I Karo sono una delle cinque etnie Batak che popolano il Nord
dell'isola di Sumatra, una delle tremila presenti in tutto l'arcipelago
indonesiano. Sono per il 90% di religione protestante - importata dal
colonialismo olandese - e conservano tradizioni di antica data. Sono gli unici,
in tutta l'Indonesia, a possedere gli ‘uomini-medicina’, specie di dottori che
curano gratuitamente chiunque ne faccia richiesta. Gli ‘uomini-medicina’
utilizzano le più svariate ricette per ricavare i loro unguenti naturali. Un elemento comune, che è alla base di tutti i
loro farmaci, è l'Uruk Benga, un uccello in via d'estinzione - proprio a
causa della sua utilità -, necessario, dicono, a ricongiungere le ossa
spezzate. È questo un animale singolare, in quanto se gli vengono rotte le
ossa, è in grado di ricominciare a volare in un paio di giorni. L'uccello viene
solitamente cotto, tutto intero, nell'olio, e ciò che ne rimane è utilizzato
come farmaco. Il governo indonesiano sta studiando un piano per difenderlo
dall'estinzione, con scarso successo.
I Karo, però, non sono noti solo per gli ‘uomini-medicina’. Essi hanno
anche la peculiarità di organizzare fastosissimi ricevimenti nel periodo che
precede il matrimonio. Prima di congiungersi, ogni coppia che si rispetti deve
tenere una grande festa, a cui partecipano centinaia di persone. Il ricevimento
è frutto di anni di preparazione, nel corso dei quali si lavora duramente per
mettere da parte il denaro necessario a coprire le molte spese, e poter
manifestare, così, il prestigio delle due famiglie. Una volta raccolta la
somma, si preparano i costumi e si spediscono gli inviti a tutti i conoscenti
nei villaggi vicini e, verso le dieci del mattino del giorno stabilito, inizia
la grande kermesse.
Il luogo di ritrovo è una grande tettoia che può ospitare, sedute, più o meno cinquecento persone. Alla mattina presto, o addirittura il giorno prima, il lavoro attorno al capannone è intenso. Si tagliano a fette enormi pezzi di carne di maiale, si preparano veri e propri bidoni (usati in origine per il kerosene) di riso, si pulisce e si ricopre di tappeti il pavimento, utilizzato nelle altre occasioni come piazza principale del villaggio, in cui incontrarsi, giocare a pallone, tenere il mercato. Le donne si occupano della pulizia del locale e preparano centinaia di stoviglie; gli uomini pensano alla cucina. Improvvisamente un annunciatore/coordinatore inizia a impartire ordini ai presenti, urlando a squarciagola in un microfono o in un altoparlante, aggirandosi nervosamente per il piazzale, predisponendo tutto l'occorrente per la buona riuscita della festa: «Un tappeto va messo per il lungo anziché per il largo, quel cane si sta mangiando la carne per gli invitati, prendetelo a calci!». L'annunciatore, che parlerà instancabilmente durante tutto il ricevimento, è una delle tre figure ricorrenti della cerimonia Karo, l'Anak Beru: è il principale responsabile della riuscita della festa, e appartiene alla famiglia dello sposo: è, di solito, il fratello (tutti, in Indonesia, hanno almeno un fratello o una sorella). Alle sue dipendenze, per eseguire gli ordini, l'Anak Beru ha un folto gruppo di aiutanti, i Menteri.
