Le sigarette canadesi sono piuttosto diverse da quelle vendute negli Stati Uniti. Se nell’amato/odiato Paese vicino vengono fatte con una miscela di differenti tipi di tabacco, nella terra dell’acero sono perlopiù ottenute con la medesima varietà di tabacco Virginia, coltivato nelle contee dell’Ontario, seguendo la tradizione e il gusto britannico. L’uso di additivi sembra essere limitato alla cartina e al filtro, ma non viene applicato al tabacco. Le differenze fra le diverse marche, molte delle quali con nomi francesi, sono minime, e a volte la stessa sigaretta è addirittura venduta con marchi diversi (per esempio le du Maurier légère/light e le Matinée).
Contro le invasioni barbariche
L’atavico attrito commerciale (ma non solo) tra USA e Canada ha fatto sì che nel secondo Paese le sigarette statunitensi non siano reperibili, almeno ufficialmente. Nei negozi specializzati in tabacco - gli stessi in cui si possono trovare facilmente sigari cubani -, così come nei numerosi ‘deli’ (drogherie, in gran parte gestite da immigrati asiatici e aperte a orari elasticissimi), si trovano diversi marchi multinazionali (Benson & Hedges, Rothmans, Dunhill), ma mai ‘roba pregiata’, tipo Marlboro o Camel. Chi viaggia negli USA, solitamente, fa ritorno in Canada con una stecca (200 sigarette è il limite di importazione) da offrire ai grati amici o da rivendere. Se trovato in frontiera con un quantitativo maggiore viene obbligato a pagare le tasse, quando la merce non gli viene sequestrata.
Altro fattore distintivo rispetto agli USA è l’utilizzo di immagini, spesso agghiaccianti, in funzione terroristica (educativa, secondo un’altra scuola di pensiero) sui pericoli del fumo, riportate sui pacchetti. In questo campo il Canada segue altri Paesi (Brasile, Uruguay, Venezuela, Australia, Tailandia, Singapore e alcune nazioni europee), con immagini a effetto che accompagnano scritte altrettanto incisive. Non è raro acquistare un pacchetto e ritrovarsi tra le mani la foto di bocche massacrate dalla nicotina, cervelli ammalati, cuori infartati, oppure meno inquietanti immagini di bambini soffocati dal fumo passivo, donne incinte, gente ingolfata dal catarro o posacenere iperaffollati di mozziconi poco invitanti. Negli USA ci si limita a scritte forti & chiare, ma nel paese delle foche uccise a legnate sulla nuca anche l’occhio vuole la sua parte. L’impatto visivo è addolcito da scritte bilingue, in inglese e francese, per fare felice la folta e orgogliosa comunità francofona del Quebec e, forse involontariamente, dare un tocco di eleganza al pacchetto. Cominciate ad apparire sui pacchetti nel 2000, le immagini-propaganda per legge devono coprire il 50% del fronte e del retro, in inglese su un lato in francese sull’altro. Ogni pacchetto, inoltre, contiene un mini-dépliant che fornisce informazioni su come smettere di fumare. La prima campagna pubblicitaria di basava su sedici messaggi/immagini diversi, seguiti successivamente da nuovi slogan.
I prezzi di un pacchetto regolare (circa 7 dollari canadesi, più o meno 5 euro) sono leggermente inferiori a quelli degli USA. Altra differenza tra Ottawa e Washington, classificabile come ‘comportamentale’, può essere quella che, un po’ in ogni aspetto della vita, fa del Canada un paese più gentile. Se negli States abbondano cartelli con il divieto assoluto, categorico, tassativo di fumare in molti luoghi, in Canada qua e là campeggiano cartelli che invitano, per favore, a non fumare. Non all’interno dei luoghi pubblici, ove vige la stessa proibizione per legge dei cugini americani, ma nei cosiddetti ‘luoghi di frontiera’: per esempio all’uscita di uffici, dove di solito i fumatori si assiepano per tirare lunghe boccate liberatorie. Nel gentile Canada, di solito, ci si limita a indicare una distanza minima (8 metri) entro la quale, please, non fumare. Dal 2002 le compagnie di tabacco canadesi promuovono iniziative di ‘ventilazione’ presso svariati locali, nel tentativo di evitare ulteriori limitazioni e controlli sulla produzione, nella battaglia governativa contro gli effetti del fumo passivo. Dato per scontato che all’interno dei locali pubblici nessuno deve fumare, i più si attrezzano mettendo a disposizione ampi posacenere in strada, sul marciapiedi, all’entrata di negozi, uffici o centri commerciali. E qualche locale, come le sale da biliardo, pubblicizza a caratteri luminosi la disponibilità di una o più sale per fumatori, dotate di ventilazione indipendente. Ogni strategia, per attirare un po’ di clienti in più, è buona.
