mercoledì 7 marzo 2012

CAMBOGIA - DOVE ALAIN DELON NON TRAMONTA MAI


Le sigarette cambogiane: dal marchio dedicato all’attore francese alle locali Angkor

Mooey dam”. Questo dobbiamo dire, se vogliamo una sigaretta singola, in Cambogia. Un po’ come nel Dopoguerra da noi, e come in buona parte dei Paesi in via di sviluppo, sigarette e aspirine possono essere acquistate una alla volta. Un pacchetto intero può essere troppo oneroso, per cui…

Tutti i marchi del mondo, o quasi
A ogni angolo di strada, presso un venditore di bibite o di biscotti, in un salone di karaoke o in un bar, c’è sempre una teca, un espositore, qualcosa che contiene pacchetti di sigarette, di tutti i tipi. I cambogiani fumano come matti, e fumare ‘straniero’ fa in. Dunque ecco tutte le multinazionali del creato esporre i loro prodotti in specie di puzzle multicolor, mosaici di marchi e tinte che fanno l’occhiolino al passante. Dappertutto, a ogni ora. Così come una lattina di birra Angkor, anche un pacchetto di sigarette Angkor è sempre reperibile, che siano le quattro del mattino o meno. Così come in Guatemala tutto sembra intitolato al quetzal, l’uccello sacro dei maya, in Cambogia tutto pare ispirato alla meravigliosa zona archeologica del Paese asiatico.
Il mondo di fuori, però, come dovunque, appare sempre più ammaliante. E le multinazionali non vivono di sogni, dunque luoghi come la Cambogia, pressoché privi di leggi antifumo, sono un perfetto mercato in cui proporre sigarette di ogni provenienza immaginabile. Si potrebbe comporre un intero alfabeto, o forse due o tre, usando le iniziali dei marchi presenti nel Paese dei khmer. Ecco un primo abbozzo, includendo alcuni nomi altisonanti e pretenziosi fra i tanti presenti nel mercato cambogiano: Alain Delon (prodotte in Francia in diverse versioni, tra cui una per il mercato cinese), Bond Street (figlie della Philip Morris), Davidoff (prodotte dalla Reemtsma, compagnia facente parte dell’Imperial Tabacco Group, la quarta multinazionale del tabacco più grande al mondo), Eagle, Esse (coreane, prodotte dalla KT&G’s), Fine, 555 (diffusissime nel Sud-est Asiatico, prodotte dalla BAT, la British American Tobacco), Gauloises, Gold Seal (indonesiane), International Capital, Karelia Slims (normali e al mentolo, fatte in Grecia), L&M (anch’esse made by Philip Morris), London, Luxury, Marlboro (di solito di provenienza malese), Mild Seven (prodotte dalla giapponese JT International), Pall Mall (anch’esse, come le 555, prodotte dalla BAT), Texas 5 (statunitensi), USA Gold.


Non solo marchi di importazione
Oltre alle già citate Angkor (in king size da 85 mm, vendute in pacchetti da 20 pezzi), in Cambogia sono prodotte e commercializzate altre sigarette fatte in loco. Le più note e diffuse sono le ARA, conosciute anche come “Cig”. Marchio di proprietà della BAT, dominano il mercato cambogiano, occupandone il 40%. Con un pappagallo stilizzato sul pacchetto, sono vendute in confezioni rosse, dorate, verdi e azzurre (e pappagallo rispettivamente dorato, rosso e bianco). Un’altra marca locale è la Golden Goat (“Caprone Dorato”). Quattro quinti delle sigarette importate in Cambogia arrivano dai Paesi vicini grazie al contrabbando, attività che sottrae grandi profitti all’erario. Le sigarette regolarmente importate hanno il bollino delle tasse incollato sul pacchetto. Nella capitale Phnom Penh si trova oltre un centinaio di marchi, mentre nella provincia sono reperibili solo quelli minori e locali.
Vi sentite in vena di spendere? Anziché avere una sigaretta per volta potete dire “Dayng baray”, e vi sarà dato un intero pacchetto. I prezzi, bassissimi, vanno dai 25 centesimi di dollaro americano per 200 sigarette arrotolate a mano e prive di filtro, a 1,25$ (in media) per un pacchetto d’importazione. Un pacchetto di Marlboro di solito costa 1$, otto per la stecca. Questa ultima, di solito, fa risparmiare il 20%, ma in pochi se la possono permettere. Le sigarette senza filtro, fatte a mano, sono generalmente vendute in sacchetti da 250 pezzi. Quelle più popolari costano fra i 20 e i 25 centesimi a pacchetto, ma ne esistono alcune che costano appena 4 centesimi di dollaro a pacchetto (sempre per 250 pezzi!).

Tutti fumano, alcuni esportano
In Cambogia si stima che il 70% degli uomini fumi, inclusi numerosi monaci buddisti. La tradizione del fumo qui sembra risalire alla preistoria, quando le piante di tabacco, endemiche della regione, presero accidentalmente fuoco, sviluppando l’interesse dei primi abitanti. Nel Paese, che oggi ha una delle percentuali di fumatori più alte al mondo, non esiste ancora una pubblicità antifumo, né alcun tipo di proibizione per la vendita ai minori. Nei monasteri, nonostante diversi religiosi amino il vizio, i bonzi sono la voce ufficiale, puramente orale, della campagna antitabagista. La pubblicità delle sigarette è permessa e diffusa. La British American Tobacco sponsorizza concerti e altri eventi, oltre a incoraggiare i contadini a coltivare il tabacco, anziché altri prodotti. Le piantagioni sono dislocate soprattutto nel Nord e nell’Ovest, dove cresce tabacco considerato tra i migliori al mondo. Il prodotto è esportato attraverso il grande porto di Sihanoukville, nota località balneare sulla Baia della Thailandia. Da qui ogni anno partono migliaia di tonnellate di tabacco, dirette soprattutto verso lo Sri Lanka.

Pubblicato su Smoking


Nessun commento:

Posta un commento