molto accoglienti, con letto a baldacchino, e un ristorante a buffet di primissima scelta. Una bella piscina e decorazioni balinesi, internet nella hall. La formula che include cena e colazione si aggira sui 250 euro. Più economico e alla buona, sempre a Iriomote, è Funaki Kankou (painushima.jp/˜funaukikankou.jp), nel villaggio di Funauki. Camere con tatami e futon, cena ottima e abbondantissima (carne squisita, a volte di cinghiale) a partire da circa 75 euro, incluse cena e colazione. A Taketomi l’alloggio più confortevole è Villa Taketomi (taketomi-v.com). Belle camere a bungalow con tatami e futon, aria condizionata e vasca da bagno a circa 100-120 euro, cena e colazione incluse (niente internet). Il cuoco parla inglese e si merita almeno un paio di stelle Michelin. Chi può spendere poco, a Taketomi può scovare un letto (tipo ostello) a 2000 yen presso il bar Take-to-me, vicino a una delle due basi di partenza dei carri trainati dai bufali. Non per igienisti, ma accogliente ed economico.



RISTORANTI
Ishigaki, vicino all’aeroporto, Puff Puff (puff2.com, dalle 9 alle 23) ha un ottimo buffet a pranzo, in un locale con una bella vista sul mare. Piatti di pesce, pasta e pizza a prezzi contenuti. A Iriomote, vicino alla spiaggia di Tudumari, un locale semplice, con buoni piatti di fritto e spaghetti ai frutti di mare a prezzi adeguati, è Kitchen Inaba (742-6 Uehara). A Taketomi, vicino a Kondoi Beach, Garden Asahi, è aperto tutti i giorni a pranzo e cena. Ha piatti di mare e di carne, e sulle pareti le foto autografate di campioni di baseball e di sumo.



VIAGGIO
L'Italia (Fiumicino, Malpensa) è collegata al Giappone (Tokyo) con l'ottima Cathay Pacific (http://www.cathaypacific.com/cpa/it) a circa 700 euro. Alla dogana giapponese viene rilasciato un permesso turistico della validità massima di 90 giorniDa  Tokyo si può raggiungere Naha  con le linee aeree low-cost  Skymark (skymark.jp/en, da Narita o da Haneda), Air Asia (http://www.airasia.com/jp/en/home.page, solo da Narita) o Jetstar (jetstar.com/au/en/home, solo da Narita). Il volo da Narita dura circa 2 ore e mezza e costa, se prenotato almeno un mese prima (prenotazione on-line con carta di credito, da presentare al check-in, dove effettuare il pagamento), fra i 100 e i 150 euro, a seconda del periodo. Dall’aeroporto di Naha, a circa 6 km dal centro, si può prendere l’efficiente monorail (metropolitana sopraelevata), oppure un taxi (circa 1200 yen per il centro).  Da Naha le isole Yaeyama possono essere raggiunte in aereo. Ai turisti stranieri la compagnia JTA offre l’Okinawa Island Pass (jal.co.jp/jta/islandpass/). Acquistabile solo prima di arrivare in Giappone, è un carnet di almeno 2 voli (massimo 5) su due rotte (da Naha a Ishigaki, Miyako e Kumejima; da Ishigaki a Miyako e Yonaguni) a 9000 yen a volo.
Informazioni turistiche

REPUBBLICA CECA - IL SECESE


Art nouveau in Francia, liberty in Inghilterra (e Italia), modernismo in Catalogna (Gaudí) secession, Sezessionstil o secese nella regione mitteleuropea - Jugendstil (Klimt), in particolare, in quella tedesca e austriaca. I fantastici cristalli e gioielli di Louis Comfort Tiffany a New York. Con sfumature variabili da luogo a luogo, sviluppando temi e gusti locali, ma sempre della stessa, grande famiglia si è trattato. Di breve durata, tra la fine dell’Ottocento e quella della prima guerra mondiale (solo fino al 1907, per qualche puntiglioso catalogatore dei tempi), il secese trovò a Praga uno dei suoi luoghi più fertili e prolifici. L’imponente esposizione del Giubileo del 1891 a Praga, allora al centro economico dell’Impero austroungarico, è considerato il momento in cui nacque il secese praghese. Con circa trecento edifici attribuibili a questo stile, Praga sembra essere la ‘città più secese al mondo’. Specie di barocco-rococò reinventato, naturalistico, esotico. Di ‘secessione’ appunto, di rottura con il dogmatismo accademico precedente. Il dettaglio e la decorazione diventano fondamentali, tanto da apparire fine a se stessi. Le linee si contorcono, Sora Natura s’impossessa del righello e della squadra, deformandole.









Architetti, scultori e pittori abbracciano la curva ripiena di linfa vitale, stanchi e annoiati dalle troppe righe dritte e dalle troppe regole, dritte pure loro, del passato. Nuovi materiali li aiutano: la tecnologia fa progressi, vetro e acciaio fanno furore nel primo Novecento, ed ecco che vengono usati senza parsimonia per realizzare vetrate incredibili. Dovendo scegliere un solo esponente praghese di questa corrente, chi, se non Alfons Mucha. Successi e lavori su commissione lo premiano meritatamente fino all’ultimo, quando nel 1939 si spegnerà. I nazisti hanno preso la città, non sono più i tempi per le sue donne floreali. Ma la sua vetrata dei Santi Metodio e Cirillo, nella cattedrale di San Vito, così come molto altro, rimane. ‘Malattia decorativa’, fu definita l’avventura secese da alcuni critici che male digerirono la sua sovrabbondanza di fiori, colori e curve che, in maniera stucchevole (sempre secondo i detrattori), avrebbero dato un senso di vertigine e nausea, una specie di indigestione. Indigestione voluta e dichiarata, per liberarsi a fine Ottocento dai dogmi granitici dei vari -ismi precedenti e contemporanei: neoclassicismo, storicismo, eclettismo, accademismo. ‘Decorare la vita’ fu il sogno dei ‘secessionisti’.


ALTRE FOTO SU:
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