A
spasso per le vie di ‘Vicensa’, cuore
del Veneto. Inseguendo le atmosfere della città
Vicenza la
Bella, la mia divina, la mia città diletta
(Gabriele D’Annunzio, 1926)
Chi ha detto
che i veneti non sono simpatici? Tempo fa, passeggiando lungo una viuzza di un
paesino veneto, sono stato preso a schiaffi dalla scritta su un muro. Di quelle
che si scrivono nell’età della demenza compulsiva, verso i sedici anni, e che
fanno venire voglia di bazooka al proprietario della casa su cui il messaggio
al mondo è stato lasciato con una bomboletta spray irrispettosa: Davide
Brunello ghei
Non so, voi lettori, ma io, da turista emiliano in
terra veneta, sono ancora qui che rido per questo messaggio eticamente, politicamente
e urbanisticamente scorretto. Il mix, molto global, tra veneto e inglese, unito
a una buona dose di perfidia adolescenziale, lo trovo irresistibile. E irresistibili,
per chi li conosce, sono i veneti. Sotto una corazza di borghese perbenismo,
sono capaci di Grandi Contrasti (pii bestemmiatori, olimpionici bevitori,
poveri miliardari), come solo chi è abituato, dalla storia, a fronteggiare a
petto in fuori le asperità della vita. Non a caso il Veneto è il motore del
Nord-Est che produce e fattura ed esporta, non a caso il carnevale di Venezia è
così divertente e tragico al tempo stesso. Mia zia, ottantenne vicentina, sotto
un portamento da Regina d’Inghilterra, sa buttare giù grappe che farebbero
impallidire i camionisti delle mie terre. E quando, tempo fa, le guardie
forestali l’hanno beccata nei boschi di Asiago a portare a spasso alcuni
porcini nella borsetta firmata non si è scomposta: ha pagato la multa con un
sorriso e ha augurato buon lavoro all’esattore dell’ecosistema.
Come non amare i veneti? E come non amare i vicentini?
Veneziani
gran signori, padovani gran dotori, vicentini magnagati, veronesi tuti mati. Così recita un detto popolare antico, motivo di
orgoglio o di vergogna per secoli, a seconda del soggetto in questione. I
vicentini hanno smesso di mangiare gatti almeno dalla peste che colpì la città
nel Seicento - la loro cucina ha molto meglio
da offrire -, e l’autoironia, sinonimo di forza e intelligenza, è un loro
marchio di fabbrica, tanto che dal 1974 a Vicenza e in tutta la regione
furoreggia l’Anonima Magnagati,
gruppo di cabaret in lingua veneta.
Delizie a tavola
A tavola provate il famoso baccalà alla Vicentina (in nome del quale è stata
creata la Veneranda Confraternita del
Bacalà, gemellata con la Norvegia) e la polenta gialla che accompagna la
cacciagione (polenta e osei, uccelli
allo spiedo con polenta onta, unta
dal grasso che cola dallo spiedo).
Ogni volta che visito Vicenza mi inerpico lungo la
scalinata che porta a Villa Valmarana,
nota come ‘Ai Nani’, e non mi stanco di osservare le statue dei ‘nani’. Altro
elemento eticamente scorretto, perdonabile solo perché scolpito secoli fa,
quando la definizione eticamente
scorretto era fantascienza, un po’ come la leggenda che riguarda le
sculture. Si dice che la figlia del proprietario della villa fosse affetta da
nanismo e che tutta la servitù fosse stata scelta fra nani, per non ‘offendere’
la fanciulla. Ma un brutto giorno in villa arrivò il Principe, più nero che
azzurro, e dall’alto del suo metro e settanta svelò alla ragazza, fino ad
allora ignara delle altezze medie del mondo (non usciva mai di casa? Le
leggende sono illogiche, è noto), la propria sventura. La servitù, in un moto
di condivisione del dolore, rimase pietrificata.
Studiati i nani, riscendo fino alla Rotonda, al catasto Villa Almerico Capra, uno dei gioielli del padovano Andrea Palladio (1508-1580), all’anagrafe Andrea di Pietro della Gondola. Regina delle ville palladiane e del Veneto, fa parte del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, così come tutta Vicenza. Forse, però, pochi sanno che nel Sud del Brasile, a Serafina Corrêa, lungo la centralissima via Gênova (in onore al porto in cui si imbarcarono i primi emigranti italiani), oltre alla copia in miniatura del Castello Inferiore di Marostica e a quella dei palazzi di Romeo e di Giulietta, c’è una copia della Rotonda. Dalle statue di Villa Valmarana - passando per il Palladio e per il tropico - a quelle del giardino del Teatro Olimpico, altro capolavoro palladiano, l’unico teatro miracolosamente scampato in città ai bombardamenti degli ‘Alleati’ (non dell’opera) durante la Seconda guerra mondiale. Anche lì, è un dolce perdersi. Forse perché mezze corrose e inghiottite dalla vegetazione, le statue sanno di autentico, quasi di umano. Ogni volta che le osservo, centimetro per centimetro, sono una sorpresa. Sono vive.
