A
ventidue chilometri da Modena, in una zona prossima ai parchi dei Sassi di
Rocca Malatina, dell’Abbazia di Monteveglio e alla riserva delle Salse di
Nirano, si trova la cittadina di Vignola, nota in tutta Italia per le sue ottime
ciliegie: i duroni scuri. Attraversata dal fiume Panaro, che scorre lungo
l’Appennino modenese, Vignola si trova al centro di un’area pregna di storia:
Savignano sul Panaro, Spilamberto, Castello di Serravalle, Bazzano, Campiglio,
tutti borghi medioevali, oggi cresciuti attorno a un’economia fiorente e
un’agricoltura prospera.
In onore
al suo principale prodotto - la ciliegia -, Vignola dedica ogni anno, dalla fine di marzo a maggio,
l’imponente Festa del Ciliegio Fiorito (http://www.centrostudivignola.it/programma%20delle%20manifestazioni%202013.htm).
Nella vallata che circonda la cittadina, in questo periodo che precede di poco
la crescita dei frutti e la loro raccolta, centinaia di alberi sbocciano in
fiore e i lievi pendii, alternati alle ampie pianure, sembrano innevati: il
bianco dei fiori di ciliegio domina sul verde dei campi e lo spettacolo, se
osservato da un punto strategico, come la cima della Rocca, è stupefacente.
Durante
la festa sfilano carrozzoni allegorici per le vie della città, così come molti
figuranti in costumi medioevali. Una fiera, concentrata nel mercato - ‘borsa’
per eccellenza del durone - e nelle vie del centro, fa da contorno alle
sfilate. In questa occasione viene anche fatto funzionare il cosiddetto ‘Treno
dei Ciliegi’, un treno composto di pochi vagoni che parte, fin da data
immemorabile, da Bologna. A bordo del Treno dei Ciliegi sono ospitati
gratuitamente tutti i passeggeri che ne fanno richiesta,e la piccola
stazioncina di Vignola rivive, per brevi istanti, i suoi momenti di gloria
passati. Al suo interno è ospitata un’interessante collezione numismatica sui
treni storici e una mostra fotografica sul Treno dei Ciliegi.
La ciliegia, regina della città
Vignola
deve il suo nome alle vigne - dal latino vineola, ‘piccola vigna’ -:
qui, infatti, fino al secolo passato, erano diffusissime le viti da vino,
andate totalmente distrutte dalla filossera. La popolazione locale, però, posta
di fronte a questa tragedia economica, seppe reagire prontamente: tutti i
terreni furono convertiti al ciliegio. Oggi questa prospera attività può
contare ben tremila aziende sparse nei ventotto comuni modenesi e bolognesi,
tutte riunite nel Consorzio della
ciliegia e della frutta tipica di Vignola. Il consorzio, oltre che della
diffusione del prodotto, si occupa di garantire un’adeguata assistenza tecnica
gratuita ai produttori, di migliorare le tecniche produttive e la conservazione
degli alberi e dei frutti, di organizzare corsi agrari, di offrire un sussidio
in occasione dell’impianto di nuovi cesareti e di organizzare visite guidate
alle aziende meglio gestite. Mediamente, ogni anno, a Vignola si producono
80.000 quintali di ciliegie, divise in categorie differenti: il durone I e II,
la ‘mora’ di Vignola - tradizionale del luogo -, la Van del Canada e il durone
Ferrovia, originario della Puglia. Parallelamente a questi metodi tradizionali
di coltivazione, a Vignola hanno sede anche l’Aiab (Associazione italiana
agricoltura biologica) e il Salto (consorzio regionale dei produttori biologici
- ottanta - dell’Emilia Romagna). Entrambe le associazioni si basano su
coltivazioni che non utilizzano in alcun modo fertilizzanti chimici e sono in
costante crescita per numero di soci.
La
ciliegia, in effetti, costituisce un’importante voce dell’economia nazionale,
oltreché di quella vignolese. Basti pensare che l’Italia è il secondo
produttore della CEE dopo la Germania, Paese al quarto posto nella produzione
mondiale dopo Turchia, USA ed ex Jugoslavia. La produzione italiana di ciliegie
gira attorno alle 111.500 tonnellate l’anno, pari all’11,6% di quella mondiale
e al 22,7 di quella comunitaria. L’Emilia Romagna è al terzo posto fra le
regioni italiane, dopo Campania e Puglia, con un’area dedicata al ciliegio di
ben 29.000 ettari.
