I sigari dell’Isla Grande
Già durante la sua prima tappa cubana Cristoforo Colombo, nel corso della cerimonia rituale che gli stregoni della tribù taíno facevano per predire il futuro (sikar), aveva notato il tobago, la pipa di canna con la quale inalavano il fumo delle foglie secche di cohiba (il tabacco, appunto) direttamente nelle narici, aspirandolo da un piatto. In seguito i colonizzatori spagnoli imitarono questa pratica, arrotolando le foglie e riuscendo, così, a fumare con la bocca. La “nuova moda” si diffuse, e nel 1580 i castigliani iniziarono a coltivare il tabacco (Nicotiana tabacum) per scopi commerciali. In quell’anno importarono semi della pianta di tabacco dallo Yucatan, trasformandolo nel 1700 nel prodotto cubano più esportato: l’uso del fumo si era largamente diffuso in Europa, e soprattutto i coloni provenienti dalle Canarie si erano specializzati in questa coltura.
Nei secoli successivi i sigari furono prodotti su scala industriale: il prodotto finito si otteneva nelle fábricas de tabaco, riservate esclusivamente a questa attività; la fabbricazione, tuttavia, è rimasta artigianale e manuale fino a oggi. Nel 1863 fu adottata l’usanza della lectura anche nelle manifatture: inizialmente diffusa nei monasteri (dove i monaci ascoltavano brani di letture sacre mentre consumavano i pasti) e, quindi, nelle prigioni (i detenuti venivano così “acculturati”), la lettura di brani letterari arrivò all’El Figaro, il più importante sigarificio dell’epoca all’Avana. Un lectór istruiva gli operai analfabeti o intratteneva quelli che già sapevano leggere e scrivere (una stretta minoranza), leggendo soprattutto pagine del settimanale La Aurora. In seguito questa pratica fu adottata anche da altre fabbriche, ma l’oligarchia che deteneva il potere - primi fra tutti i proprietari delle manifatture - iniziò ad avversare questa pratica di “educazione del popolo”. Con il pretesto che la lectura distoglieva gli operai dal lavoro, nel 1866 fu addirittura proibita. Venne reintrodotta dodici anni dopo, con una “concessione” populista del governo.
Prima della Rivoluzione castrista la produzione dei sigari portava a Cuba 33,5 milioni di dollari all’anno e si potevano contare oltre novecento tipi diversi di avana, il nome con il quale i puros cubani erano e sono internazionalmente chiamati (le prime fabbriche erano concentrate nella capitale). Allora i maggiori produttori erano Dunhill e Zino Davidoff.
Fra i tanti fumatori accaniti di sigari cubani, Winston Churchill fu uno dei VIP più “assuefatti” del Novecento. Basti pensare che alla vigilia della Seconda guerra mondiale, intuendo il clima degli anni seguenti, lo statista inglese - che aveva alcuni fornitori privilegiati nell’isola - fece incetta di circa quattromila avana e li nascose nella sua casa del Kent, in una stanza appositamente climatizzata. Si narra che anche John Kennedy, lo stesso presidente che decretò l’embargo a Cuba (1962) dopo la presa del potetre da parte dei Barbudos, fece riempire le cantine della Casa Bianca di sigari cubani.
Durante la Rivoluzione la produzione fu nazionalizzata (la Cubatabaco iniziò a gestire il monopolio) e razionalizzata: Castro e Guevara - quest’ultimo divenuto Ministro dell’Industria - ridussero notevolmente il numero di tipi di sigaro, mantenendo i nomi dei più pregiati e noti (Romeo y Julieta, Montecristo, Partagas, Upmann, ecc.) e migliorandone la qualità. I due comandanti introdussero e incentivarono la produzione dei Cohiba, i preferiti dal Che. Per quest’ultimo, infatti, «fumare un sigaro non era un lusso, ma una parte del business della Rivoluzione, il complemento ideale di una vita vissuta tra difficoltà e pericoli». Il sigaro, dunque, può essere considerato come uno dei tanti simboli, per certi aspetti romantici, della Rivoluzione cubana e, al tempo stesso, del consumismo capitalista.
