sabato 1 dicembre 2012

MESSICO - LE ROSE DI GUADALUPE


Il miracolo della Vergine di Guadalupe, celebrato ogni 12 dicembre a Città del Messico. Un momento di folclore popolare e di profonda religiosità

Con gli oltre venti milioni di pellegrini che lo visitano ogni anno, il santuario di Nostra Signora di Guadalupe, a Città del Messico, è il più frequentato di tutta l’America Latina. Ogni 12 dicembre masse oceaniche vi giungono per commemorare l’apparizione della madonna di Guadalupe, patrona dei messicani, a Juan Diego, un contadino indio. La madonna gli avrebbe ordinato, in quella circostanza, di raccogliere delle rose da dare al vescovo, affinché questi costruisse una chiesa sulla collina di Tepeyac. Poco importa se, da quelle parti, le rose in dicembre sono fantascienza. La fede dei messicani non ha confini, e i miracoli non hanno bisogno di lucide spiegazioni.





Il miracolo, le rose ‘fuori stagione’
Il 13 agosto 1521 Tenochtitlán, la magnifica capitale dell’impero atzeco, fu saccheggiata e distrutta dai conquistadores spagnoli. La caduta del regno degli aztechi diede il via al processo secolare di commistione delle etnie del grande Paese latinoamericano. In quel contesto, dieci anni dopo, sarebbe avvenuto il miracolo, colorato atto di una fede fresca di importazione. Sabato 9 dicembre 1531, all’alba, l’indio Cuauhtlatòhuac - ribattezzato Juan Diego a cinquant’anni d’età -, di professione contadino, si sta recando alla chiesa francescana di Santiago. Mentre attraversa il Cerro del Tepeyac, collina nei pressi di Città del Messico, all’improvviso sente una voce che lo chiama: “Juantzin, Juan Diegotzin” (diminutivo di Juan Diego in lingua nahuatl, l’antica lingua atzeca ancor oggi diffusa). Viene da una bellissima donna che si presenta come “la perfetta sempre vergine Maria, la madre del verissimo e unico dio”. La donna gli ordina di andare dal vescovo Juan de Zumarraga per dirgli che vuole una chiesa a lei dedicato in quel luogo. Juan Diego corre dal vescovo, ma non viene creduto. Tornando a casa la sera, l’indio incontra nuovamente la vergine Maria sul colle. Le riferisce del proprio insuccesso e chiede di essere esonerato dal compito, non essendone degno. La vergine gli ordina di tornare il giorno successivo dal vescovo, il quale, dopo avergli rivolto domande sulle circostanze dell’apparizione, gli chiede un segno. La madonna promette di darglielo l’indomani. Il giorno seguente, però, Juan Diego non riesce a tornare. Di prima mattina viene mandato a Tlatelolco a cercare un sacerdote che confessi suo zio Juan Bernardino, gravemente malato. Giunto al Tepeyac decide di cambiare strada, così da evitare l’incontro con la donna. Ma lei lo sta aspettando e gli chiede perché abbia tanta fretta. Juan Diego si prostra ai suoi piedi e le implora perdono per non poter portare a termine l’incarico. La donna lo rassicura, suo zio è guarito, e lo esorta a salire sulla cima del colle per raccogliervi dei fiori. Juan Diego sale e con grande meraviglia trova dei bellissimi “fiori di Castiglia”. 







È il 12 dicembre, solstizio d’inverno, e né la stagione né il luogo - una pietraia - sono adatti alla crescita di quei fiori. Juan Diego ne raccoglie un mazzo e li porta alla vergine, la quale però gli ordina di consegnarli al vescovo quale segno delle apparizioni. Juan Diego obbedisce e colloca i fiori nella sua tilma, il mantello. Arrivato dal vescovo apre il mantello e all’istante su questo si imprime l’immagine della vergine, alta 143 cm. Di fronte a tale prodigio, il vescovo cade in ginocchio, e con lui tutti i presenti. La mattina seguente Juan Diego accompagna il religioso al Tepeyac per indicargli il luogo in cui la madonna vuole che le sia eretto una chiesa. L’immagine della vergine, nel frattempo collocata nella cattedrale, diviene rapidamente oggetto di devozione popolare. In seguito viene fatta una scoperta davvero sorprendente. Con l’ausilio apparecchiature simili a quelle usate per decifrare le immagini inviate sulla Terra dai satelliti, una commissione di scienziati avrebbe evidenziato la presenza di un gruppo di tredici persone riflesse nelle pupille della vergine. Queste, il cui diametro è di appena otto millimetri, sono state elaborate elettronicamente attraverso un computer e ingrandite 2500 volte. Si sarebbe così stabilito che vi è riflessa la scena di Juan Diego che apre la tilma davanti al vescovo e agli altri testimoni. Un vero rompicapo per gli studiosi, fenomeno che la mitologia popolare ha presto trasformato in secondo miracolo.







La Virgen Morena
È interessante l’adattamento etnologico che il mito ha subito nelle nuove terre di conquista, un po’ come in tutti i Paesi colonizzati. La madonna che si sarebbe manifestata sul Tepeyac non apparve come una straniera, bianca, ma come una meticcia, una morenita locale, che indossava una tunica con fiocchi neri all’altezza del ventre, nella cultura india caratteristica le donne gravide. Nell’iconografia religiosa è stata raffigurata, per circa mezzo millennio, come una madonna dal volto nobile, di colore bruno, a mani giunte. Sul capo porta un manto azzurro, trapuntato di stelle dorate, che le scende fino ai piedi, i quali poggiano sulla luna. Alle sue spalle risplende il sole. La madonna è così diventata “tonantzin”, “la nostra venerata Madre”, come gli indios messicani hanno poi chiamato la vergine di Guadalupe, il cui nome ispanico deriva dall’omonima, bruna vergine adorata nel monastero di Guadalupe, in Spagna. 




