mercoledì 4 luglio 2012

COSTARICA - DA COSTA A COSTA

  
Il Paese centramericano, da decenni bandiera dell’ecosistema, è ideale per un viaggio coast-to-coast, in libertà, con un’auto a nolo. Buone strade e distanze limitate permettono di godere di una vacanza in piena indipendenza. Ecco un possibile itinerario - che si può seguire in parte anche in autobus, se non si vuole guidare -, a partire dalla capitale.

UN AUTO, E VIA
All’aeroporto internazionale di San José (a circa 17 km dal centro; conservate 28$ per la tassa di uscita dal Paese), così come nel centro della città (Paseo Colón), si può noleggiare un’auto presso Budget (budget.co.cr): sono disponibili diversi tipi di Toyota (auto da città e SUV) e la Bego Daihatsu (cambio automatico). Per girare in centro a San José nulla di meglio dei piedi: le vie sono strette e il traffico impossibile. Meglio lasciare l’auto in un parqueo custodito a pagamento o in quello dell’hotel.










1 - SAN JOSÉ
Città da conoscere con calma, San José, a partire dal suo cuore, la Plaza de la Cultura. Il Teatro Nacional, di fine Ottocento, restaurato all’interno di recente, è considerato l’edificio più raffinato della città, simbolo del periodo d’oro del caffè. I suoi muri trasudano italianità. La costruzione del palazzo neoclassico fu portata a termine da un ingegnere italiano, e il grande affresco Allegoria del caffè e delle banane, del milanese Aleardo Villa, è stato riprodotto sulla banconota da cinque colones. È curioso notare come il pittore lombardo, non essendo mai stato in Costarica, abbia dipinto un luogo immaginario, con le vaghe informazioni che poteva avere all’epoca: le piantagioni di caffè, di solito in collina, sono all’altezza del mare; le raccoglitrici sembrano più donne del Nord Italia che costaricane; i caschi di banane sono disegnati al contrario; le bandiere sulle navi ormeggiate in porto riprendono sì i colori della bandiera tica (il soprannome dei costaricani, affatto dispregiativo), ma con i motivi di quella francese e olandese… Cercate, poi, il buffo ritratto di Dante Alighieri, sul soffitto del negozietto di souvenir. Sembra che chi l’ha dipinto ce l’avesse con il povero padre della lingua italiana. Dalla parte opposta della piazza, su un livello più basso, un congiunto di musei del Banco Central (museosdelbancocentral.org). Non perdete il Museo Oro Precolombino (chiuso il lunedì). Le sue collezioni d’oro, perlopiù pendenti zoomorfi (rane, coccodrilli), vanno dal 500 al 1500 d.C. e illustrano la complessa visione cosmologica delle popolazioni indigene. Circa 1600 piccoli tesori sono conservati qui, e all’uscita dal museo vi brilleranno gli occhi. Prima di lasciarlo, però, fate un salto all’attiguo Museo de Numismática. All’ingresso troverete una grande riproduzione dell’affresco di Villa, e all’interno un interessante percorso dell’emissione monetaria, dalle monete forate per i tubercolotici (fuori dal sanatorio sarebbero state riconosciute al volo e rifiutate come appestatrici) a quelle a circolazione interna alle piantagioni di caffè. Altro luogo da non perdere, il Museo del Jade (Calle 9 y 11, Avenida 7 y 9, aperto dal lun. al ven. dalle 8,30 alle 15,30, il sab. dalle 9 alle 13), dove sono conservati bellissimi manufatti precolombiani di giada e di terracotta. E poi, per chiudere il capitolo musei, fate un salto al Museo de los Niños, nell’ex prigione a qualche isolato dalla Plaza de la Cultura. Anche se non avrete bambini a rimorchio troverete il luogo estremamente interessante, sia per come il penitenziario è stato trasformato in un ambiente assai più piacevole, sia per la fantasia che è stata utilizzata per far digerire il concetto di museo ai più piccoli. Tutto - la mucca finta che fa il latte (acqua) in un catino, la mummia che zompa fuori dal sarcofago - è improntato alla didattica, ma con giocosa creatività. Pure gli adulti avranno voglia di tornare bambini, una volta dentro, e sbizzarrirsi con i mille marchingegni del luogo. Chi ama la natura, può completare la visita della capitale a uno dei giardini ‘a rete’, una specialità del Costarica, dove si possono osservare farfalle e insetti (e, se si è fortunati, qualche colibrì) in un ambiente chiuso da una gigantesca rete. Ce ne sono diversi, ma uno particolarmente piacevole è lo Spirogyra Jardin de Mariposas (infocostarica.com/butterfly, aperto dalle 8 alle 16), nel quartiere di Amón, nella zona del centro commerciale El Pueblo, a mezz’ora di cammino dal centro. Vi svolazzano oltre trenta specie di farfalle, di tutte le dimensioni, oltre a libellule dai colori accesi.









