mercoledì 28 settembre 2011

AUSTRIA - MEGLIO A PIEDI CHE IN AEREO



VIAGGIARE CON AUSTRIAN AIRLINES? MEGLIO DI NO.
QUESTA L'E-MAIL E LA LETTERA INVIATA LORO CIRCA TRE MESI FA.
NON HO MAI RICEVUTO UNA RISPOSTA.


Bologna (Italy), 5th July 2011

To the attention of Austrian Airways:

My name is Pietro Scòzzari, Italian citizen. I am a journalist and I work with the travel magazines of my country.
I contact you to complain about what happened yesterday to my girlfriend, Mrs. Satoko Ishizaki, Japanese citizen.
She flew from Tokyo to Vienna with your flight OS 052 (perfect flight). Once landed in Vienna, she proceeded immediately to the gate C31, as reported originally on the boarding card that she got in Tokyo, in order to reach me in Bologna.
Satoko speaks almost no English and has never traveled alone outside Japan before, so she has several language limits, as well as very little or no experience in traveling by herself abroad.
Once at the gate 31, she asked twice – not just once – to the desk personnel of Austrian Airways if that was the right gate, showing them the boarding card. Your personnel replied twice ‘Yes, wait’.
So she waited for almost two hours, while the scheduled flight to Bologna OS 549 was moved to another gate and she missed it.
I suppose that, as usually happens in all major airports, her name was called to the new gate. But even so, as she doesn’t almost understand English, she didn’t get to know about the gate change. And nobody came personally to look for her.
Later on, checking the time, she noticed that it was late, so asked for the third time about her flight. Only then somebody told her that the flight was already gone, from another gate…
In panic, she called me (in Italy), telling me about the problem. She gave her mobile phone to one of your employees, so I could understand what happened.
Your company put her on the next flight available (OS 535), charging her the amount of 185 euros, on her credit card account.
Talking to your employee, she told me that what happened was Satoko’s fault. I agree that it is not Austrian Airways fault if my girlfriends speaks too little English nor if she hasn’t traveled much before. However, a big, good company as Austrian Airways should have more sensibility about their customers.
When young and with no experience about traveling, I also missed a couple of flights – and so happened to several people that I know -, but always, even in recent times, the companies put me (or put other people) on the next flight with no extra charge. Evidently they had some ‘pity’ for me/them, and also evidently they had an empty seat available on the next flight. Choosing between giving me a ‘little gift’ or treating me in a rude way – losing a client in the future -, they gently opted for the first solution, certainly more ‘marketing oriented’ than the second, greedy and not-so-smart one.
What happened yesterday shocked us. It has not been fair at all.
We will certainly remember this sad episode in the future at the moment of choosing an airline to fly with. And I will do all my best to make other people know about Austrian Airways ungenerous policy.

Regards,
Pietro Scòzzari


AGGIORNAMENTO al 5 luglio 2012
Happy birthday!

È passato un anno, e la Austrian Airlines ancora non mi ha risposto. 
Aufidersen, forever.


sabato 24 settembre 2011

HONG KONG - DOVE L'UOMO BRULICA


DA ‘HONG KONG EXPRESS’ (1994) A ‘PUSH’ (2009), IL CINEMA HA SEMPRE TROVATO TERRENO FERTILE IN QUESTO PEZZETTO DI CINA, MODERNO E PIENO DI RIFERIMENTI ALL’OCCIDENTE. UN PO’ COME UNA NEW YORK ASIATICA, LA CITTÀ CI RIPORTA CONTINUAMENTE A FILM VISSUTI A OCCHI APERTI.

