Il Paese centramericano, da decenni bandiera
dell’ecosistema, è ideale per un viaggio coast-to-coast, in libertà, con un’auto a nolo. Buone strade e distanze limitate
permettono di godere di una vacanza in piena indipendenza. Ecco un possibile
itinerario - che si può seguire in parte anche in autobus, se non si vuole
guidare -, a partire dalla capitale.
UN AUTO, E
VIA
All’aeroporto internazionale di San José (a circa 17
km dal centro; conservate 28$ per la tassa di uscita dal Paese), così come nel
centro della città (Paseo Colón), si può noleggiare un’auto presso Budget (budget.co.cr): sono disponibili
diversi tipi di Toyota (auto da città e SUV) e la Bego Daihatsu (cambio
automatico). Per girare in centro a San José nulla di meglio dei piedi: le vie
sono strette e il traffico impossibile. Meglio lasciare l’auto in un parqueo custodito a pagamento o in
quello dell’hotel.
1 - SAN JOSÉ
Città da conoscere con calma, San José, a partire dal
suo cuore, la Plaza de la Cultura.
Il Teatro Nacional, di fine
Ottocento, restaurato all’interno di recente, è considerato l’edificio più
raffinato della città, simbolo del periodo d’oro del caffè. I suoi muri
trasudano italianità. La costruzione del palazzo neoclassico fu portata a
termine da un ingegnere italiano, e il grande affresco Allegoria del caffè e delle banane, del milanese Aleardo Villa, è
stato riprodotto sulla banconota da cinque colones. È curioso notare come il
pittore lombardo, non essendo mai stato in Costarica, abbia dipinto un luogo
immaginario, con le vaghe informazioni che poteva avere all’epoca: le
piantagioni di caffè, di solito in collina, sono all’altezza del mare; le
raccoglitrici sembrano più donne del Nord Italia che costaricane; i caschi di
banane sono disegnati al contrario; le bandiere sulle navi ormeggiate in porto
riprendono sì i colori della bandiera tica
(il soprannome dei costaricani, affatto dispregiativo), ma con i motivi di
quella francese e olandese… Cercate, poi, il buffo ritratto di Dante Alighieri,
sul soffitto del negozietto di souvenir. Sembra che chi l’ha dipinto ce
l’avesse con il povero padre della lingua italiana. Dalla parte opposta della
piazza, su un livello più basso, un congiunto di musei del Banco Central
(museosdelbancocentral.org). Non perdete il Museo Oro Precolombino (chiuso il lunedì). Le sue collezioni d’oro,
perlopiù pendenti zoomorfi (rane, coccodrilli), vanno dal 500 al 1500 d.C. e
illustrano la complessa visione cosmologica delle popolazioni indigene. Circa
1600 piccoli tesori sono conservati qui, e all’uscita dal museo vi brilleranno
gli occhi. Prima di lasciarlo, però, fate un salto all’attiguo Museo de Numismática. All’ingresso
troverete una grande riproduzione dell’affresco di Villa, e all’interno un
interessante percorso dell’emissione monetaria, dalle monete forate per i
tubercolotici (fuori dal sanatorio sarebbero state riconosciute al volo e
rifiutate come appestatrici) a quelle a circolazione interna alle piantagioni
di caffè. Altro luogo da non perdere, il Museo
del Jade (Calle 9 y 11, Avenida 7 y 9, aperto dal lun. al ven. dalle 8,30
alle 15,30, il sab. dalle 9 alle 13), dove sono conservati bellissimi manufatti
precolombiani di giada e di terracotta. E poi, per chiudere il capitolo musei,
fate un salto al Museo de los Niños,
nell’ex prigione a qualche isolato dalla Plaza de la Cultura. Anche se non
avrete bambini a rimorchio troverete il luogo estremamente interessante, sia
per come il penitenziario è stato trasformato in un ambiente assai più
piacevole, sia per la fantasia che è stata utilizzata per far digerire il
concetto di museo ai più piccoli. Tutto - la mucca finta che fa il latte
(acqua) in un catino, la mummia che zompa fuori dal sarcofago - è improntato
alla didattica, ma con giocosa creatività. Pure gli adulti avranno voglia di
tornare bambini, una volta dentro, e sbizzarrirsi con i mille marchingegni del
luogo. Chi ama la natura, può completare la visita della capitale a uno dei
giardini ‘a rete’, una specialità del Costarica, dove si possono osservare
farfalle e insetti (e, se si è fortunati, qualche colibrì) in un ambiente
chiuso da una gigantesca rete. Ce ne sono diversi, ma uno particolarmente
piacevole è lo Spirogyra Jardin de
Mariposas (infocostarica.com/butterfly, aperto dalle 8 alle 16), nel quartiere
di Amón, nella zona del centro commerciale El Pueblo, a mezz’ora di cammino dal
centro. Vi svolazzano oltre trenta specie di farfalle, di tutte le dimensioni,
oltre a libellule dai colori accesi.
