Sumatra è, per
grandezza, la quinta isola del mondo. Seconda dell’arcipelago indonesiano. Con 2000
km di lunghezza e 480 di larghezza, ha una superficie di quasi mezzo milione di
chilometri quadrati. L'equatore la divide in due parti uguali qualche chilometro
a nord della città di Bukittinggi, centro delle tribù Minangkabau. Sumatra è, a
sua volta, circondata da numerose isole e arcipelaghi e, amministrativamente, è
divisa in otto province. La parte occidentale è percorsa in tutta la sua
lunghezza da una doppia catena di monti di origine vulcanica, la cui altitudine
varia tra i 1300 e i 3800 metri. Molti vulcani sono ancora in attività e, nella
depressione formata da questa doppia catena, si trovano numerosi laghi alpini,
il più importante dei quali è il Lago Toba, il lago vulcanico più grande
del mondo. Al suo centro ospita l’isola
di Samosir, costituita da un enorme lastrone ribaltato dell’antico
tetto del focolaio magmatico. Il lago è facilmente raggiungibile in autobus da Medan, la caotica e inquinata capitale
di Sumatra.
Arrivati a Prapat, capoluogo regionale, gli alloggi
disponibili sono numerosi, un po’ per tutte le tasche. Il Lago Toba è al centro
dell'area Batak, una delle tante etnie che vivono a Sumatra. In tutto esistono
cinque famiglie di Batak, e quella dei Toba-Batak è, forse, la più grande. È
questo un popolo molto orgoglioso delle proprie tradizioni, che pratica uno
stretto protestantesimo di impronta locale (HKBP: Huria Kristen Batak
Protestant), giunto con la colonizzazione olandese, terminata
violentemente. I Toba-Batak sono distinguibili per l’architettura, con
abitazioni dal tetto a forma di vela e con terribili maschere che presidiano
l'entrata degli alloggi (singa: servono a cacciare qualsiasi influenza
malefica). Oggigiorno, purtroppo, ai tradizionali tetti di stoppie si vanno
sostituendo quelli moderni in lamiera, più pratici e resistenti, ma presto
ricoperti dalla ruggine. I Batak hanno antiche tradizioni, come quella di
consultare il loro calendario prima di svolgere qualsiasi attività: il Parhalaan,
intagliato nel bambù, è un accessorio indispensabile per stabilire l'andamento
della giornata. Solo la lettura di questo, attraverso un codice, può dare un
responso sulla positività o meno delle azioni da compiere. Il calendario è
intersecato da linee orizzontali e verticali, tra le quali, a ogni scomparto
corrisponde un giorno. Ogni fila orizzontale rappresenta il mese, e ogni
scompartimento vuoto un giorno favorevole; quelli pieni di segni particolari
(lo scorpione, alcune palline o croci), invece, possono essere favorevoli o
sfavorevoli, a seconda del simbolo contenuto, che solo i Batak sono in grado di
interpretare. Un’usanza simile la ritroviamo anche in Madagascar.
Il sabato, a Prapat -
il porto d'imbarco per l’isola di Samosir
- è giorno di mercato, e tutti i Batak affluiscono nel paese dai villaggi nei
dintorni, per vendere i prodotti che hanno a disposizione: pesce secco, frutta,
ortaggi, e qualche dolce fatto in casa. La corsa del traghetto, in questa
occasione, costa la metà rispetto agli altri giorni, anche per i turisti,
abituati di solito a pagare il quadruplo del valore reale per ogni cosa. La
nave costeggia il lago in ogni sua sponda, richiamando i passeggeri con un
altoparlante al massimo del volume, dal quale esce distortissimo rock
americano, decisamente fuori luogo. Fino a quando il carico umano - ma anche di
polli, verdure e lamiere - non è più che straboccante, di andare al molo di
sbarco non se ne parla nemmeno. Può succedere, dopo essere salpati da un bel
pezzo, di dover fare ritorno, per tre volte di seguito, all'imbarco per
caricare altre persone e mercanzie. Una volta giunti a Samosir, per percorrere
la stretta e tortuosa strada che attraversa l’isola, bisogna prendere un bemo,
coloratissimo Ape-car adibito a fagocitare persone: può capitare di doverci
stare in venti, schiacciati come sardine. Da Prapat il traghetto lascia i
passeggeri a Tuk Tuk, un piccolo agglomerato situato al centro del lago
su di una piccola penisola. Qui è assai facile affittare confortevoli casette
in stile Batak, molto economiche. Alcuni visitatori provano i funghi
allucinogeni (qui offerti come ‘ticket to the moon’, vedi http://pietrotimes.blogspot.it/2012/04/indonesia-ticket-to-moon.html) che crescono
nella zona.
Da Tuk Tuk le
escursioni più interessanti sono verso Ambarita (a 4 km), dove sono
conservate alcune steli megalitiche piuttosto antiche. Curioso e truculento il
cippo usato per le esecuzioni capitali - l’ultima risale al 1900 -: i criminali
giustiziati, dopo essere stati decapitati, venivano fatti a pezzi e cucinati (per
entrare nel piccolo recinto che ospita i resti antichi si paga una piccola
tassa). Tomok (a 8 km) è noto per il mercatino di artigianato e per i
feretri monolitici, uno dei quali appartenente al re Batak Sidabutar (o
Sidabatu), risalente a oltre quattro secoli fa; non lontano si trovano i
sepolcri della sua guardia del corpo, della moglie e dell’amante. Infine Simanindo
(a 48 km lungo la strada che costeggia l'isola), dove si trova una delle case
reali meglio conservate dell'isola, trasformata in museo, che conserva reperti
Batak, cinesi e olandesi. Vi si tiene una rappresentazione, organizzata a
pagamento per i turisti, del Si Gale-Gale, un ballo Batak.