Camminando lungo l’Avenue of Stars, la passerella di Kawloon affacciata sul Victoria Harbour, copiata pari pari dalla Hollywood Walk of Fame di Los Angeles, ma riservata esclusivamente alle star orientali, mi è crollato un mito. Da adolescente, nei gloriosi anni Settanta, il massimo dello sballo era andare a un cinema parrocchiale per vedere un film di Bruce Lee. All’uscita, eccitatissimi, imitavamo il colpo a due dita, tipo forchetta-scavatrice, con cui ‘Chen’ estirpava gli occhi agli odiatissimi nemici a velocità della luce. Seguiva urletto da matto, suo e nostro. Bruce Lee eroe immortale, pensavo allora. Eppure, camminando su questa passerella per amanti dell’originalità, mi è caduto il mento di delusione quando, scovata la stella dell’Eroe (priva dell’impronta delle mani, è postuma), non ci ho visto alcun turista asiatico cincischiarci - fotografarla, farsi fotografare mentre la tocca - attorno. Io l’ho fotografata moltissimo. Il mento mi è addirittura rotolato per terra quando, qualche stella più in là, ho visto orde di turisti che si pestavano i piedi per farsi ritrarre con quella dedicata a Jackie Chan. Vogliamo mettere Bruce contro Jackie? Non c’è storia, cento a uno. Mi sa che sono invecchiato senza rendermene conto, per cui ciò che era buono, buonissimo per quelli della mia generazione deve essere trapassato remoto per i giovani d’oggi.
Poi, però, proseguendo lungo questa camminata surreale, ho ripreso a respirare. Più avanti è stata eretta addirittura una statua all’Eroe, a grandezza più che naturale. In metallo, il monumento sembra presagire il colpo a forchetta-scavatrice. E, finalmente, ai suoi piedi il pueblo fa a botte per farsi fotografare con il Sommo alle spalle, spesso imitandone la posa da tigre pronta all’artigliata. La storia è stata riportata correttamente, giustizia è fatta.






Nulla cambia, tutto cambia
Nella scintillante Hong Kong ci ero finito la prima volta, quasi per sbaglio (in viaggio di nozze), nell’antico 1994. Viste le ampie finanze di cui allora potevo contare ero finito nel Refugium Peccatorum delle stramaledette Chungking Mansions, un condominiazzo mastodontico all’inizio Nathan Road, l’arteria che attraversa in verticale la penisola di Kowloon. Da sempre il luogo è globalmente noto come ultima spiaggia per gli squattrinati di tutto il mondo: prezzi economici (un loculo con bagnetto - doccia a cavalcioni del water -, tv attaccata al soffitto, zero finestre, 13 euro) in una posizione strategica, nel cuore della zona più turistica di Hong Kong. Per prendere un ascensore - quattro Sabiem, in perenne funzionamento - e raggiungere la camera, tra file di africani e indiani urlanti al telefono, facchini che trasportano il mondo su-e-giù per la quindicina di piani delle ali del Mostro (il mastodonte è suddiviso in quattro settori), ci metti mezz’ora. E se vuoi davvero vedere com’è fatto un girone infernale basta aprire una finestrella sulla tromba delle scale. Immondizie, fauna roditrice assortita, scaracchi indiani rossi al betel, impalcature di bambù con cinque dita di sudiciume. Il giorno in cui nel Mostro scoppierà un incendio tutti faranno la fine delle formiche fritte.






Tornatoci dopo sedici anni (le mie economie non sono migliorate), il cambiamento più evidente è la maggiore presenza africana. Non c’è più, alla base, una spettacolare mangiatoia che serviva deliziosi polli arrosto da mangiare con guanti di cellofan. In compenso abbondano i ristorantini indiani, economici e veracissimi, tra un negozietto di valigie fatte in Cina e uno di film taroccati di Bollywood. Aromi a go-go, volti di tutto il creato, volume mai basso: veniteci, non necessariamente per alloggiarvi, ma con spirito da vado-al-museo. Luogo estremamente istruttivo e interessante, le Chungking Mansions. Poi, deciso che forse tutto ciò non fa per voi, andate a respirare un po’ di positività lungo Nathan Road. Dalla parte opposta della strada svetta la grande moschea, molto frequentata da africani e filippini di Mindanao.






