Cappuccetto Rosso per alcuni, Biancaneve
per altri. Per me, da piccolino, il dodo - all’anagrafe Raphus cucullatus - era il personaggio delle fiabe che più mi
entusiasmava. Fiabe educative, vagamente didattiche, raccontatemi da mamma
biologa, che con buona dose di fantasia lasciavano tracce di vero sapere nella
mia psiche bimba. Il fantomatico gallinaccio, una specie di tacchino con la
testa da quasi-papero, un po’ grassoccio, per me era di gran lunga più
interessante dei lupi cannibali e dei nani minatori. Anche perché i racconti
che lo descrivevano partivano da una dura premessa: ‘Se li sono mangiati tutti’. Spaventato, chiedevo:’Tutti ma proprio proprio tutti, mamma?’.
Avevo già qualche informazione sulle malefatte dei mangioni compulsivi
(compagnucci di asilo divoratori di merendine), ma con i quattro-cinque anni di
vita che mi portavo addosso ancora non potevo credere che qualcuno potesse
davvero mangiarsi ogni dodo del creato. In qualche modo me ne feci una ragione,
crebbi, e verso i diciott’anni, visitando il British Museum, in un secondo fui
catapultato alle fiabe zoologiche dell’infanzia. Lì vidi la riproduzione
taroccata di un dodo (in realtà di autentico rimangono solo pezzettini
sparpagliati nei musei di mezzo mondo). Lo fotografai con lo stesso piacere con
il quale avrei fotografato mia nonna. Il dodo era parte di me, delle mie
radici.
Sbarcando al piccolo e convulso aeroporto di
Mauritius nessun dodo, purtroppo, mi ha dato il benvenuto. Ma la doganiera in
sari, e tutto quello che la circondava, mi hanno teletrasportato in India.
Un’India strana. Indiani così eleganti da parlare francese, o qualcosa di molto
simile. Un’India con stradine strette e senza mucche sante a fare quel diavolo
che vogliono in mezzo alla carreggiata. Con troppe poche immondizie in giro per
essere vera India. In compenso, un’infinità di simboli buffi, al limite del
naïf, sui cartelli dei micro partiti politici che, in quel momento, si stavano
contendendo il potere alle elezioni nei villaggi: ombrello, ananas, pallone,
lucchetto, pipistrello, forbici, sedia, laptop, fiore. Votez Laptop! Votez
et faites voter Parasol, gli slogan qua e là. Tutta roba apparentemente uscita da un fumetto,
degno contorno della terra del dodo-che-fu. E poi, attraversando le campagne a
novembre, anche naso e occhi mi hanno fatto sognare. Nell’aria l’aroma di
caramello, dopo l’ultimo taglio della canna da zucchero, e davanti alle pupille
alberi gonfi di litchi, uno dei frutti più deliziosi dell’Eden. Passando di
fianco a una piantagione alcuni grandi alberi, carichi di frutti, sono protetti
da gigantesche reti anti-pipistrelli. Mica fessi, i vampiri buongustai.
Poi, sempre lungo la strada per il mare,
un’accozzaglia di insegne matte, forse frutto di quel mix che a Mauritius è istituzione:
la criolité, frullato di razze,
lingue e culture, oggi sbandierato con orgoglio da ogni mauriziano che si
rispetti. Passando da un incrocio solo apparentemente regolato da un poliziotto
(anche a Mauritius, in certi punti, il traffico sa essere velenoso), mi rendo
conto di essere a Phoenix, il cartello di ingresso alla città dice così.
Sensazione che sa di droghe leggere, l’Arizona me la ricordavo molto diversa.
