venerdì 1 marzo 2013

INDIA - L'ARCOBALENO IN POLVERE


L’Holi, la più colorata delle coloratissime feste indiane. Così colorata da richiedere un guardaroba adeguato

Maglietta e pantaloncini da battaglia, un sacchetto di cellofan per proteggere la macchina fotografica e una buona dose di pazienza e disponibilità al gioco: questi gli ingredienti principali per affrontare l’Holi, festa indù a base di polveri colorate da buttarsi addosso. In quanto stranieri, saremo i bersagli preferiti.

Le leggende
Come in ogni storia che va dall’antico poema epico Mahabharata agli stucchevoli musical di Bollywood, alle radici dell’Holi (‘bruciare’) c’è più di una leggenda ispirata alle vicende da telenovela degli dèi del pantheon indù. Bene contro Male, come in ogni leggenda che si rispetti. Il principe Prahlad, amico del dio Vishnu, aveva ricevuto in dono la capacità di entrare nel fuoco senza bruciarsi. La zia del buon principe, Holika, demonessa, odiava Prahlad perché questi rifiutava le lusinghe delle tenebre, lusinghe adorate dal padre Hiranyakashyap, fratello di Holika. Il re tiranno ambiva a divenire il Signore del paradiso, della terra e degli inferi, e così si sottopose a lunghi anni di penitenze e preghiere. Alla fine gli fu concesso un aiuto divino. Esaltato da tale potenza, il re pensò di essere divenuto invincibile, si proclamò unico dio e ogni suddito del suo regno avrebbe dovuto adorarlo. Ma Prahalad, il giovane figlio del re, era un fervente devoto di Vishnu e, a dispetto dell’ordine paterno, continuò a adorare il proprio dio. Dopo aver attentato invano alla vita del figlio in diverse occasioni (l’arrogante re-demone odiava Prahlad, dopo che Vishnu gli aveva ucciso il figlio minore), Hiranyakashipu chiese aiuto alla sorella Holika che, si diceva, fosse immune al fuoco, ma che non era al corrente del dono particolare del nipote. Assieme decisero che Prahalad sarebbe morto sul rogo. Prepararono una pira ardente e Holika vi si sedette sopra abbracciando saldamente Prahalad. La devozione del giovane nei confronti di Vishnu lo salvò dal fuoco, mentre Holika fu ridotta in cenere. In seguito Vishnu uccise anche Hiranyakashipu. Trionfo del potere della fede sui limiti della fisica, la leggenda di Prahlad si è tramandata nel tempo, trasformandosi in una delle più importanti feste indù.



Lo sconfinato territorio indiano, però, non pone limiti alle proprie leggende, che mutano da un capo all’altro del Paese. Nel Sud, in particolare nel Kerala, queste narrano di come il dio dell’amore, il giovane Kamdev (o Kamadeva, il Cupido indù, da cui il Kamasutra), in uno dei suoi giochi infantili un giorno avrebbe scoccato una freccia nel terzo occhio del dio Shiva. Una variazione della leggenda racconta come Kamdev, per aiutare Parvathi, innamorata di Shiva, avesse disturbato la meditazione del dio con un dardo. Shiva, aprendo gli occhi, scoprì la bellezza di Parvathi e si innamorò di lei, ma arrabbiato per essere stato distolto dall’ascesi aprì il terzo occhi e incenerì Kamdev. Parvathi, dispiaciuta, implorò Shiva affinché fosse concessa una seconda vita a Kamdev, ma il suo desiderio venne esaudito solo in parte. Shiva acconsentì al ritorno di Kamdev dall’aldilà, ma non più in forme umane.
Una storia ancora più truculenta racconta di donne vampiro dedite a uccidere i bambini succhiandone il sangue. I fuochi accesi alla vigilia dell’Holi rappresenterebbero la punizione inflitta a una delle vampiresse, Puthana (no comment sul nome, di matrice indù, per nulla ispirato al mondo del lavoro italiano), bruciata viva dopo aver tentato di uccidere Krishna come balia dal latte avvelenato. Krishna succhiò non solo il latte avvelenato dalle mammelle di Puthana, ma anche la vita.
L’Holi, inoltre, celebrerebbe il mito dell’eterno amore fra Krishna e Radha. Il giovane Krishna, reincarnazione di Vishnu, amava scherzare, e uno dei suoi divertimenti preferiti consisteva nel buttare acqua mescolata a polvere colorata addosso alle ragazze del villaggio. All’inizio le fanciulle si arrabbiavano, ma l’amore nei confronti del giovane dio le riportava velocemente alla calma. In breve anche gli altri ragazzi del villaggio si unirono a Krishna, rendendo popolare questo gioco. Più tardi, quando Krishna divenne adulto, il gioco assunse una nuova dimensione, aggiungendo colore alla leggendaria vita amorosa del dio.

