2 -
PUNTARENAS E NICOYA
Da San José si può imboccare la nuova autopista che corre liscia (ma con
un’infinità di caselli) fino a Puntarenas
(a 110 km; un’ora e venti minuti in autobus), piccola cittadina a forma di
sigaro sulla costa pacifica. Nulla di particolare da vedere o fare, in paese,
se non sgranchire le gambe con una camminata sul lungomare. Dal suo porticciolo
partono i traghetti - su cui è possibile imbarcare l’auto - per Paquera, piccolo approdo sulla penisola
di Nicoya (la traversata del golfo dura
poco più di un’ora), così come catamarani e lance veloci per visitare le belle
isole della regione, tra cui Isla Venado,
Isla Caballo, Isla Bejuco (piccoli abitati qua e là e folti stormi di pellicani che
affollano gli alberi), Isla San Lucas
(ex penitenziario, sta subendo una vasta opera di maquillage per aprire al
turismo; da non perdere, nelle ex celle delle detenuti, i graffiti
esageratamente sconci, ai limiti della fantascienza, sulle pareti, così come,
nel piazzale centrale, il ‘buco’ in cui venivano messi i carcerati in
punizione) e Isla Tortugas (poche
tartarughe ma molti turisti, di solito in gruppo; possibilità di fare
snorkeling e ristorante in spiaggia). Giunti a Paquera, si può imboccare la
strada che costeggia il litorale verso sud, fino a Playa Tambor (24 km), nei pressi della quale c’è il Refugio de Vida Silvestre Curú (curuwildliferefuge.com),
vicino all’hotel Barceló. Vi si possono noleggiare cavalli (10/20$ 1/3 ore),
kayak e attrezzatura da snorkeling. La spiaggia è deserta e, quando batte il
sole, rovente. Più a sud, percorrendo un tratto di strada sterrata piuttosto
brutta, si arriva alla bella e semideserta Playa
Quizales. Nonostante le fatiche degli ultimi chilometri vale la pena
raggiungerla. Da qui si può proseguire fino alla popolare Montezuma, piccolo ex villaggio di pescatori convertitosi al
turismo. Lungo le viuzze dell’abitato una folla di ristorantini e negozietti,
qualche agenzia turistica e piccoli alberghi, il tutto corredato da una
piacevole atmosfera hippy. Alle estremità dell’abitato le due spiagge: a destra
quella minore, Playa de los Artistas, più pulita e raccolta, a sinistra quella
grande, Playa Montezuma, con onde più forti e molti residui di madre natura
sull’arenile. Montezuma è piccola e accogliente, in breve vi si fanno amicizie,
e soprattutto di sera l’ambiente è festaiolo. Da qui si può imboccare la strada
in buona parte sterrata che taglia la punta di Cabo Blanco e raggiungere la
spiaggia di Santa Teresa, mecca dei
surfisti, esperti così come alle prime armi. L’abitato non rifulge di bellezza
- una lunga strada polverosa affiancata da ristoranti, hotel e negozi in ordine
sparso -, ma la spiaggia, gigantesca, fa venire voglia di imbracciare una
tavola da surf anche a chi ha paura della vasca da bagno. Le onde degradano a
riva dolcemente, per cui c’è n’è una per ogni esigenza di sfida. Alcuni
visitatori noleggiano un cavallo e fanno schioccare le briglie sino
all’infinito - la spiaggia sembra non avere fine -, altri, più meditativi, si
godono semplicemente lo spettacolare tramonto all’orizzonte. Il gioco migliore
è quello di far coincidere, visivamente, il surfista che cavalca l’onda con il
cerchio del sole che s’inabissa. Da Santa Teresa, per proseguire verso il
Guanacaste, conviene rientrare a Paquera (58 km). Le strade sterrate che
partono dalla spiaggia e vanno verso nord sono in cattive condizioni, spesso
impraticabili durante i periodi di pioggia.