A Tsim Sha Tsui, il quartiere di Kowloon dal nome difficile da pronunciare, prima o poi incapperete in qualche indiano che vi ferma con la frase accalappia-allocchi ‘You are a lucky man!’ (‘Sei un uomo fortunato!’; oppure con un ‘Hallo, Superman!’). A volte facendo un misterioso gesto con le mani attorno al suo terzo occhio, nel centro della fronte. Impossibile non venirne ipnotizzati. Tecnica diffusa anche a Bangkok. La risposta più istintiva è un bel thank you, seguito dalla fuga. Alcuni occidentali, prede preferite, non ce la fanno a staccare dalla parlantina ammaliante del piazzista (sono fortunato? Perché? E se lo sono, come diavolo fa a saperlo??), che inizia pure a leggerti la mano, spiegandoti perché tu, sì proprio tu, sei così fortunato. Il passo successivo, se sei ancora lì che gli dai retta, è quello di seguirlo nel negozio di sartoria per cui lavora, dove per qualche centinaio di dollari ti verrà cucito un bell’abito su misura. Le sartorie indo-pachistane, in buona parte del Sud-Est Asiatico, abbondano come i funghi. Sembra essercene una chiamata Armani a ogni strada.






Mong Kok, giada e futuro
Camminando lungo la trafficata Nathan Road, schivando frettolosi passanti tutti apparentemente di corsa per prendere l’ultima navicella spaziale prima che il pianeta esploda, dopo un po’ si raggiunge il brulicante quartiere di Mong Kok. Mercatini di frutta, pesce e verdura sempre affollati. Di giorno si può visitare l’inossidabile Jade Market, da sempre un istituzione di ‘HK’, dove i clienti più affezionati sono perlopiù superstiziosi locali o cinesi, per i quali la giada ha poteri quasi miracolosi. I venditori non staccano mai, mangiando frettolosamente noodles istantanei seminascosti fra una bancarella e l’altra, ma sempre pronti a deporre le bacchette per il primo cliente che passa. A pochi metri di distanza, soprattutto dopo il tramonto, è iperattivo il mercatino di Temple Street, con paccottiglia di natura assortita. Nei dintorni saune non necessariamente per chi ha freddo, viziosi negozietti che vendono letteratura/cinematografia attinente, e, sempre di notte, file di tende da fiera sotto le quale operano decine di astrologi, lettori della mano, maghi e fattucchiere che si pagano da vivere giocando sull’incommensurabile superstiziosità degli hongkongers. Qualcuno parla un po’ di inglese e non disdegna clienti d’importazione. Di giorno, poi, non si può mancare il fantastico Bird Garden di Yuen Po Street (aperto tutti i giorni dalle 7 alle 20). Oltre Mong Kok, sempre proseguendo lungo Nathan Road, basta girare a Prince Edward Road, imboccare la West, percorrere il Flower Market - piante fantastiche a carriolante - ed entrare nel piccolo parco-giardino riservato ai fanatici degli uccellini canterini. Tanto più piccoli e fischiettanti, tanto più pregiati. Vedrete padri di famiglia disposti a vendere mogli e prole al primo che passa in cambio di un uccellino come si deve. Racchiusi in piccole gabbiette, i volatili sono oggetto di lunghi, studiati esami, analisi, valutazioni per stabilirne qualità canore, durata, resistenza, bellezza, prima di aprire il portafogli. Alcuni valgono fortune, e la ‘merce’ viene trattata con la massima serietà. Entrando nel giardino canterino si ha un po’ l’impressione di entrare in una sala borsa, a un mercato dei diamanti. Gente seria che tratta seriamente il quid, senza troppi sorrisi né frivolezze. Qua e là sacchi di ‘cibo’, grilli di tutte le dimensioni, vivi, adagiati su rami di piante o su cartoni da uova incellofanati, pronti per essere venduti e masticati dai piccoli cantanti non-così-innocenti.