Il luogo di ritrovo è una grande tettoia che può ospitare, sedute, più o meno cinquecento persone. Alla mattina presto, o addirittura il giorno prima, il lavoro attorno al capannone è intenso. Si tagliano a fette enormi pezzi di carne di maiale, si preparano veri e propri bidoni (usati in origine per il kerosene) di riso, si pulisce e si ricopre di tappeti il pavimento, utilizzato nelle altre occasioni come piazza principale del villaggio, in cui incontrarsi, giocare a pallone, tenere il mercato. Le donne si occupano della pulizia del locale e preparano centinaia di stoviglie; gli uomini pensano alla cucina. Improvvisamente un annunciatore/coordinatore inizia a impartire ordini ai presenti, urlando a squarciagola in un microfono o in un altoparlante, aggirandosi nervosamente per il piazzale, predisponendo tutto l'occorrente per la buona riuscita della festa: «Un tappeto va messo per il lungo anziché per il largo, quel cane si sta mangiando la carne per gli invitati, prendetelo a calci!». L'annunciatore, che parlerà instancabilmente durante tutto il ricevimento, è una delle tre figure ricorrenti della cerimonia Karo, l'Anak Beru: è il principale responsabile della riuscita della festa, e appartiene alla famiglia dello sposo: è, di solito, il fratello (tutti, in Indonesia, hanno almeno un fratello o una sorella). Alle sue dipendenze, per eseguire gli ordini, l'Anak Beru ha un folto gruppo di aiutanti, i Menteri.
Incominciano ad
arrivare, ammassate nei bemo - specie di Ape-car usate come taxi -, le famiglie degli sposi, rigorosamente
separate all'interno del piazzale. Sotto l'ala sinistra si siedono i parenti
dello sposo, a destra quelli della sposa. Una rappresentanza di entrambe le
famiglie si dispone in piedi lungo l'entrata principale del capannone. Iniziano
così eterni stringimani a tutti gli invitati che, lentamente, arrivano a frotte
e si accalcano sotto la tettoia, divisi in gruppi, a seconda della sottotribù
Karo di appartenenza.
I parenti degli sposi
indossano costumi coloratissimi. Le donne hanno un enorme cappello (tudung),
unico nel genere al mondo, che tengono chiuso con spille da balia; gli uomini,
sopra alla giacca e i pantaloni 'buoni', 'da festa',
portano un sarong, abito tradizionale indonesiano, intrecciato da fili
dorati.
Tutti gli invitati e gli
appartenenti alla famiglia dello sposo devono fare, all'entrata, lunghissime
riverenze e felicitazioni ai diversi Puang Kalimbubu, seconda figura
caratteristica del ricevimento, la più importante fra tutte. I Kalimbubu appartengono
alla famiglia della sposa, e vanno rispettati quasi come dèi lungo tutta la
durata della festa. Costoro, tuttavia, non sono obbligati a fare altrettanto
con la famiglia dello sposo, considerata inferiore.
L'ultima figura ricorrente
della cerimonia è il Senina, generalmente il cugino della sposa, il
quale ha la stessa importanza dello sposo. Questa divisione di ruoli - che viene
utilizzata anche in occasione dei funerali - deriva dal sistema patriarcale dei
Karo, ed è piuttosto democratico, in quanto permette alle persone di cambiarsi
di ruolo da una festa all'altra: chi è Anak Beru durante un ricevimento, in
quello successivo potrà essere Kalimbubu, e viceversa. Tutti, dunque, possono
essere, almeno per una volta, 'importanti' come il Kalimbubu.
Finalmente arrivano i
futuri sposi, con un lungo seguito di parenti più o meno stretti. Gli
stringimani si moltiplicano, e i due vengono fatti accomodare al centro della
sala. L'annunciatore parla a voce sempre più alta, e il volume
dell'altoparlante, quasi al massimo, fa piangere i bambini più piccoli.
Da questo momento in poi
continueranno nel corso di tutta la mattinata discorsi interminabili,
prolusioni commemorative a non finire, lunghe e noiose, tenute un po' da
chiunque: amici, parenti, anziani saggi. Ogni tanto alle parole si alternano
canti lamentosi e stonati e, nelle feste più imponenti, si ascolta anche
musica, e tutti ballano, mentre l'Anak Beru parla della felicità futura degli
sposi e inventa nuovi ordini da impartire ai lavoranti.
Durante il ricevimento,
presso appositi banchetti, vengono raccolte donazioni in denaro per gli sposi:
nessuno, fra gli invitati, si esime dall'offrire almeno una piccola cifra. I
nomi degli innumerevoli donatori e la relativa somma versata sono
accuratamente annotati su lunghissimi elenchi e, a fine giornata, l'ammontare
sarà piuttosto elevato. Oltre al denaro, i
parenti stretti fanno regali in natura: riso, sarong, e due grandi materassi
nuovi, ancora avvolti nel cellofan, portati fino al luogo di ritrovo arrotolati sulla
testa delle donne.