Durante il periodo socialista la produzione è aumentata di anno in anno, anche se il sistema collettivizzato ha tolto parte dell’entusiasmo agli operai e ai vegueros (i coltivatori, diminuiti in questi anni), riflettendosi negativamente sul prodotto. Il governo, per aumentare la produzione, recentemente ha introdotto incentivi nelle zone di produzione, come quello di convertire in cooperative alcune grandi piantagioni statali.
Nel 1997 Castro organizzò una grande festa al Cabaret Tropicana per commemorare i trent’anni del Cohiba. Vi parteciparono diversi attori di Hollywood (Jack Nicholson, Arnold Schwarzenegger, Danny De Vito, tutti estimatori dell’avana), sfidando apertamente il blocco economico del loro governo. L’inasprimento dell’embargo statunitense, approvato da Clinton nel 1996, impone multe di 50.000$ e la confisca delle proprietà ai cittadini statunitensi che si recano a Cuba senza l’autorizzazione del loro governo; i sigari cubani, se trovati in valigia all’ingresso negli USA, possono essere confiscati dai doganieri. Qualche anno fa quattro gestori di noti ristoranti di New York sono stati arrestati perché “commerciavano con il nemico”: dopo cena offrivano sigari cubani ai clienti migliori.
Le cifre ufficiali cubane riguardanti la produzione annua sono da prendere con le dovute precauzioni: non tengono conto dell’enorme mercato nero (sigari “falsi” o venduti sottobanco), pari a circa dieci volte quello legale. Attorno alla metà degli anni Novanta sono stati prodotti ufficialmente circa 103 milioni di sigari e la produzione media di tabacco si aggira sulle 40.000 tonnellate, pari a meno del 3% delle entrate in valuta. Negli Stati Uniti ogni anno entrano di contrabbando 52 milioni di sigari cubani, di cui solo 5 originali. A New York una scatola da 25 pezzi (tra i più pregiati) può arrivare a costare 800$.
La produzione
A Cuba le vegas, piantagioni di tabacco, sono diffuse principalmente in due zone: nella cosiddetta Vuelta Abajo (la regione di Pinar del Rio, la più importante) e nella Vuelta Arriba (la provincia di Villa Clara). Dalla prima, dove iniziò la produzione nel 1760, proviene circa l’80% del raccolto nazionale; nel 1995, in quella regione, ne furono prodotte 17.400 tonnellate. Lunga 110 km e larga 30, limitata a nord dai monti e a sud dal mare, la Vuelta Abajo ha numerose piantagioni - nelle hoyos (“buche”), le valli della Sierra de los Organos, dalle quali proviene il tabacco più ricercato - che, in media, coprono un’area di tredici ettari e impiegano quaranta contadini.
Nei campi si semina alla fine della stagione delle piogge, mentre il raccolto va da gennaio a marzo. Nel periodo di riposo (estate), vengono seminate altre colture che permettono al terreno di conservare la fertilità: mais, banane, boniato (patata dolce cubana). Le piante di tabacco diffuse a Cuba, le più pregiate al mondo, a quanto pare, riescono a crescere al meglio solo lì: se trapiantate nella vicina Santo Domingo (leader mondiale del settore; o in Honduras, altro importante Paese produttore) il primo raccolto è eccellente, il secondo scadente. Ciò è dovuto alla terra, ricca di sabbia, oltre che alla giusta quantità d’acqua (molta) ricevuta: a Cuba l’alternarsi delle piogge alla stagione secca è piuttosto regolare, Niño permettendo, e il clima umido è fondamentale per la crescita di questa coltura.
Secondo il mito, che ha numerose correnti di pensiero contrastanti, una pianta di tabacco può crescere meglio (o meno) a seconda che il coltivatore le parli o che si sviluppi con la luce della luna. La pianta inizialmente viene seminata in un vivaio, dove rimane per circa un mese. Viene quindi trapiantata nel campo, di solito tra la fine di ottobre e l’inizio di dicembre. In due-quattro mesi raggiunge il metro e mezzo di altezza e le foglie misurano, all’incirca, 25 cm di larghezza e 30 di lunghezza. Le piante migliori sono protette con grandi teli plastificati, per non farle bruciare dal sole. Per difenderle dagli insetti si usano delle reti, piuttosto dei pesticidi, che potrebbero rovinare l’aroma del tabacco.