Central, per sentirsi chic
Chiedete a un adolescente-medio di ‘HK’ qual è la parte della sua città che più ama, nove volte su dieci vi dirà Central. Per raggiungerla da Tsim Sha Tsui basta prendere il traghetto della Star Ferry e godersi lo spettacolo offerto dallo skyline del Victoria Harbour. Sbarcati sull’isola di Hong Kong sarete nel cuore di Central. Il profilo della Bank of China, illuminato di notte sull’orizzonte della baia, in nulla secondo ai più bei grattacieli di Manhattan, conquista ogni visitatore facendolo un po’ sentire a New York, anche se qui tutti parlano Putonghuà, dialetto cantonese, e mangiano con le bacchette. Gli adolescenti si dedicano soprattutto al cosiddetto window shopping, che tradotto poco letteralmente potrebbe corrispondere al ‘leccare vetrine’. Costa poco, nulla, se non puoi permetterti i prezzucci proposti dai negozianti specializzati in artigianato locale (Armani - quello vero -, Louis Vuitton, Versace, Ferragamo, Chanel, Armani, Armani, Armani). Anche qui orde di umanità sempre di corsa, a volte seduta al secondo piano dei bei tram pseudo-londinesi ricoperti di pubblicità gigantesche che fanno da collage con i volti dei passeggeri seduti ai finestrini. Il nervoso tic-toc dei semafori agli attraversamenti pedonali scandisce il ritmo di questa zona frenetica. Qualche Armani e Versace alla destra rispetto all’imbarcadero dello Star Ferry e potrete inerpicarvi - oppure usare la comoda scala mobile coperta, la più lunga al mondo (800 m.), che connette Des Voeux Road a Conduit Road - nel cuore di SoHo (acronimo derivato da ‘South of Hollywood Road’, alla newyorchese), zona di ristorantini con cucine di mezzo mondo, di cui due terzi italiane e imitatrici. Volete un taco messicano? Dell’hummus libanese? Qui li troverete, non esattamente a prezzi da ristorantino di noodles da marciapiedi. Chi si sente chic spende fortune per avere un appartamentino in questa zona e se ha soldi seri si spinge un po’ più in là, nel quartiere confinante di Sheung Wan, per fare spese nelle gallerie di Hollywood Road, dove si possono scovare belle tele moderne e cineserie antiche di grande raffinatezza. Per oggetti vintage davvero divertenti e più a portata di portafogli andate a curiosare al mercatino di Cat Street, che inizia lungo la scalinata di Ladder Street, viuzza che scende dirimpetto al fumoso (incensi asfissianti) tempio Man Mo e alla vicina ‘casa di Suzie Wong’: qui fu girato il film, ma la vera casa-postribolo era a Wan Chai, qualche quartiere più in là. Mao non avrebbe mai immaginato di diventare più sfruttato di Che Guevara nei gadget da turista: orologi, poster, magliette (tra cui quella di Barack Obama raffigurato come neo-Mao), statuette di ceramica, carte da gioco vendute fianco a fianco di quelle di Bruce Lee, Lady Gaga ed Elvis Presley. E poi, tonnellate di collanine, statuine (non perdete la bancarella specializzata in ceramiche ispirate al maoismo: giovani comunisti cinesi a cavallo di missili, oppure controrivoluzionari alla gogna nella pubblica piazza), vecchie cartoline, pennelloni per scrivere ideogrammi, imitazioni delle calze-scarpa un tempo usate per stritolare le dita dei piedi alle bambine dell’élite cinese. Se non trovate un souvenir a Cat Street, dove altro?






