mercoledì 5 giugno 2013

SPAGNA - VALENCIA, LA CITTÀ DELL'ACQUA


‘La prima a destra, passato il fiume’. Sì, ma quale fiume?
Arrivare a Valencia di notte, cercando l’indirizzo di un hotel ignoto, può essere una tragicomica caccia al tesoro. Chi tira tardi al tavolino di un bar, nel darvi le indicazioni farà riferimento a un misterioso fiume, che tutto sembra circondare, attraversare, bagnare. Eppure, tendendo le orecchie, non si sente il rumore della corrente. Aguzzando la vista scorgerete solo un parco, qualcuno che porta a spasso il cane, due fidanzatini che si tengono per mano. Il giorno dopo, un po’ perché il sole sarà sorto e ci vedrete meglio, ma soprattutto perché alla reception vi avranno spiegato come stanno le cose a Valencia, scoprirete che il fiume non c’è, se non nei discorsi della gente. O meglio, non c’è più, non lì. È stato deviato, qualche decennio fa. Al suo posto un immenso, bel giardino circolare, che abbraccia il cuore, il Casco Antiguo della città, fornendole un polmone d’ossigeno insostituibile. Il letto del Túria - questo il nome del fantomatico fiume - è stato convertito in Jardí, giardino, nel catalano di Valencia. Più che ‘giardino’ sembra una tangenziale trasformata in parco. In effetti, spostato il Túria più a sud (nel 1949 e nel 1957 traboccò, uccidendo decine di persone), all’epoca qualche intelligentone innovatore propose di trasformare il letto asciutto in un’autostrada. Ma la comunità locale, più lungimirante e intelligente degli intelligentoni di turno, votò per un parco (l’autostrada finì dove doveva finire, fuori dal tracciato urbano). I valenzani possono esibire, fra le tante, una medaglia che molte città europee, dopo essere state prese da raptus modernisti, dovrebbero invidiare: la capacità di pensare al futuro.







Fantascienza, più che futuro
I valenzani pensano tanto al futuro che se, il primo posto della città in cui veniste catapultati fosse la Ciutat de les Arts i les Ciències (CAC), disegnata da Santiago Calatrava e Félix Candela, pensereste di essere su un altro pianeta. Architettonicamente molto più avanti della vecchia Terra. 







Linee apparentemente impazzite, ma che nell’insieme formano un unicum sensazionale, anche per chi non è fanatico del moderno. Qui il Señor Calatrava, una specie di Dio locale - il suo appartamento spicca per modernità su Plaza de la Virgen - ha voluto strafare. Non si è accontentato di disegnare un edificio dei suoi, ma ha partorito una mini-città, con il pensiero rivolto al Tremila. Impossibile non aprire la bocca in un lungo ooohhh di stupore, la prima volta che ci si trova al livello dell’enorme piscina che le fa da tappeto. Visto il calore estivo, la seconda sensazione, dopo l’ooohhh, sarà quella di tuffarci. Ma, basta guardarsi in giro, nessuno lo fa. Non siamo alla fontana di Trevi, qui i barbari accaldati vengono prontamente redarguiti dai vigilantes che tengono calmini i turisti smaniosi di protagonismo. 



Per sopravvivere alla calura estiva è meglio andare a invidiare i delfini dell’Oceanogràfic, lo spettacolare acquario che fa parte del complesso. Oppure i misteriosi beluga, forse anch’essi venuti da Marte, a sguazzare nelle fresche acque del reparto Ártico. Poi, per approfondire, vale la pena passare qualche ora all’interno del grande Museo de las Ciencias Príncipe Felipe. Volete sapere che cosa c’è sotto il vostro ombelico? Un marchingegno ve lo farà capire, basta afferrare l’elastico che parte dall’addome di una fotografia e tirare (immaginando che sia il vostro intestino). Il motto del museo: è proibito NON toccare. Moto amatissimo dalle scolaresche in visita, che corrono eccitate dal reparto dei supereroi a quello di Indiana Jones, dove si ammirano tutti i suoi gadget più famosi (il cappello, la frusta, la moto, l’arca perduta).




