Lo Yokthe Pwe, il teatro delle
marionette, è un’antica forma d’arte di remote origini cinesi e indiane.
Quest’arte prese piede presumibilmente nell’epoca di Pagan attorno all’XI sec.
d.C., mentre le prime testimonianze scritte riguardo lo Yokthe Pwe risalgono al
XV-XVI sec. d.C. Il periodo d’oro di questa forma d’intrattenimento si ebbe
sotto la corte reale della dinastia Konbaung (1752-1885), quando le marionette
si diffusero in tutto il paese, soprattutto nella città di Mandalay, in
particolar modo come forma di ricevimento per gli ambasciatori stranieri.
A causa del rigido codice
d’etichetta che caratterizzò il XVIII sec., le rappresentazioni di scene
romantiche esplicite da parte degli attori sui palchi teatrali erano proibite,
per cui le marionette si sostituirono agli essere umani per inscenare in pubblico
ciò che era vietato alle persone. Tuttavia, dal momento che la maggior parte
delle scene rappresentate - tutte con una “morale” finale - dipingevano
situazioni tratte dalle Dieci Grandi Vite e dalle 550 Storie della Nascita del
Buddha (le cosiddette Storie di Jataka), si rese necessaria l’entrata in
scena e la creazione di una marionetta che impersonasse l’Illuminato: alcuni
attori ritenevano sconveniente e sacrilego interpretare tale ruolo.
Nel 1776 fu istituita la figura
del Thabin Wun, ministro delle Arti Figurative, il quale formò un codice
che regolava l’arte delle marionette (così come tutte le altre forme
artistiche). Il Thabin Wun stabilì che il linguaggio usato dai cantanti che
accompagnavano la rappresentazione non dovesse offendere in alcun modo gli
spettatori della corte reale (pena il taglio della mano o della lingua), e che
le figure principali dello Yokthe Pwe fossero ventotto (tante quanti gli
attributi che, secondo l’Abhidhamma-pitaka, un testo buddhista,
compongono il corpo umano), includendo alcuni animali, tutti rigorosamente in
legno, di diverse tinte.
I ministri successivi
introdussero altre figure, aumentandone ampiamente il numero. Nell’ultimo
dopoguerra, per cercare di ravvivare quest’arte in declino, ed in seguito agli
influssi tecnologici, furono introdotte figure antropomorfe a bordo di
aeroplani o di automobili, ma con scarso successo.
Nei primi periodi del teatro
delle marionette il Thabin Wun stabilì anche i tipi di legno da utilizzare - da
quello marron scuro a quello dipinto di bianco, il cosiddetto “teeth wood”,
candido come i denti -, i modi per ricavare le figure dal pezzo di legno (ogni
marionetta era intagliata e scolpita col relativo organo sessuale) e le loro
dimensioni.
Oggi queste ultime variano dai
trenta centimetri al mezzo metro. Riccamente decorate da abiti sgargianti, con
ornamenti di paillettes e fili colorati, le marionette hanno la possibilità di
muovere, comandate da numerosi fili (il cui numero, nel passato, era stabilito
per legge; oggi ci sono marionette addirittura con 60 fili), arti, occhi e
bocca.
Prima del 1920 il volto delle
marionette era ricavato da un unico pezzo di legno, senza parti mobili, ma, da
quell’anno, sotto l’influenza dei pupazzi dei ventriloqui occidentali, gli
scultori cambiarono tecnica.
Facilmente reperibili in ogni
bancarella di souvenir in Thailandia - ove sono vendute con abbondante rincaro,
rispetto al luogo di produzione -, le marionette costituiscono uno dei
principali prodotti artigianali del Myanmar.
Il momento d’oro di questa
forma d’arte risale al periodo compreso tra il 1820 e il 1885, quando lo Yokthe
Pwe ricoprì un ruolo addirittura superiore a quello del teatro vero e proprio.
Il ministro delle Arti Figurative, tra l’altro, stabilì anche l’esatta sequenza
secondo cui le marionette dovessero apparire sulla scena, in base
all’ispirazione buddhista, per la quale il mondo prima fu distrutto (ben
sessantaquattro volte) e, quindi, ricreato. Analogamente, sul palco si aveva
un’introduzione nella quale il globo veniva distrutto, per poi essere ricreato.
Lo spettacolo teatrale odierno
è suddiviso in tre fasi. La prima consiste in un canto d’apertura, eseguito da
un musicista dotato di un’arpa e da una cantante che esegue una triste litania,
entrambi in abiti tradizionali. Una ballerina, sempre in costume, intrattiene
il pubblico con una lenta danza, durante la quale i movimenti delle mani, degli
occhi e dei piedi - allo stesso modo di quelli delle danze indiane, thailandesi
o balinesi - hanno un ruolo fondamentale.