La festa
Da secoli la brutta fine di Holika è ricordata dai falò accesi alla vigilia della festa di Holi, il primo plenilunio di marzo. È questa la seconda festa più importante del mese di Phalguna (febbraio-marzo), celebrata nei giorni che precedono la luna piena. Si celebra così - soprattutto nel Nord dell’India, dove la stagione invernale è più marcata - il passaggio verso l’estate. La festa è accolta con particolare entusiasmo nelle città di Mathura, Vrindavan, Nandgaon e Barsnar (o Barsana), quest’ultima storica dimora del dio Krishna, dove l’Holi dura ben sedici giorni. Nella comunità rurale del Maharashtra il festival prende il nome diRangapanchami e viene celebrato con canti e danze. In Rajasthan, in particolare nella città di Jaisalmer, la musica suona incessantemente mentre nuvole di polvere colorata tingono l’aria. Al ritmo dei tamburi e dei cembali grandi gruppi di uomini cantano canzoni erotiche, mimano i movimenti del sesso, così da favorire una prole numerosa e, nelle zone rurali, raccolti abbondanti. Sul ciglio delle strade vengono accesi falò per purificare l’atmosfera dagli spiriti demoniaci e rievocare la distruzione della perfida Holika. I giovani usano saltare dentro a grandi fuochi, balzandone subito fuori, pratica considerata di buon augurio (‘sopravvivono’ alle fiamme come Prahalad).
Il mattino successivo, giorno di Dhuleti, le strade si riempiono di gente che corre, che gira in moto facendo baccano (almeno tre persone per moto), spruzzando acqua e polvere colorata in ogni dove. Il bhang, una bevanda a base di latte, mandorle, foglie di marijuana e spezie, e ilthandai, un dissetante con latte, zucchero, semi di girasole o di zucca, mandorle tritate e spezie, contribuiscono a creare un’atmosfera allegra e disinibita. Quando i tizzoni sono freddi vengono venerate le ceneri sacre e su di esse sono sparse polveri e acqua colorate, a simboleggiare l’arrivo della primavera. In diversi villaggi si svolgono battaglie a base di spruzzi d’acqua colorata fra squadre di donne e di uomini che si difendono con scudi di cuoio e corna di cervo. Durante la festa gli indù si recano nei templi e portano come offerte cesti di frutta e di fiori, riso e, occasionalmente, il sangue di qualche capretto. Sullo sfondo si suona musica con tamburelli e campanellini, mentre nelle case c’è un bel viavai di ospiti e le bevande scorrono con abbondanza. Per gli indiani l’Holi rappresenta una rara occasione per mettere da parte momentaneamente le proprie inibizioni e le differenze di casta, godendosi un giorno di divertimento sfrenato. Persino le donne, solitamente relegate a ruoli più pacati nel corso di ogni festa indiana, in questa circostanza possono festeggiare con un’intensità pari a quella degli uomini. In questo giorno, a Barsnar, le donne si travestono da gopi e possono picchiare gli uomini con il lathi, il lungo bastone usato dalla polizia indiana, costringendoli a travestirsi da donna e a ballare per loro. Finalmente un momento di ‘vendetta’, seppure simbolica, contro il machismo che domina la società indiana. Nelle strade i ragazzi trascorrono la giornata amoreggiando e facendosi scherzi, mentre gli adulti si scambiano strette di mano e abbracci in segno di pace.





