2 - PUNTARENAS E NICOYA
Da San José si può imboccare la nuova autopista che corre liscia (ma con un’infinità di caselli) fino a Puntarenas (a 110 km; un’ora e venti minuti in autobus), piccola cittadina a forma di sigaro sulla costa pacifica. Nulla di particolare da vedere o fare, in paese, se non sgranchire le gambe con una camminata sul lungomare. Dal suo porticciolo partono i traghetti - su cui è possibile imbarcare l’auto - per Paquera, piccolo approdo sulla penisola di Nicoya (la traversata del golfo dura poco più di un’ora), così come catamarani e lance veloci per visitare le belle isole della regione, tra cui Isla Venado, Isla Caballo, Isla Bejuco (piccoli abitati qua e là e folti stormi di pellicani che affollano gli alberi), Isla San Lucas (ex penitenziario, sta subendo una vasta opera di maquillage per aprire al turismo; da non perdere, nelle ex celle delle detenuti, i graffiti esageratamente sconci, ai limiti della fantascienza, sulle pareti, così come, nel piazzale centrale, il ‘buco’ in cui venivano messi i carcerati in punizione) e Isla Tortugas (poche tartarughe ma molti turisti, di solito in gruppo; possibilità di fare snorkeling e ristorante in spiaggia). Giunti a Paquera, si può imboccare la strada che costeggia il litorale verso sud, fino a Playa Tambor (24 km), nei pressi della quale c’è il Refugio de Vida Silvestre Curú (curuwildliferefuge.com), vicino all’hotel Barceló. Vi si possono noleggiare cavalli (10/20$ 1/3 ore), kayak e attrezzatura da snorkeling. La spiaggia è deserta e, quando batte il sole, rovente. Più a sud, percorrendo un tratto di strada sterrata piuttosto brutta, si arriva alla bella e semideserta Playa Quizales. Nonostante le fatiche degli ultimi chilometri vale la pena raggiungerla. Da qui si può proseguire fino alla popolare Montezuma, piccolo ex villaggio di pescatori convertitosi al turismo. Lungo le viuzze dell’abitato una folla di ristorantini e negozietti, qualche agenzia turistica e piccoli alberghi, il tutto corredato da una piacevole atmosfera hippy. Alle estremità dell’abitato le due spiagge: a destra quella minore, Playa de los Artistas, più pulita e raccolta, a sinistra quella grande, Playa Montezuma, con onde più forti e molti residui di madre natura sull’arenile. Montezuma è piccola e accogliente, in breve vi si fanno amicizie, e soprattutto di sera l’ambiente è festaiolo. Da qui si può imboccare la strada in buona parte sterrata che taglia la punta di Cabo Blanco e raggiungere la spiaggia di Santa Teresa, mecca dei surfisti, esperti così come alle prime armi. L’abitato non rifulge di bellezza - una lunga strada polverosa affiancata da ristoranti, hotel e negozi in ordine sparso -, ma la spiaggia, gigantesca, fa venire voglia di imbracciare una tavola da surf anche a chi ha paura della vasca da bagno. Le onde degradano a riva dolcemente, per cui c’è n’è una per ogni esigenza di sfida. Alcuni visitatori noleggiano un cavallo e fanno schioccare le briglie sino all’infinito - la spiaggia sembra non avere fine -, altri, più meditativi, si godono semplicemente lo spettacolare tramonto all’orizzonte. Il gioco migliore è quello di far coincidere, visivamente, il surfista che cavalca l’onda con il cerchio del sole che s’inabissa. Da Santa Teresa, per proseguire verso il Guanacaste, conviene rientrare a Paquera (58 km). Le strade sterrate che partono dalla spiaggia e vanno verso nord sono in cattive condizioni, spesso impraticabili durante i periodi di pioggia.