3 -
GUANACASTE
La regione prende nome dall’albero omonimo (Enterolobium cyclocarpum), simbolo un
po’ di tutto da queste parti, tanto da essere l’albero nazionale del Costarica.
Da Paquera, passando per Jicaral, Nicoya e Santa Cruz, ci vogliono almeno due
ore (se non tre) per raggiungere Tamarindo,
nota località sul Pacifico, particolarmente amata dai surfisti e dai vacanzieri.
Qua e là sembra di essere in una spiaggia americana, almeno a giudicare dai raffinati
cartelli dei ristorantini (Nachos as big
as your ass) o delle guest-house
(da FT’S: eat+drink+surf+sleep),
dalla quantità di tavole da surf e dall’inglese che domina sullo spagnolo.
Alberi tappezzati da locandine di feste danzerecce girls drink free, giovani biondi e dagli addominali piallati, tutto
fa pensare alla California, più che al Centro America. Dopo la giusta dose di
sole e di bagni si può riprendere la strada e addentrarsi nella parte
settentrionale del Guanacaste. Passati per Filadelfia e Liberia (69 km da
Tamarindo, un’ora d’auto), proseguire fino al Parco Nazionale di Palo Verde, magari facendo una sosta per il
pranzo a El Viejo (vedi ristoranti). Prima
di mangiare si può vedere l’antico lavoro di spremitura della canna da zucchero
(fatta dal docile bue Palomo) - la zona è immersa nelle piantagioni di canna -,
oppure ammirare i pony all’ingresso. Da El
Viejo si può accedere a una riserva privata in cui prendere una barca che
lentamente percorre un tratto del Rio
Tempisque, confine naturale del parco. Le sue sponde sono un vero zoo a
cielo aperto, privo di sbarre. Uccelli, coccodrilli, iguana, pipistrelli e
molto altro sembra esibirsi lungo il fiume al vostro passaggio. Animali ancora
abbastanza fiduciosi nei confronti dell’uomo, protetti dal buon sistema dei
parchi nazionali costaricani. Qualche coloratissimo iguana maschio, mentre gli
passerete davanti, alzerà la cresta per farvi capire che non siete benvenutissimi,
soprattutto mentre sfoggia i propri colori migliori in attesa di una femmina
che lo scelga (nel mondo iguana le leggi della caccia per il partner sono
capovolte, il maschio aspetta, la femmina seleziona e, se è in giornata,
approva). Celati sui tronchi degli alberi, alcuni micropipistrelli, non più
grandi di una tazzina da caffè, si mimetizzano con i colori della corteccia, allineati
in fila indiana in gruppetti da dieci o più, così da passare per minacciosi
serpenti agli occhi dei predatori. Si vedono solo aguzzando la vista, tanto
sono esperti nell’arte mimetica. I coccodrilli vi scruteranno con occhio
vigile, solo apparentemente assonnato. Sulle sponde sarà facile vedere quelli
bebè o ancora in fase adolescenziale, quelli grossi e seri sono sul fondo, in
attesa di bocconi grossi e seri, protetti dall’acqua torbida. Evitate di fare
un tuffo, si dice che qui abbondino a migliaia.
