Ai
piedi dell’Elevador Lacerda, l’ascensore che collega la città alta (Pelourinho)
a quella bassa (Cidade Baixa), nel quartiere di Comércio, tra banche e uffici.
Inaugurato nel 1912, il mercato è stato vittima di cinque incendi e più volte
ricostruito. In origine vi si vendevano frutta, verdura, animali, sigari, cachaça e oggetti legati ai riti del candomblé, la dottrina sincretica
afro-brasiliana. Prospiciente la Baia de Todos os Santos, dopo l’incendio del
1969 è stato spostato nell’edificio attuale, in origine sede dell’ex dogana, un
palazzo neoclassico del 1861. Oggi è interamente dedicato ai souvenir per
turisti, diviso su più piani affollati di negozietti collegati da scalinate
metalliche. Non più ortaggi né animali, ma vi si può trovare tutto ciò che rappresenta
il folclore brasileiro: dai berimbau (lo strumento che dà il ritmo
alla capoeira, di cui si possono
vedere dimostrazioni acrobatiche sul retro del mercato: attenzione ai muscolosi
capoeiristas particolarmente decisi a
ottenere ‘collaborazioni’ in denaro se li avrete immortalati senza previa
richiesta) ai mille ninnoli del candomblé
(in primis il balangandã, specie di
‘portachiavi’ che raduna svariati portafortuna, ma anche le fitas, braccialettini con i nomi dei
santi).
Infiniti strumenti musicali, oltre il berimbau, dal pandeiro
alla cuica, entrambi fondamentali
durante le sfilate di carnevale. E poi: bellissime redes (amache, dai 10-15 euro in su), fresche camicie bianche di
cotone con bottoni di noce di cocco (circa 10 euro), carrancas (scaccia spiriti di legno da mettere all’ingresso di
casa), tovaglie ricamate a mano (di tutte le misure e di tutti i prezzi), le
famose ceramiche del Pernambuco (scacchi, statuette, con prezzi a seconda delle
dimensioni, partendo da pochi euro), magliette della santa seleção, quadri di pittori locali che raffigurano scene della città
(le casette multicolor del Pelourinho, una roda
de capoeira, i pescatori al lavoro a bordo di antichi saveiros - le barchette a vela immortalate da Amado).
Occasionalmente, all’esterno, qualche cantastorie intona le note della literatura de cordel, le canzoni
popolari ispirate alla storia o ai fatti di cronaca, i cui testi sono stampati
su libricini appesi a corde, in vendita.
Nessun commento:
Posta un commento