La raccolta delle foglie si fa esclusivamente a mano, alla mattina o alla sera, quando non c’è la rugiada. Le foglie migliori sono quelle più giovani, che spiccano sugli apici delle piante. In generale, le foglie sono classificate in negras e blancas. Le prime, usate per i sigari, a loro volta si dividono in criollas, corojos (da un tipo di palma) e pelo de oro. Quelle bianche, invece, sono usate per fabbricare le sigarette (assieme agli scarti di produzione dei sigari), dopo essere state spezzettate con i macchinari appositi. Il tabacco peggiore, dunque, viene usato per le sigarette: fumare o anche solo annusare da lontano una Populár lo conferma.
Dopo una prima selezione per tipo, le foglie sono appese a essiccare nelle casas de curar, capanne con tetti spioventi di foglie di palma, molto diffuse nella regione di Pinar del Rio e Viñales. In questi ambienti il tabacco mantiene un’umidità e una temperatura costanti per uno-due mesi, e le foglie sono ciclicamente bagnate, così da favorirne la fermentazione e l’uniformità della colorazione. Si è calcolato che dalla semina al prodotto finito un sigaro comporti ben duecentoventidue fasi di lavorazione.
Le foglie vengono quindi selezionate da un esperto clasificadór, che divide quelle interne da quelle esterne e da quelle di supporto. Le esterne sono quelle che avvolgeranno il prodotto finito, dunque quelle che devono presentare meno imperfezioni. Se ne contano ventisette tipi, in base allo spessore, al colore, all’elasticità, alla quantità di nervature. Separate secondo la specie, le foglie sono radunate in mazzi e, successivamente, in balle destinate alle manifatture dell’Avana o degli altri centri di produzione. Le foglie migliori, quelle giovani cresciute sugli apici, vengono racchiuse all’interno delle balle, così da non subire danni durante il trasporto. Le balle sono avvolte da corteccia di palma reale e da fibre di agave tessile (henequén).
Come giungono nella manifattura, le balle vengono aperte e le foglie sono umidificate sulle punte dal mojadór (“bagnatore”). La foglia, dunque, riprende il processo di fermentazione momentaneamente interrotto. Nuovamente immagazzinate, le foglie subiscono un’ulteriore selezione, dopo una fase in cui vengono tolte le nervature. Solo allora ha inizio l’arrotolamento manuale della foglia, divenuta elastica e resistente. Su una tavola di legno di mango il tabaquero (sigaraio) avvolge le foglie all’interno della migliore e più forte, che funge da supporto.
Il lavoro, se non più dalla lectura, oggi viene accompagnato da alcuni cantanti, solitamente di Salsa, che diffondono le loro note a squarciagola attraverso microfono e casse acustiche, disseminate in ogni angolo dello stabilimento. Da un palco posto al centro della sala maggiore, i cantanti si esibiscono spalleggiati dai ritratti di Camilo Cienfuegos, Che Guevara e Fidel Castro, la 'Trimurti' della Rivoluzione. Il volume, come sempre a Cuba, è assordante e il suono esce distorto dalle casse, ma gli operai riescono a trovare il ritmo per il lavoro, nonostante l’intontimento che il Son dà. Alcuni sigarai che non condividono le scelte musicali dell’azienda si danno un ritmo personale, ascoltando la loro musica con un walkman.