Un po’
di storia
Vignola, oltre che una florida coltura agricola, vanta
anche un passato ricco di eventi. La prima menzione di questa località si
ritrova in un documento di permuta dell’abbazia di Nonantola - altra località
del modenese - dell’826: questa abbazia, fondata dai Longobardi nel VII sec.,
era allora la più importante e potente dell’Italia settentrionale. Allora, si
suppone, l’imponente Rocca - che
ancor oggi domina la città - fu eretta. In quel buio periodo, infatti,
caratterizzato dalla fine della dinastia carolingia e dall’invasione degli
Ungari, quasi tutti i centri abitati della regione innalzarono torri e recinti
fortificati. La tradizione attribuisce alla stessa abbazia nonantolana
l’edificazione di questo primo fortilizio e già in un documento del 936 viene
citato come esso venga sottoposto al dominio del Vescovo di Modena.
Se la Rocca sorse come struttura difensiva-offensiva e
mantenne tale impronta anche durante la signoria dei Grassoni nel XIV sec., è
con i Contrari, investiti del feudo da casa d’Este nel 1401, che mutò
profondamente la sua funzione, trasformandosi in sontuosa dimora, ricca di
decorazioni e di affreschi. Qui furono accolti i membri della famiglia
dominante, vissuta negli agi e nella magnificenza della corte ferrarese. Estinta
la dinastia dei Contrari, la Rocca venne acquistata nel 1577 dai
Boncompagni-Ludovisi, i quali, però, non amministrarono mai direttamente il
feudo. Proprio per questo motivo, nel corso dell’Ottocento, trovarono al suo
interno naturale sviluppo le istituzioni sociali della cittadina: il Municipio,
la Biblioteca e la Cassa di Risparmio.
La visita alla Rocca è gratuita e offre un’ottima
occasione per rivivere l’atmosfera medievale, così come la possibilità di osservare
l’intera cittadina dall’alto dei torrioni angolari. La Rocca è strutturata su
cinque piani: nei sotterranei si trovano le due sale Contrari e Grassoni,
utilizzate per convegni e concerti. Il piano terra è costituito dalle sale di
rappresentanza dette dei Leoni - visibili negli affreschi sul soffitto - e dei
Leopardi, delle Colombe e degli Anelli, solitamente usate oggi come spazi per
mostre d’arte. Al primo piano sono collocate le stanze nobili: delle Dame, del
Padiglione, degli Stemmi, dei Tronchi d’Albero, lo Studio e la Cappella,
affrescata con preziosi e ben conservati cicli di pitture tardogotiche del
‘Maestro di Vignola’.
Al secondo piano si aprono locali spaziosi - almeno
per l’epoca - utilizzati dalle truppe di stanza alla Rocca e dal personale di
servizio. L’ultimo piano è occupato dai camminamenti di ronda che percorrono
circolarmente l’edificio, collegando fra loro le tre torri: di Nonantola, delle
Donne e del Pennello. Da qui, ove troviamo una campana funzionante, si può
godere una bella vista panoramica sulla città, sui campi a ciliegio, sulla
Valle del Panaro e sulla catena di piccole industrie che la punteggiano e che
ne hanno consolidato la fortuna economica. Interessante, infine, è la cella di
Ugo Foscolo, minuscola e incuneata fra gli angusti passaggi dai tanti scalini
che si snodano tra i vari livelli dell’edificio. La Rocca è stata acquistata
nel 1965 dalla Cassa di Risparmio, la quale, fin da allora, ha avviato
un’encomiabile opera di restauro generale, sia delle sale sia degli affreschi.
Un altro edificio degno di nota, lasciata la Rocca, è
il Palazzo Barozzi, situato nella piazza antistante. Al suo interno è
conservata una bella scala elicoidale
attribuita a Jacopo Barozzi, detto ‘Il Vignola’, così come il piccolo oratorio
della Pusterla, che si apre nel muro di cinta della Rocca.
Prima di lasciare Vignola, però, non dimenticate di
assaggiare una fetta della tradizionale torta Barozzi, a base di cioccolato e dedicata
al suo artista più importante.
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