Abardeen, pesci e condomini
Nome molto inglese, per questa località dalla parte opposta dell’isola di Hong Kong, rispetto a Central. Prendete un bus all’Exchange Square di quest’ultima e ci arriverete con 6 HK$ in una mezzoretta di curve. Capirete di essere arrivati quando, puntando il naso all’insù, vedrete condomini sterminati raggiungere l’alto dei cieli. Il cielo di Abardeen è fatto di cemento e panni stesi ad asciugare, il mare è un mare di giunche e barconi e chiatte, molte ancorate, dove ancor oggi vivono numerose persone. Il giro della baia in giunca è quasi un atto dovuto, ma si può risparmiare prendendo quella gratuita che fa la spola al ristorante galleggiante Jumbo, da sempre un’istituzione di Abardeen. Non è obbligatorio mangiare qui, anche perché i prezzi sono alti, se paragonati a quelli sulla terraferma. Oppure, se si parla inglese, si può accettare l’offerta proposta da un’associazione che ha un tendone lungo la baia: un po’ di conversazione con gli studenti di una scuola locale, in cambio di un giretto in giunca (uccellini finti, di plastica, nelle gabbiette appese al sottotetto della medesima, cinguettii preregistrati). La conversazione, spesso, rischia di trasformarsi in un monologo, vista la timidezza degli studenti, ma l’esperienza è interessante.
Fatto in qualche modo il giro in giunca, dedicatevi alla terraferma, ne vale la pena. Innanzitutto visitando il mercato del pesce sul porto. Vasche e vasche con migliaia di pesci, molluschi, crostacei tenuti vivi e freschi, pronti per la consegna ai ristoranti. È un’esperienza umida, sono necessarie scarpe anti-acqua - si circola in una specie di torrente, tale è il flusso costante d’acqua anche per terra -, e si può mangiare ciò che galleggia nelle vasche in uno dei ristorantini-barche ormeggiati proprio lì. Se tutte queste creature di Nettuno non vi sono bastate, raggiungete, a qualche isolato, il mercato coperto all’angolo fra Nam Ning Street e Chengtu Road. Al piano interrato sarete fagocitati dalla bailamme di creature del mare e di frutta tropicale meravigliosa. Scoprirete creature che mai avevate immaginato prima, tutte destinate in qualche modo alla padella, esposte con accuratezza geometrica. Passeggiare tra i tavoli dei venditori sarà un’impresa da anguille, tale è il viavai di gente a fare compere, ma il luogo è un vero spettacolo, anche se siete fanatici del ragù e per voi l’unico posto adatto ai pesci è il liquido mare.





Ente Turismo di Hong Kong
c/o Adam and Partner Italia
Corso Marconi, 33, 10125, Torino
Tel. 011 669 0238
Fax 011 668 0785

IN RETE
www.discoverhongkong.com
Sito anche in italiano, con un’infinità di informazioni turistiche a tutto campo su Hong Kong
it.wikipedia.org/wiki/Hong_Kong
sito di Wikipedia, in italiano, con informazioni generali, storiche e geografiche
it.wikipedia.org/wiki/Aberdeen_(Hong_Kong)
pagina dedicata ad Abardeen, in italiano
wikitravel.org/en/Hong_Kong
sito analogo, in inglese, destinato ai viaggiatori fai-da-te, ricco di informazioni pratiche




DOVE DORMIRE
Lusso estremo nei due alberghi della catena Mandarin, per vivere una Hong Kong da sogno. Situati a pochi passi l’uno dall’altro, nel cuore di Central, sull’isola di Hong Kong, in posizione strategica per attraversare il Victoria Harbour e raggiungere Kowloon. Il primo, Mandarin Oriental Hong Kong (www.mandarinoriental.com, 5 Connaught Road, tel. 852 25220111), ha 501 camere di estremo confort, arredate con gusto coloniale ma con tutte le comodità più moderne e splendida vista sulla baia. A partire da 5.000 HK$ (circa 500 euro) a notte, inclusa una fantastica colazione a buffet. Da non mancare, per un’avventura culinaria unica, il suo ristorante The Krug Room, dove lo chef Uwe Opocensky vi farà venire brividi di piacere con piatti estremamente creativi, la cui presentazione rasenta la fantascienza (difficilmente capirete, a prima vista, che cosa giace nel vostro piatto) ma i cui sapori, mai semplici, vi faranno attraversare l’intero arcobaleno delle gioie del palato. Esperienza difficile da descrivere… provare per credere. E, soprattutto, prenotare con ampio anticipo: il ristorante è composto da una sola stanza con un unico tavolo affacciato sulla gigantesca cucina, e mangiare qui è una specie di privilegio da principi (arrivati a fine pasto capirete perché).