Eppure questa Phoenix a Mauritius è famosa, oltre che gli incroci velenosi, per
la bière più buona dell’isola. Poco
più avanti qualche spiritosone ha chiamato il proprio negozio di articoli da
spiaggia Son of beach. E, dulcis in
fundo, l’agglomerato surreale nei pressi di Flacq. Mauritius, fino a pochi anni
fa, prima che la crisi globale facesse rivedere troppe cose, oltre che meta di
turismo vacanziero per eccellenza era anche un importante centro di brand modaioli, come Ralph Lauren. Nella
zona franca si produceva e si vendeva a prezzi quasi di fabbrica. I turisti
smaniosi di shopping firmato a prezzo scontato, Italians in prima linea, arrivavano a frotte. A testimonianza di
quel passato prossimo glorioso sono rimasti alcuni negozi, specie di outlet, sproporzionati come dimensioni
(il negozio Grande così, il villaggio che lo ospita piccino così). Un’amica è entrata
in una di queste trappole, attirata dal gigantesco cartello che prometteva
avventure inenarrabili (MEGA factory shop
– brand centre; modelle scandinave e cool
nella foto più grande della palazzina che ospita il negozio). All’interno
il proprietario, un indiano di terza età con un inglese incomprensibile e un
toupet tragico. Quando la mia amica si è rifiutata di pagargli 45 euro per una
polo che a Milano avrebbe pagato 30, si è vendicato chiedendole di posare con
lui in una foto ricordo. L’amica ha accettato, e con la scusa dell’abbraccio
fra i popoli lui l’ha avvinghiata con un tentacolo troppo simile alla
manomorta. La mia amica è uscita dalla Mega avventura senza polo e con un po’
di rossore sulle guance. Così impara ad abboccare.
Ma veniamo all’essenza delle cose, e cioè il motivo
per cui un cristiano si dovrebbe sorbire undici ore di aereo per raggiungere
Mauritius da Parigi: le spiagge. Per inciso, una volta sbarcato all’aeroporto
ho subito sfatato un luogo comune. Studiando la cartina ho scoperto l’acqua
calda, e cioè che Mauritius è una. Le
Mauritius non esistono, ma c’è l’isola di Mauritius. D’accordo, del Paese fa
parte anche la lontana isola di Rodrigues, ma è 560 km a nord-est, non
esattamente dietro l’angolo. Dunque, ecco i numeri: un’isola, zero dodo,
moltissime spiagge. Tutte da sogno, o quasi, come da dépliant dell’agenzia
turistica da cui abbiamo comprato il viaggio. Niente taroccature con Photoshop
per rendere l’acqua più cristallina. Resort
letteralmente a destra e a manca, per 330 km di coste, sia lungo il litorale
orientale, leggermente più ventoso (venticello = oro, nelle giornate più
calde), sia lungo quello occidentale. Vista dall’alto delle nuvole l’isola
sembra piccola, ma una volta a terra ci si rende subito conto che non lo è. 58
km di lunghezza per 47 di larghezza: circa un settimo della Sardegna, per chi
ama i paragoni. È attraversata da strade strette, in cui il traffico kamikaze
ha molto dell’India, anche se qui ogni tanto la polizia ti ferma e controlla
patente & libretto. I villaggi turistici sono tirati con il righello.
Pulizia impeccabile, personale solitamente molto gentile, cucina eccellente
(pesce freschissimo di ogni tipo, frutta tropicale fantastica, piatti
internazionali preparati da chef che sanno quello che fanno), atmosfera di puro
relax vacanziero. E, volendo fare un paragone con le blasonate Maldive, un plus dato dal mondo di fuori, avvolgente
appena si esce dal resort. La
dominanza indiana: tempi e tempietti in ogni dove. Non mancate quello di Flacq
e quello del Lago Sacro del Grand Bassin, secondo la leggenda nato da gocce
d’acqua del Gange qui trasportate da Shiva e Parvati. E poi campagne
spettacolari e colline pure, piccoli abitati che pulsano di vita. Insomma, a
Mauritius non c’è rischio di essere obbligati, per noia, a dover spezzare le
reni agli Incroci obbligati della Settimana enigmistica. Varcato il
portone del resort c’è molto da fare.