Studiati i nani, riscendo fino alla Rotonda, al catasto Villa Almerico Capra, uno dei gioielli del padovano Andrea Palladio (1508-1580), all’anagrafe Andrea di Pietro della Gondola. Regina delle ville palladiane e del Veneto, fa parte del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, così come tutta Vicenza. Forse, però, pochi sanno che nel Sud del Brasile, a Serafina Corrêa, lungo la centralissima via Gênova (in onore al porto in cui si imbarcarono i primi emigranti italiani), oltre alla copia in miniatura del Castello Inferiore di Marostica e a quella dei palazzi di Romeo e di Giulietta, c’è una copia della Rotonda. Dalle statue di Villa Valmarana - passando per il Palladio e per il tropico - a quelle del giardino del Teatro Olimpico, altro capolavoro palladiano, l’unico teatro miracolosamente scampato in città ai bombardamenti degli ‘Alleati’ (non dell’opera) durante la Seconda guerra mondiale. Anche lì, è un dolce perdersi. Forse perché mezze corrose e inghiottite dalla vegetazione, le statue sanno di autentico, quasi di umano. Ogni volta che le osservo, centimetro per centimetro, sono una sorpresa. Sono vive.
La Festa del Cioccolato
Dal 21 al 23 ottobre 2013 si terrà l'edizione annuale della Festa del Cioccolato, in piazza dei Signori e dintorni.
Dal Palladio della Rotonda al Palladio della Basilica Palladiana, nel cuore della città, la piazza dei Signori. L’ultimo restauro si è concluso da poco e sono programmate mostre entro l’anno. Nonostante il nome, non è dedicata al culto - Palladio si ispirò a una basilica romana civile -, ma è un palazzo pubblico frutto dell’architetto rinascimentale che riprogettò il Palazzo della Ragione aggiungendovi logge in marmo bianco. Descriverla nella sua completezza è quasi impossibile, per farlo servirebbe un intero libero di architettura, vedere per credere. I suoi portici più bui hanno la capacità di catapultarci nel Medio Evo, confermato anche da qualche bel negozio d’altri tempi, come l’Argenteria Soprana. Seguendo le atmosfere, raggiungete il portico vicino alla statua dedicata al Palladio in posa meditativa, annusate e sognate davanti alle vetrine dell’antica pasticceria Soraru’, vi sembrerà di essere nella casa di marzapane di Hänsel e Gretel, ma senza strega cattiva.
Tutti a tavola!
Agli Schioppi
(ristoranteaglischioppi.com, Contrà Piazza Castello 24, tel. 0444543701). Ex
locanda ottocentesca, in centro. Tutti i classici della cucina veneta, dal
baccalà alla vicentina al fegato alla veneziana, tagliolini al tartufo nero dei
Colli Berici e bigoli. Chiuso la domenica e il lunedì a pranzo.
Locanda Benetti
(locandabenetti.it, via Roma 62, Costabissara - frazione a 8 km dal centro,
casello Vicenza Ovest -, tel. 0444970811), con sei camere. Ottimi piatti di
pasta e di carne, salumi fatti in casa. Chiuso tutto il mercoledì e il giovedì
a pranzo.
L’ho sempre visto placido e tranquillo, scorrere sotto
un ponticello o un altro, e ancor oggi faccio fatica a credere alle foto fatte
da mia cugina, che una brutta mattina si è trovata barricata in casa, quando il
fiume Bacchiglione aveva deciso di
trasformare Vicenza in Venezia. Ai primi di novembre, due anni fa, i vicentini non
si sono pianti addosso, hanno rimboccato le maniche e iniziato ad asciugare.
Venezia è splendida e unica, non occorrono cloni, se non a Las Vegas. Il fiume,
d’altronde, non era nuovo a momenti di collera. Già nel 1882 e nel 1966 aveva
ricordato ai mortali come la natura fosse arrivata sulla Terra prima dell’uomo,
ma oggi come allora i berici - altro
nome ufficiale dei vicentini - hanno saputo reagire con tenacia esemplare.
Dell’alluvione non ci sono quasi più tracce e la città ha ripreso la vitalità
di sempre.
Sogni d’oro, a quattro stelle
Hotel Palladio
(hotel-palladio.it, Contrà Oratorio dei Servi 25, tel. 0444325347), bell’albergo in centro, in un palazzo del
Quattrocento ristrutturato nel 2007. 22 camere su 4 piani, con tutto il comfort
più moderno. Colazione a buffet e posti auto.
Hotel Viest
(viest.it, via Scarpelli 41, tel. 0444582677), vicino all’uscita autostradale
Vicenza Est. Con centro congressi e un buon ristorante (Mezzaluna).
Hotel Victoria
(hotelvictoriavicenza.com.it, Strada Padana verso Padova 52, tel. 0444912299), con
una bella piscina, solarium e camere confortevoli.
Corso
Palladio, la via dello struscio, ex
decumano massimo della Vicetia romana,
è uno scintillante corso pedonale, affollatissimo dall’ora dell’aperitivo in
poi, soprattutto durante i fine settimana. A un’estremità il Teatro Olimpico,
all’altra i bei Giardini Salvi, punteggiati
da altre statue quasi umane e con la loggia palladiana Valmarana. Fra questi, portici
e shopping per tutti i gusti: boutique eleganti, come Charme (Corso Palladio 49/53) e Pavin Elements (Corso Palladio 106), e poi, al n°55, un negozio di
fiori secolare, la Fioreria Pasqualin,
del 1900. Quelli come me, non appassionatissimi di shopping, di solito vengono
parcheggiati da mogli o fidanzate al Bar
Italia, dove ritrovare la pace dei sensi con un macchiatone, non il solito ‘macchiato’, ma un espresso in tazza
grande coperto da schiuma di latte. Una carezza all’anima che ci fa amare
Vicenza ancora di più.
pubblicato su Toscano
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