3 - GUANACASTE
La regione prende nome dall’albero omonimo (Enterolobium cyclocarpum), simbolo un po’ di tutto da queste parti, tanto da essere l’albero nazionale del Costarica. Da Paquera, passando per Jicaral, Nicoya e Santa Cruz, ci vogliono almeno due ore (se non tre) per raggiungere Tamarindo, nota località sul Pacifico, particolarmente amata dai surfisti e dai vacanzieri. Qua e là sembra di essere in una spiaggia americana, almeno a giudicare dai raffinati cartelli dei ristorantini (Nachos as big as your ass) o delle guest-house (da FT’S: eat+drink+surf+sleep), dalla quantità di tavole da surf e dall’inglese che domina sullo spagnolo. Alberi tappezzati da locandine di feste danzerecce girls drink free, giovani biondi e dagli addominali piallati, tutto fa pensare alla California, più che al Centro America. Dopo la giusta dose di sole e di bagni si può riprendere la strada e addentrarsi nella parte settentrionale del Guanacaste. Passati per Filadelfia e Liberia (69 km da Tamarindo, un’ora d’auto), proseguire fino al Parco Nazionale di Palo Verde, magari facendo una sosta per il pranzo a El Viejo (vedi ristoranti). Prima di mangiare si può vedere l’antico lavoro di spremitura della canna da zucchero (fatta dal docile bue Palomo) - la zona è immersa nelle piantagioni di canna -, oppure ammirare i pony all’ingresso. Da El Viejo si può accedere a una riserva privata in cui prendere una barca che lentamente percorre un tratto del Rio Tempisque, confine naturale del parco. Le sue sponde sono un vero zoo a cielo aperto, privo di sbarre. Uccelli, coccodrilli, iguana, pipistrelli e molto altro sembra esibirsi lungo il fiume al vostro passaggio. Animali ancora abbastanza fiduciosi nei confronti dell’uomo, protetti dal buon sistema dei parchi nazionali costaricani. Qualche coloratissimo iguana maschio, mentre gli passerete davanti, alzerà la cresta per farvi capire che non siete benvenutissimi, soprattutto mentre sfoggia i propri colori migliori in attesa di una femmina che lo scelga (nel mondo iguana le leggi della caccia per il partner sono capovolte, il maschio aspetta, la femmina seleziona e, se è in giornata, approva). Celati sui tronchi degli alberi, alcuni micropipistrelli, non più grandi di una tazzina da caffè, si mimetizzano con i colori della corteccia, allineati in fila indiana in gruppetti da dieci o più, così da passare per minacciosi serpenti agli occhi dei predatori. Si vedono solo aguzzando la vista, tanto sono esperti nell’arte mimetica. I coccodrilli vi scruteranno con occhio vigile, solo apparentemente assonnato. Sulle sponde sarà facile vedere quelli bebè o ancora in fase adolescenziale, quelli grossi e seri sono sul fondo, in attesa di bocconi grossi e seri, protetti dall’acqua torbida. Evitate di fare un tuffo, si dice che qui abbondino a migliaia.





A spasso con l’erede di Darwin
Siete ne Guanacaste e sognate di andare a spasso con un’enciclopedia ecologica ambulante? Se parlate spagnolo o inglese contattate Alex Chaves Valverde (attraverso l’agenzia TAM, tamtravel.com, oppure al tel. diretto 89103082, e-mail alexch76@live.com), guida pluridecorata ai confronti del quale Piero Angela vi sembrerà uno scolaretto. Alex, 13 anni di attività sul campo, sarà in grado di rispondere a qualsiasi vostra domanda che concerne l’ecosistema (forse anche a tutto ciò che non lo concerne). Parlantina instancabile, conosce la natura del Costarica come pochi altri. Se, navigando lungo il fiume che delimita il parco Palo Verde accennerete con una falange a indicare un uccello che avete appena avvistato, Alex vi avrà già raccontato nome, nome latino, specie, caratteristiche primarie e secondarie, dieta preferita e periodo di accoppiamento. Per il resto, basta chiedere. La sua agenzia organizza anche escursioni di una giornata nel vicino Nicaragua.




Da El Viejo si può rientrare a Liberia e imboccare l’Interamericana in direzione di Peñas Blancas (frontiera con il Nicaragua), fino all’ingresso di Cañas Dulces (sulla destra) e Buena Vista. In quest’ultima (a 31 km da Liberia, l’ultimo tratto di strada è pessimo, ma con un buon fuoristrada non ci sono problemi) si può alloggiare nel lodge omonimo (vedi hotel), circondati dalla natura ai confini con il Parco Nazionale Rincón de la Vieja, noto per il vulcano che ne porta il nome.















