Anche questo maggio i cattolici bolognesi accolgono con gioia e speranza l’evento religioso del calendario religioso cittadino: la discesa della Madonna di San Luca dall’omonimo santuario. Il santuario della Madonna di San Luca (XI sec.), situato sul monte della Guardia (289 m), è la più grande chiesa tra quelle che circondano Bologna dall’alto, un vero e proprio “faro”: l’imponente edificio è visibile a chilometri di distanza, soprattutto di notte, quando è illuminato.
Il tempio fu costruito per ospitare l’immagine della Madonna, proveniente da Costantinopoli, un’icona probabilmente dipinta dall’evangelista Luca e adornata con una croce ricoperta di diamanti - un regalo alla città dell’imperatore Francesco Giuseppe -, da una corona e da un anello (questi ultimi di Pio IX). Una lastra d’argento cesellata a sbalzo, forgiata da Jacobs di Bruxelles (1625), la ricopre. L’icona fu trafugata nel 1160 per opera di un pellegrino e da allora venne custodita in un piccolo eremo fondato ad hoc per mano di tali Azzolina e Beatrice, figlie di Rambertino de’ Guezi. La struttura dell’edificio fu ampliata nel 1723 e la nuova costruzione venne affidata a Carlo Francesco Dotti. All’interno, a croce greca, sono conservate opere di Guido Reni (sua è l’Apparizione della Vergine a San Domenico), del Viani, del Guercino (l’Apparizione di Cristo alla Madre, nella sacrestia), del Bigari, di Giuseppe Cassioli (il Trionfo della Vergine, nella volta della cupola), di Donato Creti (L’Incoronazione, nella seconda cappella), di Giuseppe Mazza e di Angelo Piò.
Ciò che forse più rende interessante questo santuario agli occhi del visitatore è l’infinito portico che lo collega alla città (portico di San Luca e del Meloncello): inizia a Porta Saragozza e risale al 1674, ma per terminarlo ci vollero sessant’anni. È il più lungo del mondo (3,796 km) ed è composto da ben 666 archi: 300 fra Porta Saragozza e il Meloncello, 366 da quest’ultimo al santuario. Questo portico viene solitamente percorso, dal basso verso l’alto - dunque in salita, con una forte pendenza -, da parte di chi sente di dover espiare una colpa o, più semplicemente, desidera mantenersi in allenamento: non a caso la Madonna di San Luca è considerata la patrona degli sportivi bolognesi. La passeggiata, seppur faticosa, è da non perdere, soprattutto durante le giornate limpide, quando si può osservare la città dall’alto.
Ciò che forse più rende interessante questo santuario agli occhi del visitatore è l’infinito portico che lo collega alla città (portico di San Luca e del Meloncello): inizia a Porta Saragozza e risale al 1674, ma per terminarlo ci vollero sessant’anni. È il più lungo del mondo (3,796 km) ed è composto da ben 666 archi: 300 fra Porta Saragozza e il Meloncello, 366 da quest’ultimo al santuario. Questo portico viene solitamente percorso, dal basso verso l’alto - dunque in salita, con una forte pendenza -, da parte di chi sente di dover espiare una colpa o, più semplicemente, desidera mantenersi in allenamento: non a caso la Madonna di San Luca è considerata la patrona degli sportivi bolognesi. La passeggiata, seppur faticosa, è da non perdere, soprattutto durante le giornate limpide, quando si può osservare la città dall’alto.
Anche l’arco del Meloncello (1732), quello situato alla fine di via Saragozza, dove inizia l’erta salita, è opera del Dotti. La costruzione di questo portico fu finanziata dai fedeli, dalle famiglie nobili e dalle corporazioni delle arti, al fine di proteggere dalla pioggia l’annuale processione - seguita ancor oggi, a partire dalla prima domenica di maggio - che portava in centro l’immagine della Madonna di San Luca col Bambino.
La “discesa” della Madonna in città è una tradizione fin dal 1433 quando, alla fine di una stagione agricola disastrosa - le piogge costanti distrussero i raccolti -, riapparve il sole e l’evento “miracoloso” fu attribuito alla Madonna di San Luca. Una leggenda, infatti, vuole che la costruzione del lungo portico non sia dovuta tanto all’esigenza dal ripararsi dagli agenti atmosferici, quanto al fatto che, al primo passaggio della Madonna, gli alberi che delimitavano il percorso si sarebbero inclinati sino a formare una specie di “portico naturale”. Il portico è intervallato da numerose cappelle, dette “dei Misteri”; da notare, in corrispondenza del centosettantesimo arco, la statua della Madonna col Bambino (di Andrea Ferreri, 1673), un tempo soprannominata “Madonna grassa”, a causa della sua corpulenza.
Fino a qualche anno fa era in funzione la vecchia funivia che, dall’inaugurazione nel 1930, collegava il santuario alla città bassa, partendo dall’incrocio tra via Porrettana e via Andrea Costa, poco prima del comune di Casalecchio di Reno. La funivia fu disattivata perché andava contro l’uso originario per il quale il lungo portico era stato costruito: una faticosa camminata quale segno di devozione.
La processione, ogni anno, tocca i luoghi principali della devozione bolognese: la Basilica di San Petronio e la Cattedrale Metropolitana di San Pietro. In entrambi i templi l’effigie sacra viene conservata per un certo periodo e l’afflusso di pellegrini è costante. I momenti più importanti dell’evento sono la discesa, l’arrivo a San Petronio - dove si celebra una messa imponente -, il passaggio verso San Pietro e il ritorno al colle della Guardia. Durante la permanenza in San Pietro si tiene un vivace mercatino nell’attigua via Altabella e i bambini lo affollano, attirati da dolciumi e giocattoli.
La processione può offrire un buono spunto per visitare la grande Cattedrale di San Pietro. Le sue origini risalgono al X sec. (910 d.C.) ma, distrutta da incendi (nel 1131) e terremoti (1222), fu stata ricostruita a più riprese. La struttura attuale risale al 1605, su disegno del Magenta. L’interno conserva opere di Ludovico Carracci (L’Annunciazione, nel presbiterio), Donato Creti e Alfonso Lombardi (la Deposizione, scolpita agli inizi del XVI sec.). Il campanile a base rettangolare (XII sec.), opera di mastro Alberto Bolognese, racchiude una torre campanaria a pianta circolare più antica. Nella cripta sono conservate alcune reliquie dei santi Vitale e Agricola, mentre numerose altre opere del romanico decorano l’interno: i leoni stilofori trasformati in reggi-acquasantiere - originariamente situati su una porta laterale andata distrutta -, la Crocifissione in legno di cedro e la colonna tortile del battistero. La facciata venne ricostruita nel 1743 su disegno del Torreggiani e fu modificata nel 1776 dal Tadolini.
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