A spasso con l’erede di Darwin
Siete ne Guanacaste e sognate di andare a spasso con
un’enciclopedia ecologica ambulante? Se parlate spagnolo o inglese contattate
Alex Chaves Valverde (attraverso l’agenzia TAM, tamtravel.com,
oppure al tel. diretto 89103082, e-mail alexch76@live.com),
guida pluridecorata ai confronti del quale Piero Angela vi sembrerà uno
scolaretto. Alex, 13 anni di attività sul campo, sarà in grado di rispondere a qualsiasi vostra domanda che concerne
l’ecosistema (forse anche a tutto ciò che non lo concerne). Parlantina
instancabile, conosce la natura del Costarica come pochi altri. Se, navigando
lungo il fiume che delimita il parco Palo Verde accennerete con una falange a
indicare un uccello che avete appena avvistato, Alex vi avrà già raccontato
nome, nome latino, specie, caratteristiche primarie e secondarie, dieta
preferita e periodo di accoppiamento. Per il resto, basta chiedere. La sua
agenzia organizza anche escursioni di una giornata nel vicino Nicaragua.
Da El Viejo
si può rientrare a Liberia e imboccare l’Interamericana in direzione di Peñas
Blancas (frontiera con il Nicaragua), fino all’ingresso di Cañas Dulces (sulla
destra) e Buena Vista. In quest’ultima (a 31 km da Liberia, l’ultimo tratto di
strada è pessimo, ma con un buon fuoristrada non ci sono problemi) si può
alloggiare nel lodge omonimo (vedi
hotel), circondati dalla natura ai confini con il Parco Nazionale Rincón de la Vieja, noto per il vulcano che ne
porta il nome.
4 - ARENAL e
SARAPIQUÍ
Imboccata di nuovo l’Interamericana da Liberia,
proseguiamo verso est, passando per Bagaces, Cañas e Tilarán. A breve distanza
da quest’ultima si raggiunge la bella strada che ‘circumnaviga’ il più grande
lago del Costarica, la Laguna de Arenal.
Dominata dal vulcano omonimo, la regione è nota per le fonti d’acqua calda, che
ne hanno fatto la fortuna. Da quando, però, il vulcano ha smesso di eruttare, e
lo spettacolo notturno del fiume di lava sembra essere diventato solo
un’attrazione del tempo che fu, il turismo interno è calato. Gli albergatori
sono corsi ai ripari, puntando sulle fonti termali, in alcuni casi non sempre
autentiche (qua e là riscaldate artificialmente). Taroccature a parte, la zona
è fantastica per un momento di relax lagunare-collinare-termale. Si possono
fare buone camminate nei dintorni e sperare di avvistare l’imponente vulcano in
tutta la sua grandezza, senza nubi che gli facciano da sombrero. Da bravo lago
che si rispetti, l’Arenal vi offrirà una buona dose di umidità, la quale
diventerà una specie di calotta permanente che vi porterete appresso man mano
che proseguirete verso est. Passando per La Fortuna e Ciudad Quesada, potrete
fare base a Puerto Viejo, capoluogo
della regione di Sarapiquí, che
prende nome dal fiume omonimo. Se l’Arenal vi era parso umido, il Sarapiquí vi
sembrerà acqua trasformata in aria. Preparatevi alle piogge, quasi tutto
l’anno, interrotte da momenti di calma. Scarpe antiscivolo e una buona tela
cerata da passeggio, nonostante la temperatura mai bassa, qui sono sempre
utili. Negli abitati - Puerto Viejo, La Virgen - c’è poco da vedere, ma alcuni
buoni alloggi nella selva vi riporteranno all’atmosfera di Adamo & Eva. Se
vi intrufolerete in qualche giro organizzato nella foresta, fate vostra la
missione di (provare ad) avvistare i rari, piccoli pipistrelli bianchi, endemici
della zona, che amano vivere sotto le foglie delle piante più grandi (si
nutrono di frutta). Il loro nome scientifico è Ectophylla alba, sono popolarmente detti ‘pipistrelli bianchi
dell’Honduras’ - sono diffusi soprattutto in quel Paese -, non arrivano ai 5 cm
di grandezza e hanno pelliccia color della neve, orecchie e naso gialli. Rari a
vedersi, impossibile non amarli. Più facile da scovare, il serpentario della zona, sulla strada principale (8$), con specie