4 - ARENAL e SARAPIQUÍ
Imboccata di nuovo l’Interamericana da Liberia, proseguiamo verso est, passando per Bagaces, Cañas e Tilarán. A breve distanza da quest’ultima si raggiunge la bella strada che ‘circumnaviga’ il più grande lago del Costarica, la Laguna de Arenal. Dominata dal vulcano omonimo, la regione è nota per le fonti d’acqua calda, che ne hanno fatto la fortuna. Da quando, però, il vulcano ha smesso di eruttare, e lo spettacolo notturno del fiume di lava sembra essere diventato solo un’attrazione del tempo che fu, il turismo interno è calato. Gli albergatori sono corsi ai ripari, puntando sulle fonti termali, in alcuni casi non sempre autentiche (qua e là riscaldate artificialmente). Taroccature a parte, la zona è fantastica per un momento di relax lagunare-collinare-termale. Si possono fare buone camminate nei dintorni e sperare di avvistare l’imponente vulcano in tutta la sua grandezza, senza nubi che gli facciano da sombrero. Da bravo lago che si rispetti, l’Arenal vi offrirà una buona dose di umidità, la quale diventerà una specie di calotta permanente che vi porterete appresso man mano che proseguirete verso est. Passando per La Fortuna e Ciudad Quesada, potrete fare base a Puerto Viejo, capoluogo della regione di Sarapiquí, che prende nome dal fiume omonimo. Se l’Arenal vi era parso umido, il Sarapiquí vi sembrerà acqua trasformata in aria. Preparatevi alle piogge, quasi tutto l’anno, interrotte da momenti di calma. Scarpe antiscivolo e una buona tela cerata da passeggio, nonostante la temperatura mai bassa, qui sono sempre utili. Negli abitati - Puerto Viejo, La Virgen - c’è poco da vedere, ma alcuni buoni alloggi nella selva vi riporteranno all’atmosfera di Adamo & Eva. Se vi intrufolerete in qualche giro organizzato nella foresta, fate vostra la missione di (provare ad) avvistare i rari, piccoli pipistrelli bianchi, endemici della zona, che amano vivere sotto le foglie delle piante più grandi (si nutrono di frutta). Il loro nome scientifico è Ectophylla alba, sono popolarmente detti ‘pipistrelli bianchi dell’Honduras’ - sono diffusi soprattutto in quel Paese -, non arrivano ai 5 cm di grandezza e hanno pelliccia color della neve, orecchie e naso gialli. Rari a vedersi, impossibile non amarli. Più facile da scovare, il serpentario della zona, sulla strada principale (8$), con specie locali e straniere, oltre a qualche micro-ranocchietta. Interessantissimo, infine, il cacao-tour che si fa presso Tirimbina (tirimbina.org), un’organizzazione che ha alberi di cacao lungo il Rio Sarapiquí. I suoi alberi sono tra i pochi sopravvissuti all’epidemia che ha quasi sterminato questa coltura nella regione, in passato floridissima (oggi i Paesi grandi produttori di cacao sono in Africa, dove il fungo non è arrivato, mentre sono semiscomparsi in America Latina). Le ottime guide locali illustrano alla perfezione tutti gli aspetti della storia e della fabbricazione del cioccolato, a partire dai semi del frutto - in passato usati come moneta sonante - e a terminare nella ciotola di cioccolata sciolta, caldina, che si sarà creata come per miracolo dopo che un’addetta dell’hacienda vi avrà mostrato il passaggio dal frutto al prodotto finito. Se farete lo sbaglio di assaggiarne un cucchiaino, una volta a casa avrete dimenticato per sempre la santa Nutella.