Inseguendo l’acqua
Dalle acque dell’Oceanogràfic a quelle del Casco Antiguo. Due fiumi, otto canali, questo il capitale idrologico della città, dalla notte dei tempi. A ricordarne l’importanza, la fontana del Rio Túria, simbolo del capitale della città: visitandola d’estate si capisce al volo quanto qui l’agua sia importante. 



Il fiume ‘traslocato’ è simboleggiato dalla statua al centro, alimentato dagli otto canali urbani, rappresentati dalle statue minori che riversano il prezioso liquido dalle brocche. Alla loro base il nome di ogni canale, nome che ritroviamo sulle sedie del Tribunal de las Aguas, le cui riunioni - il giovedì mattina, nel piccolo recinto circolare di ferro battuto su un lato della Cattedrale - sono un breve ma intenso evento seguito da torme di turisti. 



Il tribunale, composto da giudici in nero, si riunisce e ascolta eventuali discussioni sull’utilizzo dei canali. Un esercizio pubblico di democrazia diretta, di antica data. Per l’occasione vengono convocati i rappresentanti degli agricoltori, ma non sempre la discussione è garantita (il più delle volte regna la pax dell’equa spartizione). Da qui, se tra le mani avessimo una bacchetta da rabdomante, verremmo trascinati all’interno della sontuosa Cattedrale, su Plaza de la Reina. 







La bacchetta, varcata la soglia, ci porterebbe sul fondo della chiesa, dov’è custodita una reliquia inquietante: il braccio sinistro di San Vicente, santo ‘miracoloso’ che, secondo la credenza popolare, trovava l’acqua. Lui sì, che era dotato di una bacchetta rabdomante naturale: l’indice sinistro. Ogni volta che lo alzava - si dice che lo fece con successo novecento volte - trovava una sorgente. 



La mano è così contorta da far cadere in errore tutte le scolaresche in visita alla domanda ricorrente: ‘È il braccio sinistro o destro?’ Chiunque risponderebbe ‘destro’, in realtà è il sinistro. Alle spalle della mano, la statua della Madonna del Pilar, protettrice delle donne incinte. Capita spesso di vederne qualcuna, qui per renderle omaggio facendo qualche giro rituale della chiesa, un atto dovuto se si ha fede e si vuole che la gravidanza abbia un lieto esito. E poi, nella cappella del Santo Calice, è conservato il preziosissimo Sacro Graal (uno fra gli svariati), una coppa di agata che avrebbe contenuto il sangue di Cristo durante l’Ultima Cena. 






Visitato il museo della Cattedrale, ammirato qualche dipinto del Goya, non si può lasciare la chiesa senza aver affrontato i duecento gradini e passa del Miguelete, la torre campanaria. Solo da lassù si capisce com’è strutturata Valencia e si ha l’illusione di possedere, in qualche modo, la città.


Da Ruzafa alla spiaggia
Sembra un po’ la San Lorenzo romana che fu, il quartiere di Ruzafa. Grandi condomini, alcuni belli, altri così così. Ex barrio popolare, fino a poco tempo fa in mano ai cinesi, oggi traslocati, oggi è il quartiere ‘in’ per la vita bohemienne: piccoli locali di tendenza - dall’Ubik Café, caffè/ristorante/libreria/spazio culturale gestito da giovani italiani, a Gnomo, negozio di lifestyle nella vecchia sede dell’Unione dei Maghi, con oggetti particolari -, sui muri le serigrafie matte di Vinz Feel, gallerie d’arte, negozi di alimentari multietnici e il mercato rionale, le cui pareti riprendono i caldi colori - arancione, verde - delle succose arance valenzane. 





Poi, ancora acqua. Stavolta quella del mare. Non lontano, magari in taxi, si può raggiungere la Marina Reale Juan Carlos I, dominata dalle installazioni dell’America’s Cup, in attesa di una nuova destinazione d’uso. Fra queste, il futuristico Edificio Veles e Vents, la cui forma riprenderebbe il gesto di un marinaio che scruta l’orizzonte. Alla sua base si può provare l’ebbrezza di attraversare a piedi un circuito di Formula Uno, per raggiungere la prima delle grandi spiagge valenzane, Playa de las Arenas. Tra palme e ristoranti - alcuni storici, come La Pepica: 40 kg di paellas servite ogni giorno e, alle pareti, una collezione di foto di clienti VIP, tra cui un Hemingway alticcio -, il Paseo Neptuno raggiunge la spiaggia di Malvarrosa. 