I discorsi ora si
trasformano in ammonizioni per il futuro, e i due promessi sposi ascoltano in
silenzio, con aria assorta. Vengono quindi avvolti da un'anziana del villaggio
in un enorme sarong e, se già hanno dei bambini, alle femmine sono infilati i
primi orecchini. È quasi normale avere da tempo dei figli, dal momento che la
coppia convive già da un lungo periodo, durante il quale non ci si è sposati
perché la somma necessaria per organizzare il ricevimento non era ancora stata
raccolta.
L'Anak Beru non ne può
più di parlare, guarda impaziente l'orologio e ormai non sa cosa inventare:
parlare in continuazione, per ore ed ore, e dire sempre qualcosa di sensato non
è facile.
Ora le raccomandazioni
sembrano finite, e lo sposo ringrazia timidamente al microfono, pronunciando un
breve discorso, l'ennesimo, a voce bassa. Un'altra anziana lancia goffamente
nell'aria alcune manciate di riso, contro gli invitati, quindi, finalmente,
arriva il momento più importante del ricevimento, da tutti atteso con ansia: il
pranzo. Giganteschi pentoloni
di riso, assieme a secchi (veri e propri) di carni con litri di sughi, vengono
portati sul piazzale, e i Menteri riempiono le centinaia di piatti che
distribuiscono, attraverso lunghe catene umane, a tutti gli invitati.
Il piatto di base è
riso con fagioli, carne e vegetali; ma i Kalimbubu e gli ospiti d'onore - come
qualche raro visitatore straniero - hanno diritto a una prelibatezza in più: le
terites, il bolo non ancora digerito dalla vacca al momento della
macellazione. Appena estratto ha colore e puzzo di un escremento, ma, una volta
cotto, si riesce a mandare giù. Per i Karo questo piatto è una squisitezza, e
gli ospiti 'd'onore' non possono fare a meno di mangiarlo, per buona
educazione. Prima di gustare il
pranzo, però, tutti devono pregare, a occhi chiusi: per pochi secondi la sala,
dopo ore di baccano come sottofondo, cade in un silenzio profondo, interrotto
solamente dai bambini che piangono. I meno religiosi e i più affamati,
con poco rispetto, non attendono che la preghiera sia terminata, e assaggiano
le prime boccate di cibo, quasi di nascosto.
Dopo l'amen finale, esplode
un'abbuffata generale, frenetica e rapidissima. Le posate sono costituite dalle
mani - come in molte parti dell'Indonesia - e i pochi visitatori stranieri, non
abituati a consumare il cibo in questa maniera, impiegano il triplo di un Karo
per terminare il proprio piatto. Sembra quasi che molti invitati siano venuti
al ricevimento esclusivamente per abbuffarsi, vista la loro voracità, ma non
può essere così, dal momento che ognuno ha versato una cifra ben superiore al
costo del cibo.
Le donne masticano in
continuazione foglie di betel, che colora la bocca di rosso e ne accelera la
salivazione. Radunate in circoli sotto la tettoia, raccolgono le grandi
quantità di sputo rossastro in barattoli riciclati di latte condensato,
andandoli a svuotare, ogni tanto, fuori dalla recinzione del piazzale.
Non appena tutti sono
satolli, la festa, improvvisamente, si spegne. In pochi minuti l'annunciatore
saluta per l'ultima volta, riavvolge il filo del microfono, e ognuno se ne
torna alle proprie abitazioni, negli altri villaggi. Come lentamente il
ricevimento si è protratto lungo tutta la mattinata, ora, in un istante, tutto
finisce, la magia del luogo scompare, e non rimane altro che un po' di amaro in
bocca (dovuto probabilmente alle terites), oltre, ovviamente, allo stomaco
strapieno.
Pubblicato su Tutto Turismo
Nessun commento:
Posta un commento