A sessantotto
chilometri da Medan, lungo la strada che porta al Lago Toba, si trova la
cittadina di Berastagi, centro delle tribù Karo (altra sottoetnia Batak,
nota per i sontuosi banchetti prematrimoniali – vedi http://pietrotimes.blogspot.it/2012/05/indonesia-sumatra-ricevimento-karo.html). La città, un tempo
località di villeggiatura per gli anziani commercianti olandesi di Medan
ritirati dal lavoro, si trova a un’altitudine di circa 1400 m. Situata a un
paio d’ore d’autobus dalla capitale, ha un grande mercato dove si può
acquistare artigianato e ottima frutta. La città, sebbene sia piuttosto sporca
e priva di grandi attrattive, costituisce un ottimo punto di partenza per
escursioni in un'area molto interessante. A breve distanza (una camminata di
circa quattro ore, con scarpe da trekking), per esempio, si può raggiungere la
sommità del vulcano Gunung Sibayak (2094 m). Lingga, il villaggio Karo
più rappresentativo e visitato (si trova appena 15 km a sud di Berastagi), è
anche il più antico della zona - le case hanno circa 120 anni -: il governo
indonesiano, però, sembra fare poco per preservarlo e svilupparne l'interesse
turistico. A Lingga gli edifici Karo si distinguono per le teste di toro, poste
sulle sommità dei tetti, indispensabili, si dice, a scacciare gli spiriti
maligni. Ci sono, inoltre, alcune casette adibite alla conservazione dei resti
degli ‘uomini famosi’ (dottori della medicina tradizionale Karo e le sorelle
del re, sul trono fino agli anni Trenta). Oggi, tuttavia, a detta delle guide
locali, di uomini ‘famosi’, nel villaggio, non ne esistono più: tutti si
trasferiscono nelle grandi città, come Medan o Jakarta, alla ricerca di un
salario - qui un'utopia -, anche a costo di una vita infernale e alienante. La
casa più grande del villaggio (sopo) ha quattro secoli e, fino a qualche
anno fa, ospitava dieci famiglie, tutte riunite in un'unica stanza. Ora ci
vivono in sole tre, perché le altre se ne sono andate in città. È stata
costruita interamente in legno e senza l'ausilio di chiodi, semplicemente
incastrando le assi, accuratamente levigate, tra loro. È qui che, un tempo, le
donne venivano a partorire, sedute su una trave esterna tenendosi aggrappate a
una maniglia di legno. La levatrice e le altre donne le facevano da schermo
contro i tanti curiosi (soprattutto uomini) che guardavano dabbasso. Qui,
inoltre, si trasferiscono le coppiette appena sposate, dato che questa è la
dimora simbolo di ricchezza e prestigio: per abitarvi si deve pagare una cifra
molto alta, di solito frutto di molti anni di lavoro.
Al centro di Sumatra, molto
più a sud, si trova la città di Bukittinggi (il cui nome significa ‘casa
sulla collina’). Situata cuore del territorio Minang, la città si trova a più
di 900 metri sul livello del mare e gode di un clima temperato. Conquistata
dagli olandesi nel 1821, oggi Bukittinggi è una città musulmana di stampo
moderato. Tale moderazione - se si considera il raffronto con l'islamismo
fanatico della provincia settentrionale di Banda Atjeh - deriva dalle influenze
della cultura Minang, originaria della zona. Quello dei Minang è, infatti, un
sistema matriarcale, in cui l'autorità massima all'interno della famiglia è lo
zio materno. Lo sposo vive in casa della madre e va ‘in visita’ alla moglie.
Questo paradosso - religione musulmana/società matriarcale - scatenò nel 1825
la cosiddetta Rivolta dei Padri, che vide la disfatta dei musulmani ortodossi.
Spinti dalla mancanza di occupazione e dal fatto che l'eredità va solo ad
alcuni membri femminili della famiglia, i Minang sono oggi in gran parte
emigrati, soprattutto verso Giava. Da non perdere, a Bukittinggi, lo spettacolo
del combattimento dei tori, che si tiene, due volte alla settimana - il
mercoledì e il sabato - poco fuori dalla città, in aperta campagna. La gente si
raduna verso le 16 e 30, in circoli attorno ai due tori sfidanti, e scommette
grandi cifre. Basta mettere gli animali l'uno di fronte all'altro, e presto
questi iniziano a scambiarsi cornate, spesso incastrandosi fra loro, e
rimanendo a spingersi a vicenda per lunghi minuti di tensione. Improvvisamente,
uno dei due ha la meglio, e l'altro comincia a correre, terrorizzato, fra la
gente che si scosta velocemente e che tenta di riacciuffarlo per la coda. Raramente
gli animali o gli spettatori si fanno male. Spesso capita, invece, che i due
tori non ne vogliano sapere di combattere, rimanendo a guardarsi
indifferentemente, nonostante i ripetuti incitamenti alla lotta da parte dei
rispettivi proprietari. Ma, inevitabilmente, sono questi ultimi, alla fine, ad
avere la meglio: una continua opera di stimolo - attraverso parole bisbigliate
alle orecchie e sonore sberle sui fianchi, inferte dai loro proprietari -, li
porta a incattivirsi e combattere.
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