L’abitato, con belle casette basse che sembrano uscite da un racconto di pescatori, qualche tempo fa doveva essere abbattuto dal solito intelligentone di turno al governo. Spazio alla modernità (e alle speculazioni edilizie)! Poi, per fortuna, a Valencia, città d’acqua, quel governo è stato spazzato via, come da un’onda. E nessuno ha più pensato di abbattere Malvarrosa. A volte il migliore futuro è il passato. I valenzani lo sanno.
  
 

Acquisti, per chi non sente la crisi
In giardino avete trovato il petrolio? Allora potrete permettervi di riempire le borse della spesa da Las Añadas de España (www.lasanadas.es, Játiva 3, vicino alla stazione ferroviaria del Norte), che si fregia di vendere il prosciutto (jamón serrano) più caro di Spagna (marca Joselito, 1980 euro la coscia intera), il vino (2870 euro la bottiglia), il whisky (2800 euro), oltre a tutte le migliori marche di vino locali e spagnole. Per rimanere nella fascia alta, non mancate, almeno per una visita, il negozio di ceramiche artistiche Lladró (www.lladro.com, Calle Poeta Querol 9, vicino alla posta centrale). Alcuni oggetti (non tutti) sono davvero di buon gusto, e il negozio - nonostante lo ‘strano’ nome è un’istituzione valenciana - ha addirittura un museo a nord della città (Carrettera Alboraya, Tavernes Blanques), raggiungibile con il bus n°16.


Valencia Tourist Card
Per conoscere Valencia non c’è nulla di meglio di una Valencia Tourist Card (www.valenciatouristcard.com/es/que-es), un conveniente abbonamento disponibile in tre versioni (15 euro per 24 ore; 20 euro per 48 ore; 25 euro per 72 ore; 10% di sconto se acquistata on-line) ideale per utilizzare gratuitamente i mezzi pubblici (metro - incluso quello da/per l’aeroporto - e bus) e ottenere numerosi sconti nei musei (alcuni addirittura gratis, con la card), ristoranti, bar e negozi (riconoscibili per l’adesivo VLC all’ingresso). Carta magnetica, si attiva al primo utilizzo facendola scorrere sul lettore apposito all’interno degli autobus o all’ingresso della metropolitana. Per le famiglie con bambini dai 6 ai 12 anni è disponibile la Family Card, a prezzo ridotto. La si acquista presso i distributori automatici in aeroporto (arrivi), così come nei punti di informazione turistica (aeroporto, Plaza de la Reina, Plaza del Ayuntamiento - di fronte alla posta centrale - e alla stazione Joaquín Sorolla). Assieme alla card vi verrà dato un libricino dove sono elencati gli innumerevoli locali che offrono uno sconto.


Per un’horciata fatta come un valenzano comanda
El Siglo (Plaza de Santa Catalina), dal 1836 serve fresca horciata: acqua, zucchero e latte di chufa (tubercolo della piana di Valencia, babagigi o zigolo dolce in italiano), da accompagnare con fartóns (panini dolci, da inzuppare).


Terrazza al pianterreno?
In spagnolo terraza, oltre a ‘terrazza’, indica la superficie esterna, al pianterreno di un caffè o ristorante, in cui ci sono i tavolini. Quando il cameriere vi chiede se volete accomodarvi nella terraza, non guardate i piani superiori…


A Valencia, in incognito
Siete in fuga dagli investigatori privati? Rifugiatevi da Hair up (Avenida Maria Cristina 1, vicino al Municipio), dove potrete comprare un paio di baffi finti. Oppure: parrucche di capelli veri e applicazioni per la festa delle Fallas


Il ‘Cagone’, un’istituzione valenciana
Sulla destra della porta del cortile degli Aranci, nella Lonja de la Seda, scovate il bassorilievo gotico del ‘Cagone’, un’icona valenzana. Viene ripreso nelle feste popolari locali, per farsi beffa del politico poco amato di turno.