Dopo esserci dimenticato il nostro nome (ufficio,
capo, tasse, rogne assortite) su uno sdraio/in ammollo sul bagnasciuga,
bruciati con il sole tropicale gli spiriti cattivi che ci siamo portati da
casa, abbuffatici al ristorante del resort,
divertiti con i bellissimi uccellini ladri che a pranzo ci scippano i chicchi
di riso dal piatto, dormito il sonno dei giusti senza sveglie all’alba né
alzabandiera, possiamo andare a ficcare il naso in città. Non dobbiamo
impazzire per la scelta: a Mauritius di città, peraltro con atmosfera di paese,
ce n’è una sola: la capitale, Port Louis, circa 150.000 anime. Fulcro di tutte
le attività extra-resort, è un luogo
piacevole, che sprizza esotismo a ogni angolino. Non fatevi spaventare dalla
bolgia del mercato, dentro è un piacevole perdersi. Delimitato da Chinatown -
archi ‘dell’amicizia’ all’ingresso e all’uscita, negozietti fantastici e pulciosi
di chincaglierie, qualche ristorante asiatico ad ampio raggio (anche cucina
coreana) -, il mercato centrale è una babele multicolor di merci e persone. Per
godere lo spettacolo nulla di meglio che fare i guardoni dall’alto, al primo
piano. Da lì avrete una vista da condor su montagne di pomodori esposti
maniacalmente, zucche e zucchine disposte in file da adunata militare, massaie
che fanno sudare i venditori per gli sconti estorti a forza, turisti che girano
a bocca aperta (l’estasi per tutta quella bailamme). Sempre al primo piano i
compratori compulsivi di souvenir troveranno pane per i loro denti: magliette
con il dodo, borse di paglia con il dodo, peluche di dodo, dalla misura X-small alla XX-large, calendari con la Vergine Maria (o il dodo). Qui avrete
l’impressione che lo sventurato animale goda la giusta vendetta per essere
stato sterminato: promosso a vita eterna, anche se di acrilico o PVC. E poi:
tutte le spezie del creato e abbigliamento vacanziero. Al pianterreno non
mancate il reparto dedicato alle pappe. Panini pure XX-large, beveroni non
identificati di frutta. Tutto spettacolare, come aromi e dimensioni, ma solo
per chi ha le viscere corazzate, ok?
Continuate nella tradizione del condor. Spingetevi
fino alla sommità della collina che domina la città, sul punto più alto di Fort Adelaide, una fortezza vagamente arabeggiante che
i locali chiamano La Citadelle. Tirata
a lucido, restaurata dalle cicatrici del tempo, vi regala una vista a 360° su
Port Louis e sulle alture che la proteggono. Dalla parte opposta il grande
porto che le dà nome, e al centro la cattedrale di Saint Louis, nel cuore della
città. A breve distanza il Parlamento, edificio che sa di caraibi, palme e
pirati, questi ultimi tenuti buonini dallo sguardo imperiale della Regina
Vittoria, la cui statua, posta ad altezza di noce di cocco, ci fa sentire tutti
sudditi. A pochi passi il giardinetto del Mauritius Institute, con statue
moderne di dodo, colorate e oltre scala naturale, come a sottolineare, ancora
una volta, l’importanza dell’animale che fu. Da lì, di nuovo verso il mercato,
per attraversarlo e andare a godere la vista sull’oceano Indiano presso la
marina, il Caudan Waterfront. forse
il luogo più anonimo della città, con i suoi ristoranti e centri commerciali
che sanno di déjà vu. Poi, per una boccata di vero ossigeno, scappate a Pamplemousses,
nome che già da solo sa di esotico. La cittadina è nota per i Royal Botanical
Gardens, realizzati nel Settecento e intitolati al governatore padre
dell’indipendenza. I giardini ospitano centinaia di specie di piante esotiche,
fiori di loto, ninfee giganti dell’Amazzonia Victoria Regia e decine di varietà
di palme, fra le quali la Talipot (che fiorisce una volta ogni mezzo secolo e
poi muore), orchidee e altre centinaia di fiori esotici. A breve distanza, poi,
si può pranzare all’ombra degli alberi di litchi presso il Château Labourdonnais, villona signorile di
metà Ottocento, una piccola reggia aperta ai visitatori, nella zona di Mapou. Restaurata
egregiamente, è una delle tante testimonianze del periodo d’oro dello zucchero
e delle fortune di alcuni coloni che sapevano come spendere i soldi.
Per
chi, dopo tutto ciò, di natura non ha ancora fatto il pieno e non sente
(ancora) nostalgia dello sdraio, lo aspettano La Vallée de Ferney e il Domaine
de L’Etoile, due parchi naturali nati e gestiti con l’intenzione di tutelare
una sorta di santuari della biodiversità della flora e fauna dell’isola (vi si
possono ‘adottare’ alberi, dando un piccolo contributo all’ossigeno del pianeta
e alla preservazione delle specie). In entrambi i parchi si possono fare belle
passeggiate, immergendosi nella varietà naturale di Mauritius a pochi
chilometri da Mahébourg. Qua e là, nella Vallée de Ferney, scorazzano liberi e
felici i discendenti dei cervi importati
da Java dagli olandesi per nutrirsi. Gli stessi poveri cervi che ritroviamo nei
piatti di molti ristoranti o al mercato di Port Louis. Questo parco privato è
attraversato da un lungo sentiero sterrato, percorribile in 4x4 o a piedi.
