Praga a
novembre, inseguendo l’ultima luce d’autunno
Praga
ammalia in tutte le stagioni: primavera, estate e inverno, ognuna con le
proprie caratteristiche - la rinascita della vita la prima, l’esplosione dei
colori la seconda, il fascino della neve l’ultima -, rendono indimenticabile
una visita a questa città così medievale, europea e giovane al tempo stesso. Ma
è tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno più rigido, in novembre,
quando le giornate si accorciano, che le poche ore di luce esaltano a pieno lo
splendore e il romanticismo di cui edifici, piazze, ponti sono intrisi. Un
giallo saturo, con tutte le sfumature dell’oro, del pivo (la birra: qui
si beve la migliore del mondo, vedi http://pietrotimes.blogspot.it/2012/01/repubblica-ceca-nettare-dorato.html) e del miele,
emana bagliori che, passando attraverso gli occhi, prendono direttamente allo
stomaco. Un vago quanto forte senso di nostalgia indefinita, di desiderio di
non andarsene più - nonostante la colonnina di mercurio sprofondi
abbondantemente sotto lo zero -, di spinta a possedere, oltre che osservare,
tutto ciò che ci circonda, ci assale senza tregua.
Praga,
non a caso, era una delle mete europee più amate dagli italiani, ma non solo,
ancor prima della cosiddetta ‘Rivoluzione di Velluto’ (morbida, senza
spargimenti di sangue) che seguì, nel 1989, la caduta del Muro di Berlino e che
precedette, nel 1993, l’altrettanto vellutato ‘divorzio’ dalla sorella
Repubblica Slovacca. Già allora, infatti, i nostri turisti dovevano affrontare
file lumacose agli iperburocratici consolati cecoslovacchi di mezza Europa per
ottenere l’agognato visto d’ingresso, ma le loro fatiche venivano premiate con
la scoperta di un luogo unico al mondo. Più indietro nel tempo, inoltre, Praga
attirò architetti, religiosi, personaggi come il pittore Giuseppe Arcimboldi,
che vi trovò una corte reale sensibile alla sua eccentrica e incommensurabile
arte, o Giacomo Casanova, venuto appositamente per assistere al Don Giovanni.
Oggi, per fortuna, gli intoppi e i veti del periodo comunista sono preistoria,
la Repubblica Ceca sembra essere più europea di tanti altri paesi da sempre
europei. I giovani di mezzo Occidente la adottano come seconda patria: arte di
ogni epoca passata e d’avanguardia, birrerie davvero degne di tale nome, una
cucina da non trascurare – conoscendo gli indirizzi giusti, e non le trappole
per turisti - (da non mancare come accompagnamento i knedlíky,
gnocchetti di pane e latte), il lugubre fascino medievale dei pruchody
(passaggi segreti tra le buie viuzze acciottolate) e una forte rinascita
economica costituiscono, nell’insieme, una miscela irresistibile.
Giallo,
ocra, rosso
L’arcobaleno
dei colori di primo inverno, a Praga, sembra restringere la propria gamma,
concentrandosi tra il giallo e il rosso. Questo fenomeno, se le nuvole non ci
sono avverse e se si evitano i quartieri periferici (il grigio del cemento
postbellico), è onnipresente nel centro storico, attraversato dalla Moldava, in
questo periodo anch’essa ricca di toni ramati. Hradčany (il quartiere del
Castello e della Cattedrale di San Vito), Malá Strana (la ‘Città Piccola’), Staré
Mesto (la Città Vecchia), l’isola artificiale di Kampa e l’attiguo lungofiume:
tutti luoghi in cui l’architettura e la storia, pienamente valorizzati da una
luce calda e morbida, intensa e soffusa al tempo stesso, ci proiettano nel
passato, nonostante lo sferragliare dei tram, il correre delle auto, il vociare
dei turisti. Basti scorgere, per esempio, i fregi policromi, spesso dorati,
sulle facciate delle case barocche e liberty di Malá Strana, molte delle quali
contraddistinte da figure in rilievo che, in passato, sostituivano la
numerazione civica indicando, al tempo stesso, la peculiarità del luogo o il
senso estetico dell’inquilino (violini, cigni, il sole, gamberi, santi, coppe,
chiavi dorate...). Se osservato dall’alto del colle Petřín, l’altura che domina
la città (dove troviamo una copia della Torre Eiffel), il quartiere di Malá
Strana, con i suoi tetti rossi, ci infonde una sensazione che, se fossimo in
Portogallo, non esiteremmo a definire come saudade. Gli stessi tetti,
tutti con forme diverse, tutti rossi, tutti con sfumature mai uguali, li
rivediamo più da vicino, una volta saliti sui sessanta metri della Torre del
Municipio, nel cuore di Staré Mesto. Da qui, stretti tra gli angusti passaggi
in pietra e colti da una certa vertigine, si ha l’idea di dominare l’intera
città: ai nostri piedi, nella Piazza della Città Vecchia (Staroměstské náměstí),
si ergono la Chiesa di San Nicola, il Palazzo Kinských (sede della Galleria
Nazionale), il vecchio Municipio con l’ipnotico Orologio Astronomico (orloj)
- nessun visitatore riesce a sfuggire dalla tentazione di ammirare, bocca
aperta e mento all’insù, il meccanismo che scandisce le ore, con il corteo
degli apostoli e le figure allegoriche del Paganesimo, dell’Avarizia, della
Vanità e della Morte -; ma anche la Scuola e la Chiesa di Týn, quest’ultima,
con le sue torri dalle guglie aguzze, apparentemente uscita da un film di Walt
Disney a base di fantasmi e vampiri. Nella piazza, soprattutto nel tardo
pomeriggio, ogni cosa sembra animarsi con i bagliori dorati: perfino la tetra
facciata della Chiesa di Týn o la statua dedicata a Jan Hus, il patriota e
riformatore religioso che nel Quattrocento venne arso vivo. In questa piazza
ritroviamo quella mescolanza di stili che contraddistingue Praga e che la rende
così affascinante: il barocco, il rococò, il gotico, il neogotico e il liberty
qui convivono in assoluta armonia. Il liberty (secese, in Boemia – vedi ),
in particolare, con i suoi arabeschi dorati disseminati un po’ dovunque, visse
in questa città uno dei suoi momenti migliori. Nella regione divenne, seppure
per un periodo piuttosto breve, lo stile dominante per mano di Alfons Mucha.