RISTORANTI
Lalola
Calle Subida del Toledano 8, vicino a Plaza de la Reina
www.lalolarestaurante.com
tel. 96 391 80 45
Ottima cucina spagnola, raffinata ma non pretenziosa, in un locale accogliente - con tavolini su una viuzza riservata - e ricco di design. Eccellente la paella valenciana, con funghi e secreto iberico (parte interna del lombo) di maiale. Tapas, piatti di carne e di pesce. Per chi ha un appetito insaziabile, offre la formula 6 piatti a 45 euro. Per aprire le danze, una sopita cítrica, spremuta di agrumi e frutta serviti in un bel piatto fondo, e per concludere il Flor de Esgueva, dessert al cioccolato bianco e formaggio. Se possibile, seduti vicino alle gabbiette con gli uccellini canterini.

L’Eriçò
Paseo Neptuno 62
Playa de las Arenas
www.restauranteelerizo.com
tel. 96 344 73 62
Eccellente arroceria (ristorante specializzato in piatti a base di riso, paella in primis) a prezzi contenuti, sul lungomare a breve distanza dal circuito di F1. Ottimi calamari alla Romana e acque minerali ‘firmate’.


ALLOGGI
Caro Hotel
Calle Almirante 14
www.carohotel.com
tel. 96 305 90 00
Centralissimo -a 200 m. dalla Cattedrale -, non fatevi spaventare dal nome (le stanze partono da 119 euro a notte): deriva da Palacio Marqués de Caro, l’edificio storico in cui è ospitato. L’hotel, in realtà, potrebbe essere anche un museo: ogni sala e camera (26, tutte diverse fra loro) conserva qualche reperto di grande valore, perlopiù resti dell’antica città romana che si alternano al design moderno. Lo stesso vale per l’ottimo ristorante, Alma del Temple: aperto di recente, offre raffinati piatti della cucina spagnola.


Ad Hoc Hotel
Calle Boix 4
www.adhochotels.com
tel. 96 391 91 40
Ubicato in una viuzza a pochi passi da Plaza Poeta Llorente (‘lungofiume’ Pintor López), è un semplice ma accogliente 3* in posizione centrale, perfettamente collegato (bus, metro) al resto della città. Camere con soffitti originali dell’antico palazzo rammodernato, wifi e colazione abbondante inclusa nel ristorante al pianterreno (ottimo caffelatte!).

Da non perdere
Se la fantascienza della CAC non fosse stata sufficiente, non mancate quella dell’IVAM (Institut Valencià d’Art Modern), qui sotto forma d’arte. Un mix di mostre permanenti - come quella dedicata a Julio González e alla figlia Roberta - e temporanee, anche nella Sala de la Muralla, spazio espositivo annesso all’IVAM caratterizzato da un’antica muraglia sotterranea.



Davvero da non perdere il Museo Nacional de Cerámica y Artes Suntuarias González Martí. Sia per la ricca facciata esterna, con rilievi dedicati alle acque dei fiumi e canali della città, sia per la preziosissima collezione di ceramiche provenienti da mezzo mondo, fra cui alcune di Pablo Picasso.







Interessante, inoltre, la stazione dei treni del Norte. All’interno ci sono belle decorazioni Liberty, fra azulejos ispirati alla regione di Albufera, scritte buon viaggio! in più lingue (incluso l’italiano) e biglietterie con un elegante design su legno. Cercate, tra le finestre, quella dedicata alle arance valenzane.



Chi visita Valencia tra il primo e il 19 marzo non potrà non essere travolto dall’euforia per le Fallas, fiesta popolare dedicata a San Giuseppe. In quell’occasione, la festa più importante e nota della città, vengono dati alle fiamme grandi fantocci di cartapesta. Indispensabili, per chi ci tiene ai timpani, i tappi per le orecchie: i petardi la fanno da padrone, soprattutto dal 15 al 19 marzo.
Dulcis in fundo, non mancate di visitare la vicina, romantica Albufera, il cui parco conserva il mondo idilliaco che fu: canneti, casette dall’architettura tradizionale, panorami rurali e marini d’altri tempi. Qui, da ingredienti poveri, nacque la paella. Per raggiungerla ci sono i comodi bus che partono da Plaza de la Reina (15 euro). Ideale fare questa escursione, d’estate, per godere il tramonto in riva al mare.