CHIAVI INGLESI E BULLONI DI CIOCCOLATA ALLA KRUG ROOM



A pari merito, ma con camere moderne e ricche di design, il cugino Landmark Mandarin Oriental (www.mandarinoriental.com, 15 Queen’s Road Central, tel. 852 21320188), a cinque minuti di cammino. Con 101 stanze (a partire da 5.200 HK$, circa 520 euro, inclusa colazione nel bel MO Bar con buffet alla base della reception) e 12 suite, il Landmark ha due punti di forza. Innanzitutto l’Oriental Spa, dove rinascere tra sauna, bagno turco, massaggi e trattamenti per il corpo. In sezioni separate per uomini e donne, offre ‘pacchetti’ di benessere, tra cui la Heat & Water Experience, che consiste in una sequenza alternata di fonti calde e fredde (Dry saunaTropical rain saunaHamam, piscina riscaldata con idromassaggio). E, per competere con la Krug Room, non mancate un’altra avventura culinaria indimenticabile al suo ristorante Amber. Tra raffinata carne giapponese e piatti di pesce elaborati e sorprendenti, ha un menù che attraversa ogni sapore del creato, offrendovi rare delizie di piatto in piatto.

DOVE MANGIARE
Se avrete avuto il privilegio di mangiare alla Krug Room o all’Amber penserete che dopo tutto saprà di dejà vu. Ma il bello di Hong Kong è che non smette mai di sorprendere. Per una cena-giostra (il tavolo è rotondo, per servirvi lo farete roteare) dedicata all’elaborata cucina di Shanghai e di Guangzhou non mancate lo Xiao Nan Guo (‘Piccolo paese del Sud’, 10/F, One Peking, 1 Peking Rd, 1 Peking Road, Tsim Sha Tsui, Kowloon, tel. 852 25278899), con portate elaborate di carne, di mare (tra cui la medusa!) e di verdure, tutte presentate con gusto. E, per concludere, un intero parallelepipedo fumante… diradata la foschia, scoverete i dolcetti che nasconde. Più economico, ma pur sempre un ottimo regalo per il palato, il King Palace Restaurant (3° e 4° piano dell’Entertainement Building, 30 Queen’s Road Central, Central, tel. 852 28773993, http://www.kinggroup.com.hk/). Anche qui tavolo rotondo e cucina cinese di prima scelta, nella formula dim sum (portate multiple nei bei piatti-cestino di bambù) o alla carta. Per rimanere in tema, se siete dalle parti di Causeway Bay, visitate con appetito il Din Tai Fung Restaurant (http://www.dintaifung.com.hk/, 68 Yee Wo Street, tel. 852 31608998), parte di una grande catena diffusa in mezza Asia, Australia e USA. La cucina è ottima - provate i dumpling cotti al vapore con ripieno di carne di maiale - e il locale pulito. Sempre sui piani alti delle avventure culinarie, a Repulse Bay si possono godere altri momenti inediti. Il Verandah Restaurant, all’interno del bell’hotel The Repulse Bay (http://www.therepulsebay.com/, 109 Repulse Bay Road, tel. 852 22922822), alla base di una delle opere architettoniche più ardite di Hong Kong, offre un menù sofisticato ed eccellente, sia per i piatti di pesce sia per quelli di carne, tra l’Asia e il Mediterraneo. Per un buon pranzo a buffet in posizione strategica (a due passi dal traghetto per Central, a Tsim Sha Tsui) e con vista memorabile sul Victoria Harbour, con 12 euro soddisfarete appetito, occhio e comfort al BLT (Bistrò Laurent Tourondel) Steak (http://www.bltrestaurants.com/, Ocean Terminal, tel. 852 27303508). Oltre a bistecche e hamburger di prima scelta, lascerà il segno l’ottimo panino al formaggio - specie di pão de queijo brasiliano - offerto come accompagnamento.