5 - LIMÓN
Fatta overdose di umidità, è forse giunto il momento di andare ad asciugarsi le ossa sulla costa atlantica. Ripresa la strada, passate da Guapiles e Siquirres, fino a raggiungere la quasi africana Limón. Situata a 131 km da San José, la capitale della regione Caribe Sur sta al Costarica come Salvador de Bahia sta al Brasile. Porto principale del Paese sviluppatosi alla fine dell’Ottocento, è in gran parte abitato da una popolazione di origine giamaicana che parla lo strano inglese caraibico, e che come tale non perde occasione per sottolineare con orgoglio le proprie origini. ‘Cristoforo Colombo era nero’, mi ha dichiarato, con assoluta serietà, Mr. Bennett, l’ultranovantenne sarto più famoso della città, ancora con le mani sulla macchina da cucire Pfaff. Effetti degli anni di troppo, oppure eccesso di orgoglio etnico, in ogni caso da queste parti è bene non opporsi con meticolosità da ragioniere alle esternazioni storicamente sballate, c’è da scatenare qualche piccola guerra. Meglio fare un giro nel piccolo centro della città, decadente e dimenticata - qui lo sviluppo turistico non è mai iniziato -, ma ricca di atmosfera. Tutti conoscono tutti, il mercato centrale ti avvolge di profumi, e sembra di essere in Giamaica. Limón è un ottimo punto di partenza da cui raggiungere le belle spiagge nei dintorni, dove ci sono alloggi confortevoli, molto più tranquilli di quelli della città. 








La prima spiaggia degna d’interesse, a 43 km da Limón verso sud-est (Panama), è Cahuita, dove un piccolo agglomerato di case e alberghetti (cabinas), alcuni dei quali gestiti da italiani trapiantati, è sorto attorno alla spiaggia, parte del parco nazionale omonimo. Questo protegge una delle tre barriere coralline della costa caraibica, con oltre trentacinque specie di corallo, quarantaquattro di crostacei e centoquaranta di molluschi. All’interno del parco - mille ettari di foresta in cui vivono scimmie urlatrici, ibis, martin pescatori e orsetti lavatori - si può fare una bella camminata fino alle spiagge limitrofe. Più a sud si arriva a Puerto Viejo de Talamanca, in passato zona degli indios Bribri, oggi destinazione preferita dai giovani con poche pretese di comfort e dai surfisti. Due grandi spiagge - quella ‘nera’ e quella ‘bianca’, quest’ultima frequentata dagli amanti della tavola che cavalca le onde - delimitano l’abitato, punteggiato da numerosi alberghetti e ristorantini. All’estremo sud, a pochi passi dal confine con Panama, oltre Playa Chiquita, si raggiunge Manzanillo, tranquillo villaggio di pescatori con alcune strutture per il turismo. Nei dintorni ci sono diversi alloggi immersi nella natura, e dal piccolo abitato si possono fare belle camminate attraverso la giungla della riserva silvestre Gandoca-Manzanillo, passando lungo un’infinità di baie minuscole e spiagge semideserte. Da Tamarindo a Manzanillo, lungo la via più breve, sono 415 km. Facendo il giro fin qui descritto, ne abbiamo percorsi circa duemila. A questo punto non resta che rientrare nella capitale. Sulla via di ritorno verso San José, vale la pena fare una sosta al Rain Forest Adventures (rainforestadventure.com), una riserva privata di fianco al parco nazionale Braulio Carrillo. Vi si possono fare giri in ‘gondola’ (gabbiotti metallici sospesi a mo’ di teleferica, 55$ per 75 minuti). Ammirare alberi incredibili della giungla, descritti in ogni minimo dettaglio dalle esperte guide locali, ci dà tutto l’ossigeno necessario per affrontare i grandi camion che affollano la tortuosa strada per la capitale. E ricordarci che, molto prima del camion, l’albero la faceva da padrone.