Lungo il cammino la flora è magnifica, tra palme del Viaggiatore, simbolo del
‘vicino’ Madagascar, e alberi ‘gravidi’, chiamati così per i gonfiori che
sembrano ventri. Usati in passato per il legname duro e scuro, oggi sono in
ripresa, dopo i saccheggi naturalistici dei coloni. Altra meraviglia delle
meraviglie, infine, sono le sabbie colorate di Chamarel. Il loro
fenomeno naturale è di origine vulcanica: le ceneri messe a nudo da un lungo
processo di erosione hanno fatto sì che la superficie sia diventata verde, ocra,
rossa, viola, dorata. Alchimia del luogo: se la terra di questa zona viene
mescolata in una provetta, dopo alcuni giorni i colori ricompariranno
nuovamente separati. Da visitare anche le vicine cascate a strapiombo sulla
vegetazione tropicale. E, per chiudere la fuga-dal-resort in bellezza, nulla di meglio di una visita alla fabbrica di
rum, sempre a Chamarel. Qui vengono
illustrate le fasi di produzione del pregiato rum mauriziano, degustato fra
bouganville e docili lucertoloni verde smeraldo. Chi non frequenta gli alcolici
vedrà comunque spiragli di paradiso assaporando la granatina al mango. Poi
potrà tornare a sciogliersi sullo sdraio, appagato da un’orgia totale di aromi
e colori.
IN
RETE
http://mauritiusmuseums.com/
http://unchateaudanslanature.com/
http://en.wikipedia.org/wiki/Rodrigues
DOVE DORMIRE
Per un soggiorno da sogno, The
Residence (5*, theresidence.com/mauritius, Coastal Road, Belle Mare, tel. +
230 401 8888) offre il meglio che una vacanza a Mauritius possa dare. Belle
camere lungo una delle migliori spiagge dell’isola avvolte da una vegetazione
lussureggiante. I due ristoranti propongono eccellenti piatti internazionali e
locali, sia alla carta sia a buffet. Fra le chicche che rendono unico il
soggiorno qui: un maggiordomo personale che si occupa di prepararvi
meticolosamente la valigia e il bagno. Piscina fantastica, belle foto antiche
alle pareti, ottima colazione a buffet. E, per staccare del tutto, la magnifica
spa The Sanctuary, con trattamenti
estetici e massaggi a base di oli profumati e dei prodotti francesi di alta
bellezza Carita. Diaria a mezza
pensione a partire da circa 250 euro in bassa stagione, 300 in alta. Idee per Viaggiare (ideeperviaggiare.it),
tour operator partner di The Residence,
propone un pacchetto tutto incluso di 7 notti a partire da 2330 euro a persona
(con Air Mauritius via Parigi), tasse
aeroportuali escluse.
Un’alternativa, a brevissima
distanza da The Residence, è l’Ambre Hotel (4*, ambremauritius.com,
Coastal Road, Palmar, tel. + 230 401 8188). Ideale per le famiglie, ha una
bella piscina decorata con dodo che faranno ricordare dove siete. Le 297 camere
del resort sono inserite all’interno di un rigoglioso giardino tropicale. Tre
ristoranti (uno italiano, alla carta, uno internazionale, a buffet, e uno in
spiaggia, con eccellenti piatti a base di pesce) e un bel bar a bordo piscina.
Anche la sua Spa offre ottimi trattamenti estetici. In alta stagione (dal 5
gennaio al 7 aprile 2013) va dai 135 ai 155 euro, a persona, a notte, in camera
doppia standard, trattamento di mezza pensione. Fra i tour operator che
propongono l’Ambre, segnaliamo Cormorano (cormoranoviaggi.eu): soggiorno di 7
notti con trattamento di pensione completa in camera doppia, volo di linea via
Parigi, transfer da e per l’aeroporto a partire da 1120 euro a persona, tasse
aeroportuali escluse.