SHOPPING - Attenzione alla Q!
Tsim Sha Tsui pullula di negozi che vendono articoli di elettronica a prezzi molto variabili, potenzialmente convenienti rispetto a quelli italiani, e a qualità tutta da controllare. In teoria, per qualsiasi acquisto di questo genere, bisognerebbe rivolgersi solo ai negozi che sulla porta espongono un adesivo bianco con una Q dorata di quality: gli unici a garantirvi un rimborso, qualora l’acquisto non vi soddisfi. Nella vicina Mong Kok si possono acquistare oggetti di elettronica, con le medesime precauzioni e sempre dopo un’estenuante contrattazione: il primo prezzo offerto non è mai il migliore che si può ottenere.



DI SERA
La lista di locali notturni di Hong Kong è pressoché infinita, ma le zona più animata è quella di Lan Kwai Fong (popolarmente abbreviata in LKF), a Central. Qui un bar (pool hall lounge club) molto accogliente è il Tazmania Ballroom (33 Wyndham St., http://www.tazmaniaballroom.com/) dove, oltre a tutti i drink noti agli umani, si può sorseggiare costosissima Acqua Panna (!). Liquidi a parte, il locale ha sofà comodissimi, tavoli da pingpong richiestissimi, tavoli da biliardo pure e, per i nostalgici, un vero flipper dei tempi che furono. Per i fanatici del settore, ogni martedì e giovedì dalle 5 alle 8 di sera il locale organizza infuocate partite di pingpong. Dirimpetto, al n° 60 di Wyndham Street, c’è un altro locale molto frequentato, il Dragon-i (http://www.dragon-i.com.hk/), con una gigantesca voliera per pappagallini all’entrata. I volatili sembrano sveglissimi anche alle ore più piccole, tenuti desti dal vociare dei frequentatori del locale. Di tutt’altro genere, ma ricco di atmosfera e design, è Busy Suzie (1881 Heritage, 2a Canton Road, Tsim Sha Tsui, a Kowloon, di fronte all’Hong Kong Cultural Centre, salendo al primo piano con la scala mobile), bel bar e ristorante giapponese in stile rabatayaki (bancone su cui lo chef, cucinandovi alla griglia quanto ordinato, ve lo porgerà direttamente nel piatto dalla sua postazione attraverso una lunga pala di legno). Ottimi cocktail con frutti di bosco e, qua e là, opere d’arte ispirate al Giappone più-matto-che-c’è.



IN BARCA!
Otto volte al giorno (e sera) potete imbarcarvi su una giunca di foggia antica, ma rimodernata in stile vagamente lounge, senza dover raggiungere la lontana Abardeen. L’Aqualuna (www.aqualuna.com.hk, tel. 852 21168821) salpa dal Pier n°9 di Central e presso quello dell’Hong Kong Cultural Centre di Tsim Sha Tsui. Tra le sue corse forse la migliore è quella al tramonto, quando la barca vaga nel Victoria Harbour permettendo di godere lo sfumare della luce naturale verso quella artificiale dei mille grattacieli. 18 euro a persona, se si salpa dopo le 17,30 (22 euro per la corsa delle 19,30 da Tsim Sha Tsui - 19,45 da Central -, quando si può godere il gioco di luci che, ogni sera alle 20, impazza per un quarto d’ora nella baia).


