lunedì 1 aprile 2013

ITALIA - VIGNOLA E LA FESTA DEI CILIEGI IN FIORE


 

A ventidue chilometri da Modena, in una zona prossima ai parchi dei Sassi di Rocca Malatina, dell’Abbazia di Monteveglio e alla riserva delle Salse di Nirano, si trova la cittadina di Vignola, nota in tutta Italia per le sue ottime ciliegie: i duroni scuri. Attraversata dal fiume Panaro, che scorre lungo l’Appennino modenese, Vignola si trova al centro di un’area pregna di storia: Savignano sul Panaro, Spilamberto, Castello di Serravalle, Bazzano, Campiglio, tutti borghi medioevali, oggi cresciuti attorno a un’economia fiorente e un’agricoltura prospera.
In onore al suo principale prodotto - la ciliegia -, Vignola dedica ogni anno, dalla fine di marzo a maggio, l’imponente Festa del Ciliegio Fiorito (http://www.centrostudivignola.it/programma%20delle%20manifestazioni%202013.htm). Nella vallata che circonda la cittadina, in questo periodo che precede di poco la crescita dei frutti e la loro raccolta, centinaia di alberi sbocciano in fiore e i lievi pendii, alternati alle ampie pianure, sembrano innevati: il bianco dei fiori di ciliegio domina sul verde dei campi e lo spettacolo, se osservato da un punto strategico, come la cima della Rocca, è stupefacente.
Durante la festa sfilano carrozzoni allegorici per le vie della città, così come molti figuranti in costumi medioevali. Una fiera, concentrata nel mercato - ‘borsa’ per eccellenza del durone - e nelle vie del centro, fa da contorno alle sfilate. In questa occasione viene anche fatto funzionare il cosiddetto ‘Treno dei Ciliegi’, un treno composto di pochi vagoni che parte, fin da data immemorabile, da Bologna. A bordo del Treno dei Ciliegi sono ospitati gratuitamente tutti i passeggeri che ne fanno richiesta,e la piccola stazioncina di Vignola rivive, per brevi istanti, i suoi momenti di gloria passati. Al suo interno è ospitata un’interessante collezione numismatica sui treni storici e una mostra fotografica sul Treno dei Ciliegi.
  
 

La ciliegia, regina della città
Vignola deve il suo nome alle vigne - dal latino vineola, ‘piccola vigna’ -: qui, infatti, fino al secolo passato, erano diffusissime le viti da vino, andate totalmente distrutte dalla filossera. La popolazione locale, però, posta di fronte a questa tragedia economica, seppe reagire prontamente: tutti i terreni furono convertiti al ciliegio. Oggi questa prospera attività può contare ben tremila aziende sparse nei ventotto comuni modenesi e bolognesi, tutte riunite nel Consorzio della ciliegia e della frutta tipica di Vignola. Il consorzio, oltre che della diffusione del prodotto, si occupa di garantire un’adeguata assistenza tecnica gratuita ai produttori, di migliorare le tecniche produttive e la conservazione degli alberi e dei frutti, di organizzare corsi agrari, di offrire un sussidio in occasione dell’impianto di nuovi cesareti e di organizzare visite guidate alle aziende meglio gestite. Mediamente, ogni anno, a Vignola si producono 80.000 quintali di ciliegie, divise in categorie differenti: il durone I e II, la ‘mora’ di Vignola - tradizionale del luogo -, la Van del Canada e il durone Ferrovia, originario della Puglia. Parallelamente a questi metodi tradizionali di coltivazione, a Vignola hanno sede anche l’Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica) e il Salto (consorzio regionale dei produttori biologici - ottanta - dell’Emilia Romagna). Entrambe le associazioni si basano su coltivazioni che non utilizzano in alcun modo fertilizzanti chimici e sono in costante crescita per numero di soci.


La ciliegia, in effetti, costituisce un’importante voce dell’economia nazionale, oltreché di quella vignolese. Basti pensare che l’Italia è il secondo produttore della CEE dopo la Germania, Paese al quarto posto nella produzione mondiale dopo Turchia, USA ed ex Jugoslavia. La produzione italiana di ciliegie gira attorno alle 111.500 tonnellate l’anno, pari all’11,6% di quella mondiale e al 22,7 di quella comunitaria. L’Emilia Romagna è al terzo posto fra le regioni italiane, dopo Campania e Puglia, con un’area dedicata al ciliegio di ben 29.000 ettari.