HOTEL, PER TUTTI I GUSTI
In centro a San José non è facile trovare un hotel confortevole, soprattutto a causa del rumore delle strade. Il vecchio Grand Hotel Costa Rica (grandhotelcostarica.com), classe 1930, di fronte al Teatro Nacional, ha una atmosfera vagamente d’antan e una posizione imbattibile (piccole camere a 75$). Per un alloggio più confortevole, The Alta Hotel (thealtahotel.com), boutique hotel nell’Alto de las Palomas, Santa Ana, a un quarto d’ora in auto dal centro e/o dall’aeroporto. Camere a partire da 155$. Nella penisola di Nicoya, il grande Barceló Tambor Beach (barcelotamborbeach.com), sulla spiaggia omonima, è ideale per i gruppi tutto-compreso (da 80-90$ in bassa stagione) e per le famiglie, con ristoranti a buffet e animazione. Perfetto per una vacanza romantica, invece, il più riservato Tango Mar (tangomar.com), a Playa Quizales, con ville (la Presidenziale a 900-1000$) e camere a partire da 185$, colazione inclusa. Uno dei migliori hotel del Costarica, ha un buon ristorante e una bella spiaggia, oltre a un campo da golf e una piccola ma accogliente piscina. Nel Guanacaste, a Tamarindo, il bell’Hotel Cala Luna (calaluna.com) è nei pressi della riservatissima Playa Langosta, a una decina di minuti dalla via principale del paese. Camere confortevoli e ville decorate con motivi marini, un buon ristorante (Cala Moresca) a bordo piscina e ottimi cocktail. Sulle colline della regione, per chi ama la natura, vale la pena affrontare qualche chilometro di strada brutta per raggiungere da Liberia il Buena Vista Lodge (buenavistalodgecr.com). Le grandi camere (80$, colazione inclusa) ricordano le baite, e il ristorante a buffet offre piatti semplici ma buoni. All’interno della proprietà si può fare di tutto: cavalcate, camminate alla cascata, canopy. Il lodge produce da sé gas metano, sapone, frutta e verdura, rispettando l’ambiente. Alla base dell’imponente vulcano Arenal, un resort ideale per chi vuole dimenticare il passato, immergendosi in piccole piscine termali, è The Springs (thespringscostarica.com), con camere da pascià e un buon ristorante. Vi si può accedere anche solo durante il giorno (entrata e pranzo a 40-45$). Nella sempre umida zona di Sarapiquí nulla di meglio del Selva Verde Lodge (selvaverde.com) per chi ama lo stretto contatto con la natura. Camere semplici a palafitta (125$ la doppia con colazione in alta stagione), tutte di legno, circondate da piante tropicali e ranocchiette microscopiche di tutti i colori. Proprietà e gestione italiana, come testimonia la pizzeria aperta a cena. Il luogo, occasionalmente, collabora con fotografi italiani che vi realizzano workshop naturalistici. In alternativa, nel cuore della vicina Puerto Viejo, l’Hotel El Bambú (elbambu.com) ha 40 camere confortevoli e un ottimo ristorantino (nonostante l’apparenza dell’ingresso), con piatti buoni e ben curati. La città di Limón non ha alloggi di qualità, per cui è meglio proseguire per Puerto Viejo de Talamanca (da non confondere con quella di Sarapiquí), dove ci sono ottimi ‘rifugi’. Eccellente e fuori dagli schemi, l’Hotel Le Caméléon (lecamaleonhotel.com), piccolo boutique hotel di lusso in cui il bianco (camere a dir poco candide, a 175$, colazione compresa) e il design dominano con gusto. È di proprietà saudita - l’eleganza è da sceicchi che sanno quello che fanno -, con un buon ristorante (tortellini al formaggio con salsa di asparagi e gorgonzola a 12$!, oltre a piatti sofisticati di pesce) e una piacevolissima area per il relax in spiaggia. A breve distanza, a Playa Chiquita, il Namuwoki Lodge (namuwoki.com, la ‘casa del giaguaro’) ha belle camere immerse nella foresta (120$ la doppia in alta stagione), una piccola piscina a fianco del buon ristorantino. Organizza escursioni interessantissime di una giornata (partenza alla mattina, rientro alla sera) nella comunità indigena Bribri di Yorkin, sul fiume che fa da frontiera naturale con Panama.


