martedì 3 aprile 2012

BRASILE - LA VALLE DELL'ALBA


Lo spiritismo, grazie alla diffusione delle teorie elaborate dal francese Allan Kardec nella seconda metà dell’Ottocento, ha attecchito e proliferato soprattutto in Brasile. Gli spiritisti brasiliani, fermamente convinti della possibilità di un contatto fra le anime dei morti e i vivi, così come della reincarnazione, sono numerosissimi e alcuni godono di una certa fama. Il caso più eclatante, qualche tempo fa, è stato quello di Rubens Faría, spiritista carioca che ‘opera’ quotidianamente, con sessioni singole o di massa di ‘chirurgia medianica’. Diversi vip brasiliani sono passati per le sue mani, si dice, con successo. Faría nel 1999 fu accusato dalla polizia per una sfilza di reati: omicidio, evasione fiscale, riciclaggio di denaro sporco e ciarlataneria.
Il Vale do Amanhecer (Valle dell’Alba) è la maggiore comunità spiritica del Brasile, situata alla periferia di Planaltina, città satellite a circa 45 km da Brasilia. In questa pianura del Distrito Federal, Neiva Chaves Zelay, ex camionista, nel 1969 fondò una piccola comunità che battezzò col nome di ‘Valle dell’Alba’. Così Tia (‘zia’) Neiva - questo fu il soprannome col quale la fondatrice volle essere chiamata -, dotata di poteri di chiaroveggenza, trasformò un suo vecchio e ambizioso sogno in realtà: riunire in un unico luogo tutte le religioni in vista della nascita di una nuova civiltà, coincidente con la venuta del nuovo millennio. La comunità, di recente, ha preso il nome di Olorúm, il dio creatore supremo del candomblé.



Il Brasile, fin dall’arrivo degli schiavi africani, è stato uno dei paesi in cui la commistione di credo religiosi si è resa più evidente. Tia Neiva, però, andò ben oltre il sincretismo afrobrasiliano. Nel Vale, infatti, l’ex camionista volle unire il cattolicesimo al buddhismo, l’induismo ai riti aztechi, la religione degli indiani nordamericani all’ebraismo, i culti africani al musulmanesimo, quelli degli egizi al pantheon di divinità degli antichi greci, le credenze degli incas a quelle dei troiani e dei gitani. Il cemento che teneva salde tutte queste dottrine, secondo la fondatrice e i suoi seguaci, era il contatto con gli spiriti dei morti e, addirittura, con gli extraterrestri.
Tia Neiva, originaria dello stato nordestino del Sergipe, morì nel 1985. Prima di fondare il Vale, e con esso l’Ordine Spiritualista Cristiano, la chiaroveggente aveva già istituito un’altra comunità - quella della Setta Bianca, nei pressi di Alexania, nello stato del Goiás -, ma fu la Valle dell’Alba a darle fama e ad attirare persone da tutto il Brasile e dall’estero: nella comunità, per esempio, vive anche un anziano napoletano, arrivato molti anni fa.


Certo che per chi viene da fuori, soprattutto se straniero e poco ferrato in questioni di spiritismo, l’impatto con il Vale è piuttosto difficoltoso. È troppo facile bollare il tutto come una congregazione di pazzi fanatici, che vivono su un altro pianeta e trascorrono l’esistenza in un perenne carnevale mistico. Una permanenza minimamente prolungata nella comunità a contatto con la gentilezza e la simpatia dei suoi membri, però, può far presto riconsiderare l’intera situazione come ‘possibile’, anche per i visitatori più scettici e agnostici. Nella Valle dell’Alba, ad esempio, si usa un linguaggio del tutto particolare, che fa riferimento a entità a metà strada fra il misticismo e il sovrannaturale, non comprensibili ai più. Gli abiti dei seguaci, molto colorati, riportano fedelmente le tante posizioni gerarchiche della comunità, una per ogni ruolo specifico (il medium, la guida, il maestro, ecc.): un intreccio di ruoli decifrabile solo da chi vi partecipa. I riti, poi, almeno a prima vista, possono apparire del tutto assurdi, ricchi come sono di punti di riferimento - divinità, termini linguistici, gesti - assolutamente lontani dalla quotidianità che convive a pochi chilometri di distanza. Ciò che si scorge immediatamente, però, anche da parte di chi è del tutto digiuno da questioni di occultismo, è la forte volontà di seguire un percorso comune, un chiaro desiderio di vivere in un modo diverso, sentito con autentica passione da parte dei membri della comunità. D’altronde, ciò viene detto chiaramente anche in un libretto venduto nella libreria della comunità, che così recita:
«L’idea più semplice e più vicina alla realtà che si può avere della Valle dell’Alba è che si tratti di un gruppo di uomini, di persone comuni che cercano un sollievo per le proprie sofferenze, e decidono di lavorare per se stessi e per il prossimo, accettando gli insegnamenti da Gesù ed elaborando la dottrina dell’Alba...»