Un po’ di storia
Vignola, oltre che una florida coltura agricola, vanta anche un passato ricco di eventi. La prima menzione di questa località si ritrova in un documento di permuta dell’abbazia di Nonantola - altra località del modenese - dell’826: questa abbazia, fondata dai Longobardi nel VII sec., era allora la più importante e potente dell’Italia settentrionale. Allora, si suppone, l’imponente Rocca - che ancor oggi domina la città - fu eretta. In quel buio periodo, infatti, caratterizzato dalla fine della dinastia carolingia e dall’invasione degli Ungari, quasi tutti i centri abitati della regione innalzarono torri e recinti fortificati. La tradizione attribuisce alla stessa abbazia nonantolana l’edificazione di questo primo fortilizio e già in un documento del 936 viene citato come esso venga sottoposto al dominio del Vescovo di Modena.


Se la Rocca sorse come struttura difensiva-offensiva e mantenne tale impronta anche durante la signoria dei Grassoni nel XIV sec., è con i Contrari, investiti del feudo da casa d’Este nel 1401, che mutò profondamente la sua funzione, trasformandosi in sontuosa dimora, ricca di decorazioni e di affreschi. Qui furono accolti i membri della famiglia dominante, vissuta negli agi e nella magnificenza della corte ferrarese. Estinta la dinastia dei Contrari, la Rocca venne acquistata nel 1577 dai Boncompagni-Ludovisi, i quali, però, non amministrarono mai direttamente il feudo. Proprio per questo motivo, nel corso dell’Ottocento, trovarono al suo interno naturale sviluppo le istituzioni sociali della cittadina: il Municipio, la Biblioteca e la Cassa di Risparmio.
La visita alla Rocca è gratuita e offre un’ottima occasione per rivivere l’atmosfera medievale, così come la possibilità di osservare l’intera cittadina dall’alto dei torrioni angolari. La Rocca è strutturata su cinque piani: nei sotterranei si trovano le due sale Contrari e Grassoni, utilizzate per convegni e concerti. Il piano terra è costituito dalle sale di rappresentanza dette dei Leoni - visibili negli affreschi sul soffitto - e dei Leopardi, delle Colombe e degli Anelli, solitamente usate oggi come spazi per mostre d’arte. Al primo piano sono collocate le stanze nobili: delle Dame, del Padiglione, degli Stemmi, dei Tronchi d’Albero, lo Studio e la Cappella, affrescata con preziosi e ben conservati cicli di pitture tardogotiche del ‘Maestro di Vignola’.
Al secondo piano si aprono locali spaziosi - almeno per l’epoca - utilizzati dalle truppe di stanza alla Rocca e dal personale di servizio. L’ultimo piano è occupato dai camminamenti di ronda che percorrono circolarmente l’edificio, collegando fra loro le tre torri: di Nonantola, delle Donne e del Pennello. Da qui, ove troviamo una campana funzionante, si può godere una bella vista panoramica sulla città, sui campi a ciliegio, sulla Valle del Panaro e sulla catena di piccole industrie che la punteggiano e che ne hanno consolidato la fortuna economica. Interessante, infine, è la cella di Ugo Foscolo, minuscola e incuneata fra gli angusti passaggi dai tanti scalini che si snodano tra i vari livelli dell’edificio. La Rocca è stata acquistata nel 1965 dalla Cassa di Risparmio, la quale, fin da allora, ha avviato un’encomiabile opera di restauro generale, sia delle sale sia degli affreschi.


Un altro edificio degno di nota, lasciata la Rocca, è il Palazzo Barozzi, situato nella piazza antistante. Al suo interno è conservata una bella scala elicoidale attribuita a Jacopo Barozzi, detto ‘Il Vignola’, così come il piccolo oratorio della Pusterla, che si apre nel muro di cinta della Rocca.


Prima di lasciare Vignola, però, non dimenticate di assaggiare una fetta della tradizionale torta Barozzi, a base di cioccolato e dedicata al suo artista più importante.
Pubblicato su Qui Touring

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