A
TAVOLA
La
cucina di Mauritius unisce la ricercatezza di quella francese ai sapori forti di
quella indiana e cinese. Carne, pesce e frutti di mare sono in genere serviti
con il curry, in rougail (salsa piccante a base di pomodori, peperoncino, zenzero,
cipolle, aglio e sale), o in vindaye,
una salsa di zafferano e mostarda. Di solito i piatti sono accompagnati da riso
in bianco, achard (condimento a base
di frutta e verdura tritate e pepate) o chutney
(a base di frutta e verdura, con peperoncino, aglio, cipolla e coriandolo). Il
coriandolo (coriandre), che di solito
si ama o si odia, imperversa nei piatti mauriziani, dunque se non piace è
meglio informane il cuoco con il dovuto anticipo. Il pesce domina: aragoste,
ostriche, granchi e gamberi sono cucinati alla griglia o in curry, così come il
marlin, simile al pesce spada. Ottimo
il rhum bianco e quello invecchiato, dal gusto più aromatico. Da non perdere la
locale ‘insalata dei milionari’,
piatto di gamberi servito con cuore di palma - una specialità dell’isola,
freschissima, salutare e deliziosa - e la vaniglia, che aromatizza non solo il
tè ma anche molte ricette della cucina locale. Ampia la scelta per chi vuole
mangiare fuori dai resort.
Per un’ambientazione eccellente e piatti di
alta cucina, Le Table du Château (Château Labourdonnais, Mapou, tel.
2667172) conta sull’esperienza dello chef veneziano (ma ormai mezzo mauriziano)
Fabio de Poli. Fra le sue creature: cuore di cocco con Arduino Fructus, olio
d’oliva e panna acida, succo di limone e marlin
affumicato, coriandolo e prezzemolo; pesce del giorno con fricassea di calabash al timo, brede malbar (amaranto) saltato e cipolle fritte. Un altro ottimo
ristorante è l’Alchimiste, presso la rhumerie di Chamarel (tel. 4837980, chiuso la domenica),
specializzato in piatti di carne, offre anche deliziose insalate a base di
cuore di palma. A Port Louis: The
Courtyard (all’angolo
fra St Louis and Chevreau Street, tel. 2100810, cucina mauriziana e fusion), oppure La Rose des Vents (all’interno dell’hotel omonimo,
Labourdonnais Waterfront Hotel, Caudan Waterfront, tel. 2024000, piatti francesi
e giapponesi). Lungo la Costa Sud: La Belle Creole (Club Med, Pointe aux Cannoniers,
Pamplemousses, tel. 2091000, piatti di mare e cucina mauriziana), o Le Crocodile Affamé (La Vanille Crocodile Park, Rivière des Anguilles, Savane,
tel. 6262503, cucina varia). Costa Ovest:
Zucca (Complexe Ruisseau Creole La Mivoie,
Riviere Noire, Flic en Flac, tel. 4837005), cucina italiana; pasta fatta a mano
e un ossobuco famoso. Costa Est: Chez Manuel (St Julien Village, Union Flacq, tel.
4183599), cucina cinese, di mare e mauriziana.
Séga e dintorni
A
Mauritius musica e tradizione si incontrano nel séga, evoluzione di danze risalenti al periodo della schiavitù. Secondo
la leggenda la danza nacque in seguito all’apparizione di un fuoco magico ad
alcuni schiavi, durante una buia veglia sulla spiaggia di Le Morne, nel sud
dell’isola. In origine era accompagnata solo dal canto e dalle percussioni del tamburo ravanne, e trova in Serge Lebrasse uno
degli interpreti più noti. La musica di Mauritius, però, non si limita al séga. Accendete la tv su un canale
locale, sarete travolti dal ritmo dei cantanti creoli. Alcuni video caserecci
(tecniche di ripresa amatoriali, cugine ballerine sovrappeso) non tolgono nulla
al potere del ritmo, e faranno venir voglia di muovere le anche a chiunque. Fra
le particolarità di Mauritius spicca il maravanne: strumento musicale portato dagli schiavi, che si trova anche a Réunion
e nelle altre Mascarene (dove è conosciuto come kayamba), una specie di scatola larga e piatta, fatta di reed o di steli di canna da zucchero, riempito
con semi di jequirity
(Abrus
precatorius) o di canna all’interno. Il maravanne, suonato scuotendolo orizzontalmente con entrambe le mani (come una
specie di setaccio per pepite d’oro; ma i musicisti più esperti gli fanno fare
anche acrobazie verticali) è uno
strumento portante del séga, così
come del maloya (altro ritmo).