La storia e la legislazione delle sigarette canadesi
Prima degli anni Sessanta, le sigarette canadesi avevano cartine a bassa permeabilità e contenevano alti tassi di catrame e nicotina. Tra le marche più diffuse si annoveravano le Dixie (prodotte negli anni Trenta a Montreal; negli anni Cinquanta erano vendute anche in scatole metalliche da 50 o 100 pezzi), le Corvette (che presero il nome dalla piccola nave da guerra usata dalla Marina Canadese durante la Seconda guerra mondiale), le Sportsman (decorate sul retro del pacchetto da una serie di disegni che raffiguravano mosche da pesca), le Sweet Caporal e le Marlboro (diffuse negli anni Settanta con pacchetti marron o gialli, ben diversi da quelli odierni). Con l’introduzione del filtro, alla fine degli anni Cinquanta, per evitare che i fumatori si ritrovassero pezzetti di tabacco fra i denti, il prezzo delle sigarette diminuì. Verso la fine degli anni Settanta tutte le sigarette canadesi avevano il filtro. All’inizio di quella decade gli organismi sanitari e l’Imperial Tobacco of Canada Limited, il monopolio di stato, cominciarono a cercare mezzi e sistemi per rendere meno dannoso il fumo o per farlo apparire come tale. L’introduzione delle sigarette light fu figlia di questa strategia, ma, in effetti, esse contenevano la medesima quantità di catrame e nicotina di quelle tradizionali. Per rendere le sue sigarette meno ‘condannabili’ ai test sanitari, l’Imperial Tobacco cominciò a produrre filtri più robusti (che diminuissero la possibilità di inalare il fumo) ma con buchi per la ventilazione (all’inizio tramite spilli piuttosto grossolani, oggi con il laser), incrementò la porosità delle cartine e ridusse la quantità di tabacco contenuto in ogni sigaretta. Oggi il 59% dei canadesi fuma sigarette light o simili, mentre il 4% sceglie quelle al mentolo.
In Canada esistono due leggi che regolano il fumo a livello federale. La prima è il Tobacco Act, amministrata dal ministero della Salute. Questa legge controlla la manifattura, la vendita, l’etichettatura e la promozione dei prodotti derivati dal tabacco, e concede al Governatore del Concilio il potere di stabilire regole su queste materie. La seconda legge, il Non-smokers’ Health Act, limita la possibilità di fumare nei posti di lavoro e nei luoghi pubblici che sono sotto la giurisdizione federale. Anche in questo caso, è il Governatore del Concilio ad avere il potere di regolamentare la materia. Questa seconda legge è amministrata dal Dipartimento delle Risorse Umane e dello Sviluppo della Capacità. Le regolamentazioni regionali, un po’ come negli USA, possono variare leggermente da regione a regione. A Toronto, per esempio, è vietato fumare in qualsiasi luogo pubblico - inclusi bar, sale da bingo, bowling, casinò, circuiti per le corse auto\moto\bilistiche e addirittura patii all’aperto -, con eccezione di quelli che dispongono di apposite sale per fumatori. La legge regionale - è curioso notare, soprattutto se confrontata al sistema italiano - include la segnalazione/pubblicità della varie regole nei luoghi pubblici in diciassette lingue differenti. Toronto, città campione nella lotta al fumo (appena il 15% della popolazione sembra avere coltivare questo vizio/piacere; ma le statistiche dicono anche che ogni dieci minuti un adolescente canadese inizia a fumare), è da anni pioniera in questo campo. Altre zone del Canada, come il ‘sempre-diverso’ Quebec, seppure sulla stessa linea, hanno deciso di seguire un’analoga regolamentazione restrittiva con tempi più dilatati.
Crociati, tasse e commercianti
Il Canada, paese per molti aspetti all’avanguardia dell’eticamente-corretto (salve alcune eccezioni, foche in prima linea), vanta una folta schiera di crociati dell’antitabagismo, in parte organismi privati appoggiati dal governo. Tra questi spicca la PSC (Physicians for a Smoke-Free Canada), organizzazione dei Medici per un Canada Senza Fumo. Fondata nel 1985, la PSC, oltre a fornire informazioni dettagliate e statistiche sui pericoli del fumo, ha un curioso sito web in cui è indicato il numero di cittadini canadesi che hanno fumato sigarette nell’ultimo anno, aggiornato all’istante, fino a quel momento. Dall’altra parte della barricata, visto il monopolio delle marche locali, c’è chi si è industriato a fare arrivare, anche nella terra dell’acero, le sigarette americane così ricercate. Il trucco (e il business) sta tutto nel mondo on-line. Marlboro, Camel e Winston possono essere comprate attraverso internet.
In questi anni le alte tasse applicate sulla vendita delle sigarette in Canada hanno provocato un fiorente contrabbando. Di recente il paese ha drasticamente ridotto l’aliquota, allo scopo di ridurre il commercio illegale e di impedire l’aumento dei fumatori fra i giovani, clienti primi del contrabbando. Gli adolescenti, secondo la strategia del ministero della Salute, con questa riduzione delle tasse sarebbero spinti ad acquistare il prodotto nelle rivendite ufficiali, dove le sigarette non possono essere vendute ai minori di 19 anni.
Pubblicato su Smoking
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