La basilica di Città del Messico in cui oggi si conserva l’immagine - di fianco alla chiesa originaria del 1533, più volte rifatta -, con una capienza di 10.000 posti, fu inaugurata nel 1976. Tre anni dopo venne visitata da papa Giovanni Paolo II, che dal balcone della facciata - sul quale sono scritte a caratteri d’oro le parole della madonna a Juan Diego: “No estoy yo aqui que soy tu Madre?” - salutò le migliaia di messicani confluiti al Tepeyac. Nello stesso luogo il pontefice, nel 1990, proclamò beato Juan Diego, poi santificato nel 2002. La tilma e l’immagine si conservano incredibilmente intatte ancora oggi nella grandiosa basilica di Guadalupe, costruita ai piedi del colle Tepeyac. La prima pende sull’altare maggiore, ed essendo divenuta una reliquia preziosissima viene adorata dai pellegrini che, incessantemente, fanno la fila per raggiungerla. Il movimento di fedeli è così massiccio che i pellegrini vengono tenuti in costante movimento sotto la tilma mediante un tapis roulant. Gli esami scientifici per stabilire la vera natura dell’immagine impressa sul mantello iniziarono già nel 1666. Secondo questi non si tratterebbe di un dipinto perché sulla tela non c’è traccia di colore: è come se le fibre fossero state impresse con un procedimento naturale. Inoltre l’ayate, il tessuto di fibre d’agavepopotule usato in Messico dagli indios più poveri per tessere abiti, è estremamente deteriorabile. 




Non si riesce dunque a spiegare come abbia potuto conservarsi il mantello ‘miracoloso’, l’unico del XVI secolo fatto di ayate ancor oggi intatto. Alla Virgen de Guadalupe, nel tempo, sono stati attribuiti innumerevoli miracoli. Nel 1737, dopo che avrebbe posto fine all’epidemia di tifo che aveva piagato Città del Messico, la vergine ‘morena’ fu dichiarata patrona principale della Nueva España, come allora era chiamato il Messico. La sua icona ha quindi seguito i messicani oltre frontiera, divenendo simbolo del Paese: lo stesso Hidalgo la riprese sulla sua bandiera, durante la guerra d’indipendenza. Laddove oggi ci sono grandi comunità messicane, soprattutto negli USA, la vergine di Guadalupe è venerata al pari delle altre maggiori icone cattoliche. Si può quindi dire che la colonizzazione del Messico, anche religiosa, abbia trionfato: la sintesi fra la cultura azteca e la fede cristiana si sono concretizzate e profondamente radicate.




Il pellegrinaggio
Ogni 12 dicembre, Día de Nuestra Señora de Guadalupe, fin dalle prime luci dell’alba la basilica si trasforma in un grande teatro all’aperto dedicato alla commemorazione religiosa, all’orgoglio nazionale, alla musica e alle danze atzeche, in altre parole alla festa messicana più popolare che ci sia. I pellegrini, chilangos (abitanti di Città del Messico) e della provincia giungono da tutto il Paese, e alcuni addirittura approfittano di questa importante data per un rapido ‘passaggio da casa’, salutare la famiglia e la madonna, per poi tornare a lavorare nei vicini States. Qualcuno percorre gli ultimi chilometri verso la basilica sulle ginocchia, in segno di devozione e penitenza, mentre qualcun altro arriva al grande piazzale della basilica già una settimana prima della festa e lì fuori si accampa. L’interno della chiesa, facilmente accessibile durante il resto dell’anno, in quella giornata è praticamente inavvicinabile, a meno che non piaccia il contatto fisico a tutti i costi. La festa è un’importante occasione commerciale per battaglioni di venditori ambulanti, i quali propongono tutto ciò che è umanamente vendibile in una tale circostanza: bibite, magliette con la Virgen de Guadalupe, dolciumi per le frotte di bambini, tacos y enchilladas, crocifissi, candele. Alcuni bambini arrivano mascherati da Juan Diego o da ragazze indie. Sul piazzale si alternano balli delle tante etnie messicane, in coloratissimi abiti tradizionali. Qualcuno arriva vestito da scheletro, in omaggio all’altra importantissima festa popolare messicana, quella dei Morti. Altri suonano musica atzeca, vestiti come i loro antenati e percuotendo fragorosamente grandi tamburi. I pellegrini si affollano anche sul retro della basilica, nella Capilla del Cerrito (Cappella della Collinetta), dove Juan Diego avrebbe avuto la visione, nella Capilla de Indios, situata di fianco al luogo in cui l’indio visse dopo la sua visione, fino alla morte (1548), e nella Capilla del Pocito (Cappella del Pozzetto), dove una fonte sarebbe sorta in seguito alla visione. In cima alla collina domina la cappella forse più importante, la Capilla de las Rosas: qui sarebbero cresciute le rose ‘miracolose’. Simbolo di un Paese che da sempre vive di colore, bellezza e magia.


Pubblicato su Smoking


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