locali e straniere, oltre a qualche micro-ranocchietta. Interessantissimo,
infine, il cacao-tour che si fa presso Tirimbina
(tirimbina.org), un’organizzazione che ha alberi
di cacao lungo il Rio Sarapiquí. I suoi alberi sono tra i pochi sopravvissuti
all’epidemia che ha quasi sterminato questa coltura nella regione, in passato
floridissima (oggi i Paesi grandi produttori di cacao sono in Africa, dove il
fungo non è arrivato, mentre sono semiscomparsi in America Latina). Le ottime
guide locali illustrano alla perfezione tutti gli aspetti della storia e della fabbricazione
del cioccolato, a partire dai semi del frutto - in passato usati come moneta
sonante - e a terminare nella ciotola di cioccolata sciolta, caldina, che si
sarà creata come per miracolo dopo che un’addetta dell’hacienda vi avrà mostrato il passaggio dal frutto al prodotto
finito. Se farete lo sbaglio di assaggiarne un cucchiaino, una volta a casa
avrete dimenticato per sempre la santa Nutella.
5 - LIMÓN
Fatta overdose di umidità, è forse giunto il momento
di andare ad asciugarsi le ossa sulla costa atlantica. Ripresa la strada,
passate da Guapiles e Siquirres, fino a raggiungere la quasi africana Limón. Situata a 131 km da San José, la
capitale della regione Caribe Sur sta al Costarica come Salvador de Bahia sta
al Brasile. Porto principale del Paese sviluppatosi alla fine dell’Ottocento, è
in gran parte abitato da una popolazione di origine giamaicana che parla lo
strano inglese caraibico, e che come tale non perde occasione per sottolineare
con orgoglio le proprie origini. ‘Cristoforo
Colombo era nero’, mi ha dichiarato, con assoluta serietà, Mr. Bennett,
l’ultranovantenne sarto più famoso della città, ancora con le mani sulla
macchina da cucire Pfaff. Effetti degli anni di troppo, oppure eccesso di
orgoglio etnico, in ogni caso da queste parti è bene non opporsi con
meticolosità da ragioniere alle esternazioni storicamente sballate, c’è da
scatenare qualche piccola guerra. Meglio fare un giro nel piccolo centro della
città, decadente e dimenticata - qui lo sviluppo turistico non è mai iniziato
-, ma ricca di atmosfera. Tutti conoscono tutti, il mercato centrale ti avvolge
di profumi, e sembra di essere in Giamaica. Limón è un ottimo punto di partenza
da cui raggiungere le belle spiagge nei dintorni, dove ci sono alloggi
confortevoli, molto più tranquilli di quelli della città.
La prima spiaggia
degna d’interesse, a 43 km da Limón verso sud-est (Panama), è Cahuita,
dove un piccolo agglomerato di case e alberghetti (cabinas), alcuni dei
quali gestiti da italiani trapiantati, è sorto attorno alla spiaggia, parte del
parco nazionale omonimo. Questo
protegge una delle tre barriere coralline della costa caraibica, con oltre
trentacinque specie di corallo, quarantaquattro di crostacei e centoquaranta di
molluschi. All’interno del parco - mille ettari di foresta in cui vivono
scimmie urlatrici, ibis, martin pescatori e orsetti lavatori - si può fare una
bella camminata fino alle spiagge limitrofe. Più a sud si arriva a Puerto
Viejo de Talamanca, in passato zona degli indios Bribri, oggi destinazione
preferita dai giovani con poche pretese di comfort e dai surfisti. Due grandi
spiagge - quella ‘nera’ e quella ‘bianca’, quest’ultima frequentata dagli
amanti della tavola che cavalca le onde - delimitano l’abitato, punteggiato da
numerosi alberghetti e ristorantini. All’estremo sud, a pochi passi dal confine
con Panama, oltre Playa Chiquita, si
raggiunge Manzanillo, tranquillo villaggio di pescatori con alcune
strutture per il turismo. Nei dintorni ci sono diversi alloggi immersi nella
natura, e dal piccolo abitato si possono fare belle camminate attraverso la
giungla della riserva silvestre
Gandoca-Manzanillo, passando lungo un’infinità di baie minuscole e spiagge
semideserte. Da Tamarindo a Manzanillo, lungo la via più breve, sono 415 km.