Dopo quest’ampia premessa ha
inizio lo spettacolo vero e proprio, secondo una sequenza sempre uguale.
Nonostante la varietà dei racconti di Jataka, la rappresentazione scenica di
ogni marionetta non cambia, e si comincia sempre, per esempio, con la
creazione dell’universo, in cui appaiono diversi animali ed alcuni esseri
mitologici. La musica accompagna l’intera
rappresentazione, eseguita in passato da un’orchestrina posta sul retro del
palco (con la ferrea proibizione di non interrompere il ritmo durante tutta la
durata dello spettacolo), più recentemente registrata su nastro e diffusa
attraverso un impianto stereo.
Ogni personaggio ha un proprio
segnale acustico, che lo caratterizza, lo introduce e lo accompagna durante
tutta la scena.
L’arte dello Yokthe
Pwe, nel corso della storia, ha subito momenti di gloria alternati a fasi di
abbandono, secondo le mode contingenti e la presa - o meno - sul pubblico di
altre forme d’intrattenimento “concorrenti”. Il suo declino è iniziato con la
caduta della monarchia, presso la cui corte questa forma di teatro aveva da
sempre trovato la platea più attenta. Oggi, grazie al cinema e alla televisione
- seppure di limitatissimo respiro e di bassa qualità -, questa antica arte va
via via scomparendo, ed è sempre più difficile incontrare teatrini autentici,
non organizzati per i turisti stranieri (in diversi luoghi a Mandalay - vedi -,
ancor oggi considerata il maggiore centro dello Yokthe Pwe; a Bagan presso
l’Hotel Thiripyitsaya; a Yangon nell’Hotel Aurora), ma per un pubblico birmano.
Tuttavia, in mancanza d’altro, anche questi teatrini, volutamente
folcloristici, possono offrire un’interessante occasione di conoscenza dello
Yokthe Pwe.
Il reperimento di
maestri - generalmente tutti in età avanzata - da parte degli organizzatori è
sempre più un’impresa ardua: difficilmente i giovani desiderano dedicare il
proprio lavoro a questa attività.
Tra le figure più
importanti e ricorrenti dello Yokthe Pwe troviamo:
- Il Re (Bayin):
può essere riconosciuto da una sporgenza a forma di foglia sulla parte
posteriore del suo turbante. É sempre decorato da numerosi gioielli, un
corpetto a forma di croce, indossato su un longyi (il sarong birmano), e
dai polsini pieni di gemme preziose. Ai piedi calza scarpe a forma d’uccello.
Durante la scena generalmente si trova ad un livello superiore, a mezz’aria,
rispetto agli altri personaggi.
- La Regina e la
Principessa (Minthamee): dal momento che tutti i re avevano
numerose mogli, è possibile incontrare molte marionette che impersonino queste
figure. Sono riconoscibili dalle giacche a maniche lunghe, aperte a campana
sotto la cintola, e decorate da gioielli attorno alle spalle e al petto.
Indossano longyi ricchi di disegni, ma non calzano scarpe. Generalmente la
Regina porta i capelli raccolti sulla nuca, mentre la Principessa li tiene con
un fermaglio, a coda di cavallo.
- Il Bambino: a
prima vista può essere scambiato per una femmina, con lunghi capelli raccolti
in due trecce ai lati della testa, ma, in realtà, è un maschio e, come tale,
indossa un longyi annodato per coprire le gambe.
- I Prìncipi (Mintha):
molte storie e leggende narrano di come i Prìncipi lottino per il possesso del
trono, e delle loro numerose avventure sentimentali. Il costume è simile a
quello del Re, ma, a differenza di questo, il turbante è caratterizzato da un
grande nodo “a caramella” sulla destra. In questa categoria si annoverano anche
le figure dei due Prìncipi Anziani (Minthagyi), il primo dal
volto rosso, il secondo bianco.
- I Quattro Ministri
(Wun-gyi-lay-bar): rappresentano il governo, e sono i messaggeri che
trasmettono gli ordini del re. Visti spesso in discussione tra loro presso il
palazzo reale, informano il pubblico riguardo la trama della storia
rappresentata. Un Ministro è riconoscibile grazie al suo alto cappello da gnomo,
verde o rosso, senza tesa e decorato da gioielli. Una fascia, anch’essa
ingioiellata, attraversa diagonalmente il petto, al di sopra di un lungo abito
dello stesso colore del cappello. Anche i Quattro Ministri, così come i due
Prìncipi Anziani, sono divisi in due dal volto rosso e due dal volto bianco.
- I Cortigiani:
situati al gradino inferiore rispetto ai Ministri del Re, non hanno un ruolo
estremamente importante. Usano un turbante con due protuberanze a forma di
foglia, sul retro della testa. Una fascia ingioiellata attraversa l’abito
all’altezza del petto, diagonalmente, ricoprendo una lunga giacca dagli orli
bianchi. Un elaborato longyi copre le gambe, ripiegato e ampio, tanto da
toccare il terreno.