IL VIAGGIO
IL VOLO
Cathay Pacific (http://www.cathaypacific.com/cpa/it_) ha ottimi voli dall’Italia (Malpensa e Fiumicino) diretti a Hong Kong (poco più di 11 ore, 13 al ritorno), a partire da 865 euro in economy. Eccellente il servizio di bordo e, per chi può permettersela, una business class rinnovata di recente, confortevole come poche altre. Al gate 23 dell’aeroporto di Hong Kong la compagnia offre la nuovissima lounge ‘The Cabin’, un lussuoso spazio di oltre 1.300 mq suddiviso in 5 zone, con poltrone Frau, connessione wi-fi ad alta velocità e una ricca ristorazione.

COME MUOVERSI
Hong Kong è attraversata da un’infinità di mezzi di trasporto, a tutte le ore, dunque è quasi impossibile rimanere appiedati, a meno che non ci troviamo in zone poco popolate (scarse) del territorio. Il mezzo più pratico è il taxi, economico e rosso: ce ne sono quantità incalcolabili, soprattutto nelle zone più turistiche di Central e di Kowloon. La corsa minima (2 km) costa 18 HK$ (meno di 2 euro), cui vanno aggiunti 5 HK$ per la valigia nel bagagliaio. Gli autisti se la cavano, in media, con l’inglese, ma avere con sé una mappa può essere utile. Per le tariffe leggete la tabella all’interno della vettura (di solito sono onesti, e il tassametro riporta la cifra dovuta). Da/per l’aeroporto c’è il moderno e comodo Airport Express, che si può prendere a alla fermata della metro Kowloon o a quella Hong Kong (capolinea), entrambe sulla linea gialla (Tung Chung). La corsa completa, da Central, ci mette circa 25 minuti, e il treno parte ogni 12 minuti, dalle 5,50 del mattino fino a mezzanotte e tre quarti dall’aeroporto. Molto comoda è la metropolitana (MTR), che collega un po’ tutte le zone di interesse turistico. Ce ne sono una decina di linee, e fare il biglietto è semplice: basta toccare il nome della fermata di destinazione sullo schermo dei distributori automatici, apparirà l’importo dovuto. Il biglietto espulso dalla medesima va conservato fino alla stazione d’arrivo, quando per uscire dovrete infilarlo e lasciarlo (dal verso giusto! Basta osservare la freccia) nelle fessure apposite delle colonnine metalliche che fanno da cancello. Il Victoria Harbour è attraversato costantemente dai traghetti della Star Ferry, la compagnia che offre comodi e panoramici battelli non-stop attraverso la baia. Anche in questo caso dovrete utilizzare i distributori automatici, agli imbarcadero di Central e di Tsim Sha Tsui. I prezzi (2HK$ quello minimo per gli adulti) variano da versante della baia e da giorno della settimana, ma sempre di pochi spiccioli. La macchina vi darà un gettone di plastica da inserire nella colonnina metallica. Ottimi i treni per la Cina (Shenzhen, Guangzhou) che partono dalla moderna stazione di Hung Hom, a breve distanza da Tsim Sha Tsui. I biglietti si possono fare in loco e i treni, puliti, puntuali ed efficienti, costano poco (circa 23 euro Hong Kong-Guangzhou in prima classe). È ammesso un bagaglio di 20 kg.







Fuso orario
Sette ore in più rispetto all’Italia, cinque quando da noi è in vigore l’ora legale.

Documenti
Passaporto con almeno sei mesi di validità. All’arrivo in aeroporto viene rilasciato gratuitamente un visto (timbro) turistico valido 90 giorni.

Periodo migliore
Da ottobre a novembre e da aprile a maggio.

Lingua
Le lingue ufficiali sono il cantonese e l’inglese. Diffuso, negli ambienti di lavoro, il mandarino.

Moneta
La moneta ufficiale è il dollaro di Hong Kong (HK$): un euro ne vale 10,30 circa.

Prefissi
Il prefisso internazionale per Hong Kong è 00852. Per chiamare l’Italia: 0039, oppure 01139.

Pubblicato su Panorama Travel


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