Facendo il giro fin qui descritto, ne abbiamo percorsi circa duemila. A questo
punto non resta che rientrare nella capitale. Sulla via di ritorno verso San
José, vale la pena fare una sosta al Rain
Forest Adventures (rainforestadventure.com), una riserva privata di fianco
al parco nazionale Braulio Carrillo. Vi si possono fare giri in ‘gondola’ (gabbiotti
metallici sospesi a mo’ di teleferica, 55$ per 75 minuti). Ammirare alberi
incredibili della giungla, descritti in ogni minimo dettaglio dalle esperte
guide locali, ci dà tutto l’ossigeno necessario per affrontare i grandi camion
che affollano la tortuosa strada per la capitale. E ricordarci che, molto prima
del camion, l’albero la faceva da padrone.
HOTEL, PER
TUTTI I GUSTI
In centro a San
José non è facile trovare un hotel confortevole, soprattutto a causa del
rumore delle strade. Il vecchio Grand
Hotel Costa Rica (grandhotelcostarica.com), classe 1930, di fronte al
Teatro Nacional, ha una atmosfera vagamente d’antan
e una posizione imbattibile (piccole camere a 75$). Per un alloggio più
confortevole, The Alta Hotel (thealtahotel.com),
boutique hotel nell’Alto de las Palomas, Santa Ana, a un quarto d’ora in auto
dal centro e/o dall’aeroporto. Camere a partire da 155$. Nella penisola di Nicoya, il grande Barceló Tambor Beach (barcelotamborbeach.com), sulla spiaggia
omonima, è ideale per i gruppi tutto-compreso (da 80-90$ in bassa stagione) e
per le famiglie, con ristoranti a buffet e animazione. Perfetto per una vacanza
romantica, invece, il più riservato Tango
Mar (tangomar.com), a Playa Quizales, con ville (la Presidenziale a
900-1000$) e camere a partire da 185$, colazione inclusa. Uno dei migliori
hotel del Costarica, ha un buon ristorante e una bella spiaggia, oltre a un
campo da golf e una piccola ma accogliente piscina. Nel Guanacaste, a Tamarindo,
il bell’Hotel Cala Luna (calaluna.com)
è nei pressi della riservatissima Playa Langosta, a una decina di minuti dalla
via principale del paese. Camere confortevoli e ville decorate con motivi
marini, un buon ristorante (Cala Moresca)
a bordo piscina e ottimi cocktail. Sulle colline della regione, per chi ama la
natura, vale la pena affrontare qualche chilometro di strada brutta per
raggiungere da Liberia il Buena Vista Lodge
(buenavistalodgecr.com). Le grandi camere (80$, colazione inclusa) ricordano le
baite, e il ristorante a buffet offre piatti semplici ma buoni. All’interno
della proprietà si può fare di tutto: cavalcate, camminate alla cascata, canopy. Il lodge produce da sé gas metano, sapone, frutta e verdura,
rispettando l’ambiente. Alla base dell’imponente vulcano Arenal, un resort ideale
per chi vuole dimenticare il passato, immergendosi in piccole piscine termali,
è The Springs