TUTTI A TAVOLA
Fuori dagli alberghi consigliati, si può mangiare bene in numerosi ristoranti. A San José ottima cucina catalana presso Casa Luisa (Avenida 4, Calle 40, chiuso la domenica): tapas, bocarones (sardine fresche), gazpacho, coniglio con aragosta, animelle di agnello, ampia carta di vini spagnoli. Per bisteccone e barbecue, La Casa de Doña Lela (Carretera Braulio Carrillo, 2 km a nord del ponte Ricardo Saprissa, tutti i giorni fino alle 21,30) vale il viaggio per la cucina costaricana: parillada (piatto con mix di carni), riso con pollo, arracache (tubero Arracacia xanthorriza, originaria delle Ande) o patate a quadretti, bollite con carne macinata e chorizo, picadillo e molto altro. Altro mini-viaggio, per gustare buoni piatti asiatici da Royal City (Carretera Panamericana, di fronte all’Indoor Club, Curridabat, 2 San Pedro): ottimo dim sum. A Montezuma ha aperto da poco Organico (lungo la via principale), ristorantino italiano con piatti naturali, già molto apprezzato dai viaggiatori. Orecchiette fate a mano, pane e biscotti, buoni piatti di pesce con patata dolce, semi di sesamo e guarnizione di papaya. Nel Guanacaste non mancate una sosta per il pranzo a El Viejo (elviejowetlands.com), una vecchia hacienda vicino a Filadelfia, in passato dedita all’allevamento e oggi convertita al turismo. Di proprietà inglese da cinque generazioni, propone ottima cucina tica nel grande edificio di legno della ‘Casona’. A Limón, soprattutto per godere una vista a 180° sulla città, si può cenare al ristorante panoramico El Faro, cucina varia, nel Barrio Santa Eduviges. Per uno snack che è la bandiera locale, simbolo del relax di mezzo pomeriggio limonense, cercate una delle panetterie-pasticcerie che sfornano patí (ravioloni fritti con ripieno di carne ed erbette) caldi: basta seguire il naso e scovare la ressa di gente. Costano attorno ai 500 colones (circa 1$) e mentre li addenterete vi faranno sentire parte del Costarica. Buona cucina italiana, infine, lungo il litorale del Caribe Sur. Per ottime pizze, a Cahuita, c’è L’Osteria Corleone (ristoranteosteria.com): il proprietario, di Roma, fa pizze veraci a circa 8$. Sulla strada che costeggia Playa Chiquita, vicino a Puerto Viejo de Talamanca, potete deliziare il palato nei ristoranti gemelli Gatta ci Cova (sulla strada, a pranzo) e La Pecora Nera (all’interno, solo alla sera). Buoni piatti toscani a prezzi adeguati.



IN VOLO CON L’ALTA CUCINA
Iberia (iberia.com/it) ha ottimi voli quotidiani per Panama City, via Madrid. Chi vola in business class, oltre a poter usufruire del confortevolissimo lounge all’aeroporto della capitale spagnola (docce, camere per riposare, salamini succulenti), a bordo può deliziarsi con i menù di quattro chef spagnoli ‘decorati’ con due stelle Michelin ognuno.


SHOPPING, EVVIVA LA NATURA
A San José, bei manufatti ispirati ai monili precolombiani possono essere acquistati nel negozio del Museo Oro Precolombino: pendenti in oro, copie dei tesori custoditi nel museo (rane, coccodrilli), oltre ad artigianato indigeno. Il grande Mercado Central offre souvenir per tutti i gusti, da camicette ricamate a mano a borse guatemalteche, sigari costaricani e magliette ispirate a tutte le variazioni del motto nazionale Pura vida, amache e ceste di rafia. Montezuma e Tamarindo vantano una vasta popolazione tardo-hippy, con l’artigianato relativo, proposto lungo le vie principali degli abitati, tra un negozio di surf e uno di costumi da bagno. Nell’altrettanto freak Puerto Viejo de Talamanca, un negozietto di artigianato carino (noci di cocco intarsiate dagli indios della regione, oltre a oggetti provenienti da mezzo Costarica) è Bamboo Caribe, chiuso il martedì. Nel Sarapiquí, presso il negozietto di Tirimbina, si può acquistare cioccolata ecologicamente corretta, ottimo caffè e bellissime magliette con caricature degli animali endemici (molto carine quelle con il pipistrello), prodotte da un bravo disegnatore locale. Dulcis in fundo, non lasciate il Costarica senza portare a casa almeno un paio di buste dell’ottimo caffè locale, reperibile in ogni supermercato. Tra le mille marche, una eccellente è la Triángulo de Oro, disponibile in gusti diversi; un pacchetto da 250 gr. costa meno di 3$.

Informazioni turistiche
Instituto Costarricense de Turismo, www.visitecostarica.com

Documenti
Passaporto con almeno sei mesi di validità. All’arrivo nel Paese si ottiene un permesso di 90 giorni.

Fuso orario
Sette ore in meno rispetto all’Italia; otto quando da noi è in vigore l’ora legale.

Lingua
La lingua ufficiale è lo spagnolo, abbastanza parlato l’inglese. Nella zona caraibica è diffuso l’inglese, non propriamente di Oxford.

Valuta
La moneta costaricana è il colón; ne servono circa 660 per un euro. È usato anche il dollaro americano (= 500 colones circa).

Come telefonare
Il prefisso per il Costa Rica è 00506. Per chiamare l’Italia: 0039.

Periodo migliore
Clima tropicale, molto caldo e umido. La stagione secca va da dicembre ad aprile.

Pubblicato su Panorama Travel


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