- Il Vecchio Uomo e la Vecchia Donna
(Ah-may-oh): rappresentano ordinari paesani, e i loro costumi sono
particolarmente semplici, con un camicione o una tunica su un longyi. Calzano
scarpe nere, e l’uomo ha una lunga barba bianca e baffi.
- Il Generale:
nonostante gli abiti impressionanti, il suo ruolo è relativamente secondario.
In testa porta un cappello a forma di cono, solitamente verde o rosso, con una
tesa ondulata e ricoperta di gioielli. Indossa una lunga divisa su ampi
pantaloni senza cintura, e tra le gambe tiene annodato un longyi. Calza scarpe
a forma d’uccello e, spesso, porta barba e baffi.
- I Commedianti (maschio
e femmina): sono spesso rappresentati mentre lottano e, a volte, si travestono.
Gli abiti sono da paesani, con una giacca e una camicia sopra un longyi senza
decorazioni. L’uomo è senza cappello e sorride.
- L’Angelo: se
invocato, questo essere paradisiaco è in grado di assistere gli uomini lungo il
loro cammino buddhista. Indossa una tunica, piuttosto elaborata, che ricopre le
gambe fino ai piedi.
- Gli Spiriti (Nat):
appaiono sotto diversi aspetti, mentre proteggono e fanno la guardia ad alberi,
fiumi e montagne. Rappresentano sia il male sia il bene, ma non sono così
potenti come l’Angelo. La loro entrata in scena è sempre volante, a mezz’aria.
Possono essere identificati dal cappello a cono, ricco di gioielli e con una
protuberanza a forma d’ala, che ricopre la nuca. Una corta tunica dorata e
ingioiellata copre una camicia dai polsini decorati, mentre le gambe, rivestite
da ampi pantaloni senza cintura, indossano un longyi. Anche gli Spiriti calzano
scarpe a forma d’uccello.
- L’Orco: è il
demone (Bilu o Belu) della mitologia birmana, spesso presente
nelle antiche leggende. A causa dei suoi poteri sovrannaturali, questo essere
può assumere qualsiasi aspetto desideri, generalmente con scopi malvagi.
Solitamente è rivestito di pelle verde, con un corpetto ingioiellato, a forma
di grembiule. Anche il suo volto feroce è di colore verde.
- L’Alchimista (Zawgyi):
è una specie di “Superman” orientale, il quale può assumere qualsiasi forma
desiderata. Dotato di eterna giovinezza e vitalità, il magico e mistico
Alchimista vive un’esistenza solitaria nella foresta, alla ricerca di piante e
radici medicinali. Con queste aiuta le persone che hanno bisogno. Solitamente
entra in scena volando ed è caratterizzato, a volte, da una folta barba. Tra le
mani impugna una bacchetta da prestigiatore di colore giallo e rosso, e calza
scarpe appuntite. Il cappello rosso è orlato di giallo e ha una tesa che
ricopre le orecchie. Una lunga giacca rossa spicca sui larghi pantaloni rossi e
indossa un longyi rosso tra le gambe.
- Il Bramino (Ponna):
è il consigliere del Re per ogni problema di tipo astrologico. Spesso è
rappresentato come un paesano, tutto vestito di bianco, con due orecchie a
forma d’ala che si protendono dal retro del turbante, anch’esso bianco.
- L’Eremita (Yathay):
vestito completamente con abiti marron, ha un alto cappello bruno ed è un
personaggio importante. Rappresenta le Virtù buddhiste, e potrebbe essere stato
un nobile od un principe, dal momento che, secondo la tradizione, gli ultimi
anni di una persona andrebbero passati in contemplazione, rinunciando alla vita
terrena.
- Garuda e Naga: chiaramente di origine
indù, sono nemici mortali. Il primo, noto anche col nome di Galon, è il
Re degli Uccelli, mentre il secondo è il mostruoso Re dei Serpenti. In scena
spesso combattono, ed entrambi appartengono alla classe mitologica delle
marionette (così come l’Alchimista, gli Spiriti e altri).
Esistono, inoltre, numerose altre figure ricorrenti,
di minore importanza; tra queste ritroviamo: Sin-phyu, l’elefante
bianco; Sin-net, l’elefante nero; Myin, il cavallo;
Kyar, la tigre; Makara, il serpente marino; Kyet-to-yway,
il pappagallo; Byarmar, Brahma; Natkadaw, il medium
degli Spiriti; Myauk, la scimmia; Ahpyodaw, la damigella
d’onore; Lu-shwin-daw, i due pagliacci di corte; Seik-kala,
il servo indiano.
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