(thespringscostarica.com), con camere da pascià e un buon ristorante. Vi si può
accedere anche solo durante il giorno (entrata e pranzo a 40-45$). Nella sempre
umida zona di Sarapiquí nulla di
meglio del Selva Verde Lodge (selvaverde.com)
per chi ama lo stretto contatto con la natura. Camere semplici a palafitta
(125$ la doppia con colazione in alta stagione), tutte di legno, circondate da
piante tropicali e ranocchiette microscopiche di tutti i colori. Proprietà e
gestione italiana, come testimonia la pizzeria aperta a cena. Il luogo,
occasionalmente, collabora con fotografi italiani che vi realizzano workshop
naturalistici. In alternativa, nel cuore della vicina Puerto Viejo, l’Hotel El
Bambú (elbambu.com) ha 40 camere confortevoli e un ottimo ristorantino
(nonostante l’apparenza dell’ingresso), con piatti buoni e ben curati. La città
di Limón non ha alloggi di qualità, per cui è meglio proseguire per Puerto Viejo de Talamanca (da non
confondere con quella di Sarapiquí), dove ci sono ottimi ‘rifugi’. Eccellente e
fuori dagli schemi, l’Hotel Le Caméléon
(lecamaleonhotel.com), piccolo boutique hotel di lusso in cui il bianco (camere
a dir poco candide, a 175$, colazione compresa) e il design dominano con gusto.
È di proprietà saudita - l’eleganza è da sceicchi che sanno quello che fanno -,
con un buon ristorante (tortellini al formaggio con salsa di asparagi e
gorgonzola a 12$!, oltre a piatti sofisticati di pesce) e una piacevolissima
area per il relax in spiaggia. A breve distanza, a Playa Chiquita, il Namuwoki Lodge (namuwoki.com, la ‘casa
del giaguaro’) ha belle camere immerse nella foresta (120$ la doppia in alta
stagione), una piccola piscina a fianco del buon ristorantino. Organizza
escursioni interessantissime di una giornata (partenza alla mattina, rientro
alla sera) nella comunità indigena Bribri di Yorkin, sul fiume che fa da
frontiera naturale con Panama.
TUTTI A
TAVOLA
Fuori dagli alberghi consigliati, si può mangiare bene
in numerosi ristoranti. A San José
ottima cucina catalana presso Casa Luisa
(Avenida 4, Calle 40, chiuso la domenica): tapas, bocarones (sardine fresche), gazpacho, coniglio con aragosta,
animelle di agnello, ampia carta di vini spagnoli. Per bisteccone e barbecue, La Casa de Doña Lela (Carretera Braulio
Carrillo, 2 km a nord del ponte Ricardo Saprissa, tutti i giorni fino alle
21,30) vale il viaggio per la cucina costaricana: parillada (piatto con mix di carni), riso con pollo, arracache (tubero Arracacia xanthorriza, originaria delle Ande) o patate a quadretti,
bollite con carne macinata e chorizo,
picadillo e molto altro. Altro
mini-viaggio, per gustare buoni piatti asiatici da Royal City (Carretera Panamericana, di fronte all’Indoor Club,
Curridabat, 2 San Pedro): ottimo dim sum.