Praga, infatti, è ricchissima di edifici dell’Art Nouveau, come quello
dell’Hotel Europa (per l’esattezza in stile Jugendstil), nella più
moderna - rispetto alla Città Vecchia - Piazza San Venceslao, pregna di storia
(vi convivono la statua equestre del santo, protettore dello Stato boemo, e il
ricordo di Jan Palach, lo studente che qui si diede fuoco all’arrivo dei carri
armati sovietici), oltre che di negozi, traffico e persone in perenne
movimento.
La
quiete del fiume, la solennità del Castello
Ma
il fascio di luce gialla non illumina solo le piazze. Per inseguire le sue orme
dorate basta raggiungere la Moldava e il neorinascimentale Teatro Nazionale, e
costeggiare il lungofiume. Qui, soprattutto lungo Masarykovo nábřeží, le
facciate art nouveau sembrano fare a
gara in quanto a originalità e fantasia, la Torre dell’Acqua - con l’attiguo
museo dedicato a Smetana - si staglia nel cielo con la sua tinta da tramonto e,
ponte dopo ponte, si raggiunge Kampa, la tranquilla isola che tanto fu amata da
Bohumil Hrabal, uno dei maggiori scrittori cechi (il suo Ho servito il re
d’Inghilterra, dopo un primo impatto traumatico con la totale assenza di
punteggiatura, ci dà l’idea di quanto una città come Praga possa sviluppare il
lato artistico dell’animo umano). Qui, tra case d’altri tempi adattate al
comfort del Duemila, l’intonaco giallo ci comunica pace e quiete, e le acque
del ruscello Čertovka (‘Diavolo’), nonostante il nome poco rassicurante, ci fanno
immaginare i mulini che, in passato, agitavano le pale. Alla base di Kampa si
snoda una delle tante meraviglie di Praga: il Ponte Carlo. Sarà perché collega
i due punti principali della città - quella Vecchia al Castello -, per i
turisti che osservano i gabbiani e per i gabbiani che osservano i turisti, per
le trenta splendide statue dei santi che sembrano scrutarci dall’alto al nostro
passaggio, per il costante flusso di umanità cosmopolita, oppure ancora per il
bagliore emanato dalle dorature del Cristo in Croce o di un rilievo che,
sfregato, si dice porti fortuna. Sia come sia, il Ponte Carlo emana energia, e
c’è addirittura chi, conscio di ciò, ogni venerdì all’alba lo percorre con
assoluta lentezza, per assorbirne la ‘positività’. Misticismo, bioenergia,
architettura e luce, soprattutto qui, creano una miscela magica. Tali
sensazioni sono meno percettibili se saliamo su una delle due torri Mostecké
situate alle estremità - Praga è detta la ‘città dalle cento torri’ (cento guglie,
secondo altri) -, ma il punto di vista ancora una volta privilegiato,
dall’alto, permette di apprezzarne il valore pratico, di insostituibile anello
di congiunzione tra le sponde della Moldava. Il ponte fu inaugurato da Carlo
IV, re boemo, nel 1537, e come molti altri luoghi o costruzioni della città,
vanta una leggenda. Si narra, infatti, che la solidità della sua struttura sia
dovuta a un singolare impasto tra calce e uova, e che i borghesi della città di
Velvar, ‘tassati’ dal re come tutti gli altri per la costruzione del ponte,
però inviarono uova sode, affinché non si rompessero durante il viaggio. Grande
fu la sorpresa dei manovali che ricevettero il materiale… bollito.
La
tappa finale di questo itinerario all’inseguimento del giallo e dell’oro non
può che essere verso l’alto, il punto da cui la luminescenza si diffonde. La
Città Alta, Hradčany, con l’imponente Castello e la Cattedrale di San Vito, che
dominano tutto e tutti: non a caso qui sono concentrati gli edifici del potere
- come la residenza del Presidente -, e l’atmosfera unisce singolarmente quella
di una monumentale città fantasma a quella del borgo antico, ravvivato a tratti
da agguerrite orde di turisti (le spinte per assistere al cambio della guardia
non si contano) e da rapidi e misteriosi passaggi di lussuose auto delle
ambasciate. La solennità della Cattedrale - alta 97 metri, ci costringe di
nuovo ad alzare gli occhi al cielo -, è smussata e addolcita dalla luce e dalle
ombre che si formano tra i rilievi della facciata. All’interno, ci attende un
altro gioco di luci: quello delle vetrate policrome. A pochi passi si erge
l’imponente Castello, lo Hradscin che oggi, tra corridoi interminabili e
gallerie illuminate attraverso ampie vetrate ricavate nelle volte, ospita il
Presidente. Il poeta Viteszlav Nezval ha così descritto il Castello: “Chi guarda dalle finestre del palazzo si
sente come precipitare tra i flutti di quel mare di luce”. Ancora una volta
Praga ci guida e si svela, attraverso la luce, con il giallo, l’ocra, il rosso.
Pubblicato
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altre foto di Praga su:
http://www.agefotostock.com/age/ingles/isphga01.asp?querystr=prague&ph=scozzari&Page=1
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