Corn Island, l’inferno delle tartarughe
Corn Island, isola idilliaca situata lungo la costa atlantica del Nicaragua, è un paradiso in terra, ma non per tutti. Andrebbe boicottata, almeno finché l’antica tradizione locale di ammazzare le tartarughe marine non venga abbandonata e gli animali (vivi), semmai, siano convertiti in attrazione ecoturistica, come avviene già da anni nel vicino Costa Rica. A Corn Island, infatti, ancor oggi è possibile acquistare e mangiare un’intera tartaruga vecchia di qualche secolo per circa 25$. Poche centinaia di chilometri a sud, nel parco nazionale di Tortuguero (Costa Rica), i turisti pagano 60-100$ al giorno per escursioni che permettono di osservare le tartarughe mentre depongono le uova senza toccarle né disturbarle con i flash. Sull’isola, invece, basta camminare fra Briggs Bay e Picnic Beach per incontrare un angolo d’inferno. In un capannone giacciono a pancia in su, vive e con le pinne legate, una dozzina di tartarughe, sempre pronte per essere affettate. Vengono mantenute così per venticinque giorni, semivive e ‘fresche’ grazie a qualche secchio d’acqua che gli viene gettato addosso ogni tanto. Lo spettacolo è disgustoso, ma nessuno sembra fare nulla. Le organizzazioni per la difesa degli animali pare che non abbiano ancora scoperto questo ennesimo misfatto e la gente del posto consuma impunemente la carne di tartaruga giustificando tutto ciò come un aspetto della loro cultura. Quando di tartarughe non ce ne saranno più finirà anche la cultura? I pescatori si dicono ‘ecosensibili’ perché pescano solo quelle adulte e ogni anno interrompono la caccia per ben tre mesi, permettendo così la deposizione delle uova. A volte tuttavia le tartarughe pescate sono vecchie di secoli e la matematica non è un’opinione.
Che cosa fare? Qualche turista ricco e sensibile che, ogni tanto, incappa in questo orrore, decide di comprarle tutte e le ributta in mare, facendo attenzione che il pescatore non faccia dietrofront. Ma non è certo questo il sistema. Innanzitutto bisogna far conoscere il fatto agli enti che si battono per la difesa dell’ecosistema, peraltro solo agli inizi in Nicaragua. Poi, a livello istituzionale, sarebbe doveroso far pervenire qualche protesta ufficiale alle varie sedi consolari sparse per il mondo. Infine, individualmente, al momento possiamo fare una sola cosa: boicottare l’isola, sottolineando il perché di tale azione a ogni nicaraguese che incontreremo durante il nostro viaggio.
Pubblicato su Diario, Panda
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