Il sigaro rozzo viene sistemato tra le maglie di una pressa di legno di cedro per circa mezz’ora. Quindi, con una chaveta, un coltello arrotondato, si tagliano le foglie di copertura e si ricava l’imboccatura. Questa viene incollata con gomma vegetale. Dopo l’ultimo taglio di rifinitura, i sigari sono ulteriormente selezionati e divisi a seconda del modello. Ogni tipo di habanero viene decorato con la fascetta che ne indica il nome (a Cuba è diffuso il collezionismo di queste fascette) e collocato in maniera scrupolosamente geometrica in una cassetta di legno di pino o di cedro da 10 o 25 pezzi. Tutti i sigari devono avere un aspetto uniforme. Se la scatola non è di cedro - anch’essa costruita a mano, assicella per assicella -, l’operaio solitamente vi pone all’interno, prima di sigillarla, un pezzetto di legno di cedro, utile a mantenere inalterata la fragranza dei sigari. Alcuni tipi di sigari, solitamente i più pregiati, prima di essere chiusi nelle scatole vengono messi singolarmente in appositi contenitori di latta, con la marca sopra riportata. Le scatole vengono quindi chiuse definitivamente con una serie di sigilli incollati (la scritta Totalmente a mano, Hecho en Cuba e il sigillo della Cubatabaco) che, in teoria, dovrebbero garantire l’originalità del prodotto e giustificarne gli alti costi.
Si calcola che, in media, un torcitore di sigaro riesca ad arrotolare un centinaio di sigari al giorno, anche se l’obiettivo delle manifatture sarebbe quello di 150-160 unità. Oltre a percepire un salario (piuttosto misero, a cottimo), gli operai possono fumare tutti i sigari che vogliono, purché sul luogo di lavoro. Alcuni, correndo grossi rischi, arrotondano lo stipendio nascondendo sigari negli indumenti (da rivendere al mercato nero) o, addirittura, vendendoli direttamente ai turisti in visita nelle manifatture (di nascosto e frettolosamente) a un prezzo inferiore rispetto a quello dei negozi. Le fasi di arrotolamento dei sigari, oltre che in alcune manifatture (principalmente all’Avana e a Pinar del Rio), possono essere osservate in molti dei maggiori alberghi dell’isola, dove spesso qualche torcitore lavora su un banchetto nella hall: uno spettacolo interessante che invoglia molti visitatori ad acquistare il prodotto finito nel negozio attiguo.
Sempre secondo il mito, soprattutto in passato, era credenza diffusa quella secondo cui i sigari migliori, più ricchi di aroma, fossero quelli arrotolati dalle operaie mulatte, che li avvolgevano appoggiandoli sulle gambe...
Commercializzazione e tipi di sigaro
A Cuba ci sono due canali per la commercializzazione del sigaro. Il primo è quello ufficiale, che passa attraverso gli spacci (in realtà lussuosi negozi) delle manifatture o le tiendas specializzate, dirette esclusivamente al turismo apportatore di dollari, negli aeroporti, alberghi di lusso, centri commerciali, stazioni di servizio, villaggi vacanze, ecc. In queste rivendite, tutte di proprietà del governo, i sigari - venduti sia in scatole sia singolarmente - sono originali e hanno prezzi da capogiro. In base al tipo, una scatola da 25 pezzi può costare centinaia di dollari. Il grosso del commercio - soprattutto quello che si riversa all’estero -, in realtà, è sotterraneo e illegale. In tutte le città cubane i jineteros (procacciatori d’affari con i turisti, illegali) di strada o i proprietari delle casas particulares (abitazioni private adibite a ospitare gli stranieri) propongono l’acquisto di scatole di sigari. Quasi sempre questi sigari sono 'falsi', nel senso che sono una seconda (o terza, o quarta, o...) scelta rispetto a quelli prodotti nelle manifatture. Sono sigari di scarto, fatti in casa, sottratti di contrabbando alle manifatture, o che non “tirano” come dovrebbero: quasi mai originali. Il loro prezzo, di conseguenza, è (dovrebbe essere) molto inferiore rispetto a quello dei prodotti originali, variabile a seconda del grado di faccia tosta del venditore e della capacità contrattuale dell’acquirente. Di solito, una