In effetti, la maggior parte dei fedeli è giunto nella comunità in seguito a traumi o disavventure personali, e quasi tutti hanno un livello culturale piuttosto semplice, con qualche eccezione rappresentata da plurilaureati alla ricerca di nuove verità.
Il Vale, nonostante l’apparente isolamento dal resto del mondo - in termini culturali, ma anche di abbigliamento e linguaggio -, è aperto a tutti i tipi di visitatori (semplici curiosi, aspiranti fedeli, studiosi di materie religiose, turisti, giornalisti), coadiuvati da una guida locale che li aiuta a capire qualcosa dell’intricata dottrina di Tia Neiva e a conoscere la comunità. Fra i termini fondamentali usati nel Vale, ad esempio, spiccano il concetto di incarnazione: un medium, anello di congiunzione tra morti e vivi, si dice ‘incarnato’ quando lo spirito di un defunto si è impossessato di lui al termine di una cerimonia apposita. Viceversa, un medium è ‘disincarnato’ quando lo spirito ha lasciato il suo corpo, rendendolo nuovamente pronto e disponibile ad accogliere altri spiriti. Il passaggio tra uno status e l’altro è regolato da un’insolita condizione: per ‘disincarnarsi’ un medium deve raccogliere su un quaderno apposito almeno duemila firme, procedura lenta e impegnativa. Questa mole di autografi, tuttavia, non necessariamente deve venire da duemila persone differenti: la stessa può firmare più volte. Ecco, dunque, che nel Vale capita spesso di vedere i membri della comunità - ma anche i visitatori - firmare come forsennati, passando lunghi minuti a consumare inchiostro su pagine e pagine di quaderno. Una volta raggiunta la quota stabilita, il medium partecipa alla cerimonia di libertação (liberazione), al termine della quale lo spirito può finalmente abbandonarlo.


Un altro rito - forse il più spettacolare - della giornata nella Valle dell’Alba è quello che si tiene quotidianamente nel circuito dell’Estrela Cadente, un percorso a forma di stella situato su una sponda del laghetto dedicato a Yemanjá. È questa la cerimonia opposta a quella di libertação, durante la quale, cioè, gli spiriti vengono incorporati nei medium. Tutto si svolge nel giro di venti minuti, durante le prime ore del pomeriggio. Nel Solar dos Mediuns - questo il nome della cerimonia - si segue una prima fase, detta ‘concentrazione’ (riunione), che dà inizio alla ‘Giornata’ (l’insieme delle cerimonie quotidiane): i partecipanti, divisi in Maestri Sole (indottrinatori) e Maestri Luna (‘positivi’ o ‘negativi’; entrambe le categorie sono composte sia da uomini sia da donne), si riuniscono in coppie miste - almeno quattordici - presso il ‘Radar di Comando’, un palco dal quale il ‘Comandante’ dà il via al rito. I Maestri Sole salgono lungo una scalinata e prendono per mano - sfiorando appena i polpastrelli - il corrispettivo Maestro Luna, ridiscendendo quindi lungo lo stesso percorso dopo essere passati attorno al ‘Radar’. Questa fase è detta ‘coronazione’ e ad essa segue una seconda processione, questa volta alle spalle di una piccola cascata artificiale, presso la quale si esegue la ‘preparazione’ (spirituale) alla base di un grande triangolo simbolico e di un’enorme effigie di Yemanjá. Oltrepassato il Comandante, le coppie scendono lungo un’altra scalinata, in direzione della ‘Stella’. Qui si dispongono sugli esquifes (‘feretri’, anche se delle tombe ricordano solo la forma), banchi di pietra di colore giallo. Il Maestro Sole rimane in piedi sul ‘feretro’, mentre il Maestro Luna si siede su una piccola panca a lato. Il Comandante, quindi, ordina la ‘preparazione’ e tutti i partecipanti al rito formano una catena umana, dandosi la mano. Solo allora i Maestri Sole si distendono sugli esquifes, accompagnati da un canto che servirebbe a evocare gli spiriti e a incorporarli in quelli Luna, durante la fase detta ‘consegna all’Alto Piano’. A questo punto, la Stella Cadente, il circuito rituale, viene considerata ‘impregnata’ grazie all’energia che vi è circolata e al buon esito del rito. Tutto si conclude con un Salve Deus! di commiato e i partecipanti, dopo aver lasciato l’Estrela, fanno ritorno alle proprie abitazioni, molte delle quali situate nell’area interna del Vale.


L’aver ‘incorporato’ gli spiriti è un passaggio necessario per poter ricevere, successivamente, i fedeli - numerosi, provenienti da tutta la regione - giunti nella comunità per colloquiare con i propri morti, cui chiedono consigli e benedizioni, scongiurando i malocchi e fugando le proprie paure. Questa fase di consultazione si svolge in un’ala apposita del tempio del Vale, un edificio ricco di effigi sacre e anch’esso, così come la Stella Cadente, attraversato da un percorso rituale.
Queste cerimonie, basate sul principio del carma - reincarnazione e trasmigrazione delle anime - e a prima vista assurde, possono trovare una spiegazione nelle stesse parole di Tia Neiva. Secondo la fondatrice, infatti, il rito dell’Estrela è necessario per la «... disintegrazione di energie caricate negativamente, e per gli spiriti che non sarebbero in grado di incorporarsi attraverso un semplice processo medianico».
Se questo riferimento può apparire troppo evanescente agli scettici, ecco come Tia Neiva giustificava, nella pratica realtà, questo rituale:
«Come complemento, vengono manipolate energie dei Piani Superiori, controllate a beneficio delle comunità, soprattutto ospedali, case e sedi amministrative del Governo».
Chiaro, no?

pubblicato su Tempi Supplementari


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