Polvere a go-go
In origine legata ai festeggiamenti in onore del raccolto e della fertilità della terra, la festa di Holi rappresenta anche la gioiosa danza e i giochi di Krishna e delle sedicimila gopi (mandriane) che gli hanno regalato il cuore, alle quali il dio lancia polveri colorate. Nel giorno di Dhuleti tutti si dipingono l’un l’altro la faccia di colori sgargianti che si vendono ovunque, per strada e nei mercati. Le buste di gulal, la polvere colorata, è venduta come il pane, dappertutto, già una settimana prima. Le montagne di giallo zenzero, blu indaco, rosso porpora, fucsia, arancione zafferano e turchese, tutti tendenti a tinte fosforescenti, colorano visi sorridenti, abiti, case, città e villaggi. Ogni tanto pure qualche animale. In passato i colori erano estratti artigianalmente da un fiore che sboccia solo nel periodo della festa, ma oggi sono perlopiù ottenuti chimicamente. Si dice che i colori naturali avessero virtù terapeutiche, ritenendo che i pigmenti ‘medicamentosi’ potessero preservare dalle malattie che il clima caldo e umido contribuisce a diffondere. Dalla mattina presto le persone in festa si riversano nelle strade con buone scorte di gulal, diluito all’interno di pompe e di gavettoni, e non hanno pietà per nessuno. I ‘goré’, gli stranieri, sono bersagli preferiti e, per stare al gioco, devono rispondere colpo su colpo. Scappare o offendersi sarebbe ritenuto un gesto di inciviltà. Se non si vuole finire multicolor è meglio rimanere barricati nella camera d’albergo. Ma se si esce bisogna ricevere e dare, al grido di ‘Holi hai!’, ‘viva Holi!’. La guerra del colore infuria per tutta la mattina, ma a mezzogiorno, puntualmente, scatta il cessate il fuoco. Le strade ritornano a essere stranamente tranquille, l’esaltazione si spegne e ognuno, stanco e ricoperto da strisce di ogni colore ipotizzabile, se non da un amalgama rossastra non identificabile, ritorna casa per il meritato bagno. Bagno di quelli con la spugna, in cui grattare una sola volta non basta. Nel pomeriggio ci si ristora mangiando dolcetti, mentre un silenzio insolito cade sull’India. I marciapiedi e le strade appaiono come asfalto sul quale si è sbriciolato l’arcobaleno, e le lavandaie iniziano a rimboccarsi le maniche. Le aspetta una settimana di dure fatiche.

Pubblicato su Smoking






SHIGMOTSAV
The Hindu 'Carnival', in Goa
for two weeks, in March

Shigmo in Goa is esentially a festival of the masses. Though it is celebrated under different names and in different ways in various parts of India. It is the festival of farewell to winter celebrated on the full moon day in the month of Phalguna (March), the last month of the Hindu calendar. In Goa, the land of temples, Shigmo begins with Naman or collective obeisance of villagers from 9th moon day to full-moon day. During all these days, they are to shun non-vegetarian food and all intoxicants. From the 11th Moon day to the 15th moon day, various village groups clad in their most colorful dresses set out with festive mood with multi-colored cloths, torans, flags and column-like red spoted "Dwajas", beating drums and blowing flutes to gather at the village temples, and dance in the temple court yard singing various folk songs to the beat of the drums. On the 5th day comes the real day of rejoicing. It is called "Rang Panchami" - it is practised differently at different places. The main function of the day, however, is the profuse use of 'Gulal' or red-powder. It's a symbol of rejoicing, when people throw it on each other as a sign of full-hearted greeting. A spectacular display of Goan Hindu ethnicity and mythology is on show as the annual Shigmo parade held centerstage on Panjim's 18th June Road. Attired in traditional costumes, various folk groups consisting of women and men dancers give vibrant performances of various dances. These are interspersed with mell groups that move along the route with their traditional Goan drums. The grand finale is always provided by artistically designed and beautifully lit up floats. The parade is also held on a lesser scale in Ponda, Vasco, Margao and Mapusa.


















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