scatola qualsiasi (per esempio di Cohiba, i più falsificati) da venticinque pezzi non dovrebbe costare più di 25$, anche se, in realtà, il prezzo massimo sarebbe di 10$. I falsificatori sono estremamente abili nell’imitare anche i sigilli delle scatole originali, e solo un fumatore che realmente conosce i puros e sa distinguerne le differenze aromatiche può capire se quello che sta fumando è un habanero originale o meno. Non ha molto senso, dunque, acquistare una scatola originale da centinaia di dollari, a meno che non si sia esperti conoscitori o si voglia fare un prezioso regalo a un cultore del genere: se il regalo è per un fumatore comune, anche una scatola di sigari “falsi” (pur sempre buoni, almeno per il neofita) può essere gradita. Questo discorso, anche se non “politicamente corretto”, può trovare giustificazione a fronte degli alti prezzi, inaffrontabili per buona parte dei visitatori e, certamente, per tutti i cubani. Le tariffe variano da tipo a tipo di sigaro e, per lo stesso tipo di puro, a seconda delle dimensioni: quanto più è grande, tanto più caro. Indicativamente, una scatola da 25 pezzi di sigari originali costa:
Bolívar 45-65$
Cohiba Coronas Especiales 200$
Cohiba Espléndidos (quelli del Che, reperibili anche in Italia) 300$
Diplomáticos 70$
Larrañaga 30$
Montecristo n°3: 70$
Montecristo n°4 (il preferito da Castro, prima che smettesse di fumare per problemi di salute; 12,9 cm per 1,6 di diametro, può durare un’ora): 55-60$
Montecristo Cabinet 110$
Partagás: da 50$ a 90$; le scatole da 5 pezzi piccoli costano solo 5$; il modello Lusitanias, “da leggenda” (19,4 cm per 2), può durare oltre un’ora e mezza
Punch 65$
Romeo y Julieta (quelli di Churchill): dai 65 agli 80$; 35$ per 10 pezzi inlattati
Quando si compra una scatola attraverso i canali illegali, però, bisogna sempre controllare il contenuto: non sono da escludere truffe a base di carta di giornale o simili. Altri sigari cubani prestigiosi sono l’Upmann (destinato esclusivamente al mercato inglese), il Rey del Mundo (reperibile anche in Italia), il Ramon Allones (di fabbricazione antica), l’Hoyo de Monterrey (piuttosto diffuso) e il Sancho Panza (leggero e poco pubblicizzato). Ai cubani, invece, sono riservati i Colosos, i sigari destinati al mercato interno, venduti a prezzo politico (1 peso, un ventesimo di dollaro) nei negozi dove si acquista con la libreta, proibiti agli stranieri. Il colore delle foglie di tabacco non ha una grande influenza sulla qualità di sigaro; quelle più scure, tuttavia, di solito sono più forti e dolci. Per conservare i sigari, soprattutto nel lungo periodo, è indispensabile un luogo appropriato: l’ideale sarebbe una vetrina (umidificatore) o un luogo dotato di termostato, dove sia mantenuta una temperatura di 22° e un tasso di umidità del 65%. In commercio si trovano anche umidificatori da viaggio, i quali mantengono un’umidità costante tra il 70 e il 73% e una temperatura tra i 18 e i 21°.
All’uscita da Cuba, in teoria, è vietata l’esportazione di oltre 200 sigari a persona. I puros, sempre in teoria, dovrebbero essere accompagnati da una ricevuta che ne attesti l’acquisto presso una rivendita ufficiale. Nella pratica, però, è ben raro che il controllo sia effettuato e molti visitatori esportano sigari fasulli.
Per saperne di più
Avana, la leggenda del sigaro, libro fotografico di Charles Del Todesco, Mondadori.
Dove assistere alla lavorazione dei sigari
Fabbrica Partagás, Calle Industria 520 (dietro al Capitolio), Centro Habana; visite guidate in spagnolo e inglese dal lunedì al venerdì alle 10 e alle 14 (non occorre prenotare, basta presentarsi qualche minuto prima).
Fabbrica Francisco Donatien, Calle Maceo 157 Oeste, Pinar del Rio; visite guidate, aperta dal lunedì al venerdì dalle 7,30 alle 16, il sabato dalle 7,30 alle 11,30.
Dove acquistarli
Oltre che nei negozi delle manifatture sopracitate, un indirizzo nella capitale può essere quello del Palacio del Tabaco, Calle Zulueta 106, entre Refugio y Colón, Habana Vieja.