Shopping
Chi è alla ricerca di qualche manufatto valenzano non dovrebbe mancare il mercatino di artigianato all’ingresso della cattedrale. Per pochi euro si possono acquistare bei vasi gialli di terracotta decorati con temi floreali, oppure i tradizionali vasetti in miniatura trasformati in fischietto. Nel settore culinario, al Mercado Central si possono reperire tutti gli alimenti spagnoli - dal jamón serrano alle olive gigantesche, dagli insaccati ai formaggi -, ma se cercate qualcosa di valenzano scovate le bancarelle che vendono riso e legumi. 





Qui, oltre al riso della regione - le marche più VIP sono vendute in bei sacchetti di tela e possono essere un ottimo souvenir-regalo -, troverete i sacchetti di chufa (in italiano babagigi o zigolo dolce, 1,25 euro al sacchettino), da cui si ottiene l’horciata. Subito fuori dal mercato, lungo la via che porta alla Lonja de la Seda, potrete acquistare una pentola per la paella della dimensione che vorrete (da quella monodose per pranzo d’asilo a quella XXL da caserma). Ne esistono due tipi: quella tradizionale (non antiaderente) e quella moderna/per turisti (antiaderente, un po’ più costosa). Quella per due persone va dai 10 ai 15 euro circa. Chi ama il vino può cercare qualche buona etichetta locale, per esempio il rosso o il bianco Mestizaje, prodotti dalla cantina Mustiguillo.


Paella Valenciana (quella vera)
Ogni tanto è bello sfatare qualche mito, no? Ebbene, la paella, quella valenzana, la madre di tutte le paellas, NON è a base di pesce, ma di carne. In particolare coniglio - abbondanti nella vicina regione di Albufera, dove tutto ebbe origine -, oppure pollo (a volte anche lumache); eventualmente, volendo allargarci al resto della Spagna, qualche fettina di jamón serrano (prosciutto) abbrustolita nel mezzo, tipo ciliegina-sulla-torta. La paella con il pesce e i frutti di mare, per non parlare di quella con carne e pesce, è nata poi, scodellata anche e soprattutto per i turisti. Ecco come preparare quella autentica:
Innanzitutto, indispensabile, una paella, la padella bassa e larga tradizionale.

INGREDIENTI:
coniglio 400 gr
pollo 400 gr
riso (arborio od originario) 400 gr
zafferano in polvere (2 bustine)
fagioli bianchi di Spagna (lessi, 200 gr)
fagiolini (‘piattoni’, 150 gr)
olio di oliva (4 cucchiai)
sale (quanto basta)
acqua (calda o brodo vegetale, 1,2 litri)
e, volendo: 1 cucchiaio di peperoncino dolce in polvere; un po’ di vino rosso



PREPARAZIONE:
Innanzitutto pulite e tagliate in tocchetti pollo e coniglio, quindi mettete un po’ di olio nella paella a friggere, con sale. Aggiungetevi la carne a rosolare per circa un quarto d’ora (magari rosolatela con un po’ di vino rosso, per insaporirla). Quando questa sarà rosolata, aggiungetevi i fagiolini ‘piattoni’ tagliati (3 fettine per ogni fagiolino), quindi i fagioli bianchi di Spagna. Soffriggete ancora, e quando tutto si asciuga aggiungete l’acqua o il brodo, un mestolo per volta, e lo zafferano (ed eventualmente il peperoncino), mescolando. Assaggiate per controllare la quantità di sale, quindi mettete il riso, sparpagliandolo su tutta la paella e non toccandolo più, sino a fine cottura. Alzate il fuoco e tenetelo alto per 7-8 minuti, finché l’acqua non si asciuga, quindi abbassatelo a fuoco medio per un’altra decina di minuti. Passato questo tempo, controllate al centro della paella: quando l’acqua si è asciugata e il riso inizia ad attaccarsi è l’ora di toglierla dal fuoco e servirla così com’è, fumante, in tavola. Necessario un appetito abbondante. ¡Que aproveche!

Come arrivare
Ryanair (www.ryanair.com/it) ha ottimi voli da diversi aeroporti italiani direttamente a Valencia.

pubblicato su Viaggiando
http://www.viaggiando.tv/reportage/74/65_valencia-la-citt-dellacqua


altre foto di Valencia su:
http://www.agefotostock.com/age/ingles/isphga01.asp?querystr=valencia&ph=scozzari&Page=1


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