A Montezuma ha aperto da poco Organico (lungo la via principale),
ristorantino italiano con piatti naturali, già molto apprezzato dai
viaggiatori. Orecchiette fate a mano, pane e biscotti, buoni piatti di pesce
con patata dolce, semi di sesamo e guarnizione di papaya. Nel Guanacaste non mancate una sosta per il
pranzo a El Viejo (elviejowetlands.com),
una vecchia hacienda vicino a
Filadelfia, in passato dedita all’allevamento e oggi convertita al turismo. Di
proprietà inglese da cinque generazioni, propone ottima cucina tica nel grande edificio di legno della
‘Casona’. A Limón, soprattutto per
godere una vista a 180° sulla città, si può cenare al ristorante panoramico El Faro, cucina varia, nel Barrio Santa
Eduviges. Per uno snack che è la
bandiera locale, simbolo del relax di mezzo pomeriggio limonense, cercate una
delle panetterie-pasticcerie che sfornano patí
(ravioloni fritti con ripieno di carne ed erbette) caldi: basta seguire il
naso e scovare la ressa di gente. Costano attorno ai 500 colones (circa 1$) e
mentre li addenterete vi faranno sentire parte del Costarica. Buona cucina italiana,
infine, lungo il litorale del Caribe Sur. Per ottime pizze, a Cahuita, c’è L’Osteria Corleone (ristoranteosteria.com): il proprietario, di
Roma, fa pizze veraci a circa 8$. Sulla strada che costeggia Playa Chiquita, vicino a Puerto Viejo
de Talamanca, potete deliziare il palato nei ristoranti gemelli Gatta ci Cova (sulla strada, a pranzo)
e La Pecora Nera (all’interno, solo
alla sera). Buoni piatti toscani a prezzi adeguati.
IN VOLO CON
L’ALTA CUCINA
Iberia (iberia.com/it) ha ottimi voli quotidiani per Panama
City, via Madrid. Chi vola in business class, oltre a poter usufruire del
confortevolissimo lounge
all’aeroporto della capitale spagnola (docce, camere per riposare, salamini
succulenti), a bordo può deliziarsi con i menù di quattro chef spagnoli
‘decorati’ con due stelle Michelin ognuno.
SHOPPING,
EVVIVA LA NATURA
A San José, bei manufatti ispirati ai monili
precolombiani possono essere acquistati nel negozio del Museo Oro Precolombino: pendenti in oro, copie dei tesori custoditi
nel museo (rane, coccodrilli), oltre ad artigianato indigeno. Il grande Mercado Central offre souvenir per tutti
i gusti, da camicette ricamate a mano a borse guatemalteche, sigari costaricani
e magliette ispirate a tutte le variazioni del motto nazionale Pura vida, amache e ceste di rafia.
Montezuma e Tamarindo vantano una vasta popolazione tardo-hippy, con
l’artigianato relativo, proposto lungo le vie principali degli abitati, tra un
negozio di surf e uno di costumi da bagno. Nell’altrettanto freak Puerto Viejo
de Talamanca, un negozietto di artigianato carino (noci di cocco intarsiate
dagli indios della regione, oltre a oggetti provenienti da mezzo Costarica) è Bamboo Caribe, chiuso il martedì. Nel
Sarapiquí, presso il negozietto di Tirimbina,
si può acquistare cioccolata ecologicamente corretta, ottimo caffè e bellissime
magliette con caricature degli animali endemici (molto carine quelle con il
pipistrello), prodotte da un bravo disegnatore locale. Dulcis in fundo, non lasciate il Costarica senza portare a casa almeno
un paio di buste dell’ottimo caffè locale, reperibile in ogni supermercato. Tra
le mille marche, una eccellente è la Triángulo
de Oro, disponibile in gusti diversi; un pacchetto da 250 gr. costa meno di
3$.
Informazioni turistiche
Instituto Costarricense de
Turismo, www.visitecostarica.com
Documenti
Passaporto con almeno sei mesi di validità. All’arrivo
nel Paese si ottiene un permesso di 90 giorni.
Fuso orario
Sette ore in meno rispetto all’Italia; otto quando da
noi è in vigore l’ora legale.
Lingua
La lingua ufficiale è lo spagnolo, abbastanza parlato
l’inglese. Nella zona caraibica è diffuso l’inglese, non propriamente di
Oxford.
Valuta
La moneta costaricana è il colón; ne servono circa 660 per un euro. È usato anche il
dollaro americano (= 500 colones circa).
Come
telefonare
Il prefisso per il Costa Rica è 00506. Per chiamare
l’Italia: 0039.
Periodo
migliore
Clima tropicale, molto caldo e umido. La stagione
secca va da dicembre ad aprile.
Pubblicato su Panorama Travel
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altre foto del Costa Rica su:
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