Dodo (en.wikipedia.org/wiki/Dodo)
Grosso,
tozzo, lento e sgraziato. Specie di tacchino di grandi dimensioni (circa un
metro di altezza) che correva mulinando le piccole ali. Questa descrizione ci
giunge dagli unici esseri umani, gli olandesi, che ebbero la ventura di
imbattersi nel dodo, animale endemico di Mauritius. Affamati, i marinai nordici
lo misero in pentola, anche se lo chiamavano walg (disgustoso). Il contatto con gli europei e gli animali che li
accompagnavano ebbe la meglio sul povero volatile inerme, che scomparve definitivamente
nella seconda metà del Seicento. Divenuto simbolo della nazione, è una delle
principali attrattive del Museo di Storia Naturale di Port Louis.
Maha Shivaratree
Tra febbraio e marzo, nel tempio indù del Lago Sacro
del Grand Bassin, si tiene il maggior pellegrinaggio indù fuori dall’India. Vi
partecipano oltre 300.000 persone.
IL
VIAGGIO
IL
VOLO
Air France (airfrance.it) collega Parigi Charles de Gaulle (con connessioni
dalle principali città italiane) a Mauritius con due voli quotidiani. Il
volo dura circa 11 ore. La compagnia charter Livingston (livingstonair.it), rinata dopo il fallimento,
in dicembre (2012) ha inaugurato un volo charter (assieme a Hotelplan) diretto dall’Italia per i
mesi invernali, in partenza ogni domenica sino alla fine di aprile da Malpensa
e con stop a Fiumicino. I collegamenti diretti dall’Italia per Mauritius sono
inoltre garantiti tutto l’anno da Meridiana Fly (meridiana.it), che opera un volo settimanale la domenica Malpensa-Fiumicino-Mauritius.
Per il rientro, cercate di arrivare al piccolo aeroporto con notevole
anticipo: code e lungaggini sono la regola.
COME
MUOVERSI
Noleggiare una bicicletta sarebbe una piacevole
possibilità per muoversi in autonomia, se non fosse per le strade strette e il
traffico poco rispettoso delle regole. La soluzione migliore è di girare in
taxi o con un autista privato contattato attraverso il vostro albergo.
SHOPPING
È pressoché impossibile andarsene dal mercato
centrale di Port Louis a mani vuote. Belle borse di paglia colorate (alcune
fatte con le foglie di vacaos, la
pianta Pandanus utilis, usata anche
in medicina e gastronomia) decorate
con il dodo, tessuti, tè (quello aromatizzato alla vaniglia è una specialità
locale), vaniglia, spezie (fra cui lo zafferano, usato anche per ungere e
‘purificare’ gli sposini), rum (quello Premium White di Chamarel costa attorno
ai 40 euro la bottiglia), conserve di limone, miele, peperoncino. Per qualcosa di locale e autentico, non mancate di
visitare un laboratorio-negozio (ce ne sono un po’ dappertutto) in cui vengono
ricostruiti, con meticolosa perizia, modellini di navi di ogni epoca e dimensione. I prezzi variano dai 5 ai 2000 euro
(per gli esemplari più pregiati, in mogano o teak) e vi possono essere
consegnati in albergo o in aeroporto con custodie a prova di aereo.
Da
SAPERE prima di partire
Ente
del Turismo Isola di Mauritius
MTPA ITALIA, c/o
AIGO. piazza Caiazzo 3, Milano. tel.
02.67074703, mauritius-turismo.com
Documenti
Passaporto valido almeno fino al giorno successivo a
quello della data di rientro, biglietto di ritorno e prenotazione di una
struttura alberghiera.
Fuso
orario
Tre
ore avanti rispetto all'Italia; due quando in Italia vige l’ora legale.
Lingua
La lingua ufficiale è l’inglese, ma il francese è
quella più parlata. I locali, fra loro, parlano soprattutto il creolo e
l’hindi.
Valuta
La moneta ufficiale è la rupia mauriziana (MUR); un
euro ne vale 42 circa.
Come
telefonare
Il prefisso internazionale per Mauritius è 00230.
Per chiamare l’Italia: 0039.
Periodo
migliore
Il
clima è mite tutto l’anno. L’estate (da novembre ad aprile) è il periodo più
caldo, con temperature che oscillano intorno ai 30°. L’inverno (da maggio a
ottobre) è più fresco, con una temperatura diurna di circa 24°.
Pubblicato su Panorama Travel
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